“Che scandalo per un liberale! Benedetto Croce ha affermato che il liberalismo non si lega di necessità alla libertà economica”. Sono in tanti a ripetere una frase del genere come fosse un mantra, un tic verbale e irriflesso, una espressione detta e ridetta e diventata luogo comune. E’ un luogo del pensiero non verificato, da intellettuale e liberale medio. Ovviamente per costoro il liberalismo di Croce, al contrario di quello di Luigi Einaudi, che su questo e altri punti avrebbe visto più chiaro, è un liberalismo “anomalo”, “monco”, “inautentico”. E in effetti Croce ha scritto, con impareggiabile chiarezza: “Il liberalismo non ha legame di piena solidarietà col capitalismo e col liberismo economico o sistema economico della libera concorrenza, e può ben ammettere svariati modi di ordinamento della proprietà e di produzione delle ricchezze …”.
Frase citatissima, ma essa sì “monca”. Peccato, voglio dire, che nessuno si ricordi che la frase di Croce continua in questo modo “col solo limite, col solo patto, che nessuno dei modi che si prescelgono impedisca la critica dell’esistente, la ricerca e l’invenzione del meglio”. Come Croce ha spiegato in altri luoghi, l’esempio che si può fare è quello dei monaci: un liberale non deve avere nulla da eccepire se “liberamente” degli individui decidono di vivere in una confraternita e in comunione di beni, cioè “comunisticamente”, ma ovviamente a condizione che altrettanto liberamente possano in ogni momento cambiare idea e dissociarsi senza temere di incorrere in punizioni o correre pericoli. Ovviamente il discorso crociano è, da un punto di vista empirico, se vogliamo, un discorso limite, ideale. La filosofia è, tuttavia, una disciplina che deve considerare anche, e soprattutto, i casi limite.
Essa deve essere radicale, andare alle radici. Credo che fosse questo il motivo per cui Croce ed Einaudi su certi punti non si capivano proprio, pur avendo una sensibilità umana non troppo dissimile: usavano metodi diversi e partivano da diversi presupposti. Una piccola curiosità: un discorso non troppo diverso da quello di Croce, con un approfondimento anche empirico notevole, lo si trova nel liberale inglese contemporaneo Chandran Kukathas. Analizzando la vita di alcune comunità di appartenenza di cui pullula il nostro mondo, egli, ad esempio nel suo Arcipelago liberale (Liberilibri), giunge alla conclusione che per il liberalismo più che la libertà di associazione, come solitamente si dice, è importante la libertà di dissociazione. Più in generale, si può dire che per il liberalismo, come per la dialettica a cui è logicamente legato, è sempre più importante il momento “negativo”, della contraddizione, rispetto a quello positivo, affermativo. Anche in questo senso, liberalismo è critica, spirito critico.