da santalessandro.org
L’ORIENTAMENTO DEI GIOVANI E LA STORIA DEL PRESENTE
Pare che Xi Jin Ping abbia rudemente invitato i giovani cinesi a “mangiare amarezza”. Noi diremmo “masticare amaro”. L’invito è sorprendente, perché nella Cina di Xi – ex-guardia rossa – il futuro si dovrebbe presentare “luminoso” di default. Qui non interessa il merito “cinese” della questione – il gruppo dirigente cinese ha di che allarmarsi – ma il metodo: la politica si assume la responsabilità di fornire un orientamento alle giovani generazioni sul futuro del Paese e del mondo. Lo ha fatto, a suo modo, anche Papa Francesco a Lisbona: “Nella vita nulla è gratis!”. Tornando in Italia, chi orienta le giovani generazioni, dai quattrodici anni in avanti, dalla fine della Scuola media in su? Sulla spinta del PNRR, a gennaio di quest’anno, il MIM ha pubblicato le Linee Guida in 13 punti sull’orientamento. Secondo le Linee Guida, orientare significa costruire “la conoscenza di sé, del contesto formativo, occupazionale, sociale, culturale ed economico di riferimento… al fine di favorire la maturazione e lo sviluppo delle competenze necessarie per poter definire o ridefinire autonomamente obiettivi personali e professionali aderenti al contesto, elaborare o rielaborare un progetto di vita e sostenere le scelte relative”. Dal prossimo anno scolastico – cioè tra qualche settimana – verranno introdotte, per le Scuole secondarie di I grado e per il primo biennio delle Secondarie di II grado, 30 ore di orientamento per ogni anno scolastico, anche extra curriculari; per l’ultimo triennio delle Secondarie di II grado, 30 ore curriculari per ogni anno scolastico, con docenti tutor e orientatori. Dunque, il sistema scolastico prova ad uscire dal dilettantismo dell’orientamento “fine-Terza media” per assumere un approccio più sistematico.
Tuttavia, permane un clamoroso squilibrio tra le ottime e dichiarate intenzioni del Documento e il funzionamento effettivo del Curriculum. Perché il Curriculum – il sistema delle discipline – è il motore dell’orientamento. Non i Soft-skills, ma gli Hard-skills sono la base e la condizione di possibilità di ogni orientamento agli studi ulteriori o al lavoro. L’attuale Curriculum orienta sempre meno; peggio, lascia “dis-orientati”! Senza la conoscenza della storia del ‘900 e, in particolare, senza la conoscenza della Seconda metà del ‘900 e del primo ventennio del 2000, è impossibile comprendere il mondo presente e le tendenze più immediate economiche, sociali, politiche verso il futuro prossimo. Eppure, l’erosione dell’insegnamento della Storia, e perciò della conoscenza/coscienza storica, sta continuando nel nostro sistema di istruzione. E non solo perché le ore di Storia/Geografia sono solo 2+2 nelle Medie per essere ridotte nel Triennio superiore a due ore di sola Storia, ma perché queste ore striminzite sono ulteriormente erose dalla cosiddetta “Educazione civica”. Anche da “Orientamento”? E’, peraltro, universalmente noto e assai lamentato che raramente viene narrata la storia contemporanea fino ai nostri giorni. Nella conoscenza/coscienza storica delle giovani generazioni, e spesso dei loro padri, la storia della Repubblica è assente. L’insegnamento della storia del pensiero filosofico è riservato ai Licei. Negli Istituti tecnici e nei Professionali non c’é. Le discipline sono raramente attraversate con il metodo storico. Le varie “storie” non si parlano, non sono sincronizzate. Così i nostri ragazzi calpestano il terreno del presente, come un tetto i sonnambuli, ma ignorano la costruzione sottostante. Solo i nostri ragazzi? Dal 1945 in avanti è buio pesto. Di più: “il presente” oggi non è più solo italiano – non lo è mai stato, in realtà! – è diventato globale. Pertanto, alla domanda: “con quale conoscenza del mondo presente un ragazzo di 19 anni esce dal nostro sistema di istruzione?” si può solo rispondere: “gravemente insufficiente!”. Ora, rimediare al deficit strutturale del Curriculum – la cui composizione ed articolazione cronologica è pur sempre quella di Giovanni Gentile – con l’Orientamento è impresa disperata. E poiché “il mondo fuori” non è conosciuto e, quindi, fa paura, allora l’azione di orientamento si restringe al tentativo di decifrare “il mondo dentro” di ciascun ragazzo: i desideri, le emozioni, le aspirazioni, le attitudini… Ai concetti e al lessico del sapere reale del mondo, si sostituisce il lessico psico-banal-sociologhese dei Soft skills. Solo che, a loro volta, i desideri e le aspirazioni non sono affatto naturali: essi si costituiscono dentro un orizzonte culturale e cognitivo socialmente e culturalmente determinato. E se l’orizzonte è basso, se è limitato, i desideri o nascono “bassi” o si tramutano in profonde frustrazioni.
Il problema centrale del sistema di istruzione italiano consiste, dunque, in questo: il Curriculum non fa incontrare il mondo reale. Il deficit cognitivo non orienta nessuno, se non verso un mondo immaginato e irreale, cioè disorienta. L’effetto è grave sull’intera società: questo sistema sta producendo una società senza autocoscienza storica, perciò senza identità nazionale.
Ovviamente, non si tratta di regredire dalle promesse azioni di orientamento, ma di collocarle dentro un nuovo Curriculum. Si tratta di costruire un’“Authority del Curriculum”, esterna al Ministero, nella quale sia presente una rappresentanza delle forze produttive e intellettuali e di insegnamento e ricerca. Essa ha il compito di elaborare/aggiornare “il sapere di civiltà” e le conoscenze essenziali del presente storico e di definire il crono-programma per la loro acquisizione. La traduzione di questi saperi fondamentali negli attuali “crono-programmi” è del tutto obsoleta. È noto che, al posto dei “Programmi”, dal 2004 per la scuola elementare e media e dal 2009 per le superiori sono state introdotte le “Indicazioni nazionali”, quale applicazione del principio di autonomia e di personalizzazione. Ma “non funzionano”! Per molte cause: la mentalità dei docenti è rimasta attaccata ai Programmi, eterno vitello d’oro nonché ossessione degli insegnanti stessi; le Commissioni d’esame finale continuano a ragionare sulla base dei Programmi; Ma, soprattutto, le Classi di concorso per il reclutamento dei docenti sono sempre strutturate sul vecchio paradigma.
Per realizzare l’operazione-Authority occorre, pertanto, smantellare le resistenze burocratiche dell’enorme pachiderma ministeriale amministrativo e quelle dei Sindacati, con le loro connessioni politiche. Nel settore dell’istruzione, i partiti sono diventati da decenni la cinghia di trasmissione dei Sindacati, soprattutto a sinistra. Chiunque stia al governo si nasconde dietro il paravento del gradualismo. Sì, le riforme sono necessarie, ma non si possono fare tutte in una volta… Ma se questa antifona viene cantata da tutti per decenni, allora il sedicente gradualismo copre ben altro. Che non c’entra con la divisione bipolare destra/sinistra. Ambedue i poli hanno dimostrato di non riuscire a “volere” o, comunque, a “potere” cambiare un sistema di istruzione sempre più indietro rispetto al mondo reale. La resistenza conservatrice ha a che fare con una società civile e con una politica che hanno scelto di non stare all’altezza delle sfide presenti. Una società malata di declino si accontenta del presente così com’è e alla politica basta e avanza il suo consenso. Eppure, tra l’accontentarsi del presente così com’è e la pretesa giacobina di imporre “un nuovo cielo e una nuova terra”, ci deve pur essere una terza via razionale e realista.
Ma finché durano questi chiari di luna, sì, i nostri giovani sono destinati ad invecchiare, masticando amaro… La nostra politica è diventata troppo vile per dire la verità ai propri ragazzi sul mondo che verrà e per prepararli intellettualmente e professionalmente ad un mondo che non aspetta gli Italiani.