AVANTI POPOLI!

Alessandro Lanni

Giornalista e autore di "Avanti popoli! Piazze, tv, web: dove va l'Italia senza partiti" (Marsilio 2011) e "Enigma Grillo" (40K - Unofficial 2013) http://40k.it/enigma-grillo

Libertà d’espressione, cosa c’è che non va?

Negli ultimi giorni la libertà d’espressione è tornata frequentemente a far discutere. Piccoli episodi e casi internazionali hanno mostrato quante crepe ci siano in uno dei pilastri dell’occidente liberale. Appunto, la tutela del free speech.
Per esempio:

1) Il “film” (oddio, film) dedicato a Maometto che ha provocato disordini in molti paesi del Medioriente. Le vignette anti-profeta pubblicate da Charlie Hebdo.

2) Lo scontro tra l’editor Vincenzo Ostuni e lo scrittore Gianrico Carofiglio. Il primo sul suo profilo aveva dato dello scribacchino al secondo, il secondo ha fatto causa al primo.

3) La vicenda di Alessandro Sallusti e l’argomento della libertà d’opinione a mezzo stampa (al netto, che la condanna di Sallusti non ha a che fare con questo).

4) Mona Eltahawy, attivista egiziano-americana, arrestata in una stazione della metro di New York mentre cancella con vernice spray un manifesto volgare pro-israele.

Ovviamente si tratta di casi che hanno a che fare poco o nulla l’uno con l’altro. Eppure, pare che qualche granello di sabbia sia entrato nel meccanismo che è alla base delle democrazie liberali, appunto la libertà di esprimere proprie opinioni senza temere.

Cosa c’è che non va? Difficile rispondere in maniera definitiva, però qualche elemento c’è. Per esempio, l’ampia zona grigia tra pubblico e privato prodotta dai social network è un’area dove qualche volta le leggi scritte in altra epoca girano a vuoto. Dove finisce la privatezza di quanto scriviamo su Twitter o Facebook? Quanto manca ancora a ché fior di giornalisti e intellettuali imparino che si-vede-tutto e che se vogliono insultare qualcuno sono liberissimi ma poi non si sorprendano che quel qualcuno se ne abbia a male?

Altra cosa, colpa del web e della globalizazzione e di chi che sia, lo spazio pubblico non è più nazionale, o almeno potenzialmente non lo è più. Sia un provocazione o satira (o scaltra operazione di martketing), la vignetta che scherza su Maometto va presa come un messaggio planetario, con effetti – comprensibili o assurdi che siano – da mettere almeno in parte in conto.

Nuove scuole di responsabilità servono per attori, piccoli o grandi che siano, sul palcoscenico della comunicazione. Altrimenti, le lacrime dell’attrice di Innocence of muslims o la ritrattazione dell’editor diverranno la norma.

 

 

  1. Salve, seguo molto il suo blog e a questo proposito intendo segnalare questa intervista a Jean-Marc Manach molto interessante su quello che viene inteso come pubblico e privato tra il web e facebook: http://www.unacitta.it/newsite/intervista.asp?id=2134. Via via ne manderò altre chee abbiamo fatto su questi argomenti. Se poi gli interessa sarei interessato anche ad intervistarla di persona. Saluti e complimenti per quanto scrive.

  2. argomento importantissimo e ottime osservazioni: prima fra tutte quella sulla necessità di educare – ebbene sì, educare! – alla responsabilità per ciò che si dice o si scrive in forme pseudo-private e comunque di pseudo-comunicazione, come credo siano la maggior parte dei social networks. Del resto, sono convinta che la libertà di espressione non possa reggersi senza la responsabilità personale e,anzi, che nessuna libertà possa dirsi veramente umana se non è sostenuta da un impegno morale e dalla capacità di prevedere e valutare le conseguenze concreteche può comportare per se stessi e per gli altri.

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