COSE DELL'ALTRO MONDO

Riccardo Cristiano

Giornalista e scrittore

Le urne e il cristianesimo 3.0

Fa un certo effetto pensare che tra poco sapremo quanto potrebbe pesare elettoralmente quello che io si potrebbe chiamare il cristianesimo 3.0, visto che la lunga esperienza del costantinismo ha già visto, soprattutto in quell’alleanza tra trono e altare che l’ha segnata, un deciso discostarsi dal cristianesimo evangelico. Quell’esperienza, che ha perseguitato intere chiese non allineate con la cristologia sancita dai grandi concilii del tempo, si inseriva in un contesto segnato dal confronto globale tra grandi tribù, e in certo senso rispondeva a quella logica discostandosi dallo spirito di Gesù Cristo e della Chiesa dei padri. Si capisce? Si può capire. La storia non è stata piatta, uniforme, ma si arriva alla seconda guerra mondiale per registrare davvero il punto di svolta, che la Chiesa cattolica ha recepito con Giovanni XXIII, il Concilio Vaticano II e Paolo VI. In che cosa possiamo riassumere questa riscoperta dei valori fondanti? La Seconda Guerra Mondiale ha concluso nel precipizio la parabola dei nazionalismi malati, obbligando chi parlava dei diritti di Dio a parlare dei diritti dell’uomo e a dimenticare il trinomio “Dio, patria, famiglia”. In pratica da allora, come ha scritto Pasolini, che la “e” di dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio è disgiuntiva, non è una congiunzione. L’ordine divino non è mondano. E’ arrivata infatti la dichiarazione Nostra Aetate, il riconoscimento della libertà religiosa, sino ad allora negata e ancora negata dagli scismatici di allora, i lefebvriani di oggi. Era la Chiesa che sapeva finalmente stare al passo delle due dichiarazioni parigine sui diritti dell’uomo: la prima, quella dei lumi, che citava l’Ente Superiore, la seconda che lo ignorava per consentire l’astensione del blocco sovietico. Cristianesimo, ebraismo ed islam si scoprivano fratelli, dopo secoli a dir poco bui. E le lettere encicliche cominciavano a riguardare tutti gli uomini di buona volontà. 

La Chiesa conciliare forse ha temuto se stessa, la forza della sua capacità di guardare al futuro riscoprendo i poveri, l’altro, la laicità dello Stato. Francesco oggi è il grande interprete di quella pagina ancora mal digerita dai nostalgici del cristianesimo 2.0, cioè della pretesa cristianità, la società governata in ossequio  alle leggi della Chiesa, senza rispetto della coscienza individuale. 

Purtroppo la grande svolta conciliare, che ha accompagnato l’uomo moderno fino alla caduta del comunismo “reale”, cioè del blocco totalitario sovietico, si è poi incontrata con una globalizzazione che sarebbe andata a braccetto con l’universalità del messaggio conciliare, coerente con quello cristiano, ma ha prodotto una sottomissione della politica alla finanza che coniugata con l’affarismo globale ha prodotto smarrimenti, paure, soprattutto a Occidente, che nelle sue grande multinazionali seguitava ad arricchirsi, ma nel resto dei soggetti era costretto a condividere la coperta globale con le grandi potenze emergenti. Ne è scaturita la globalizzazione dei commerci, ma non dei diritti, delle borse, ma non delle retribuzioni, degli scambi, ma non della libertà di movimento. L’inizio del pontificato di Jorge Bergoglio ha avvisato le elités: state attenti, questa economia uccide, omologa, impaurisce, sfrutta il terzo mondo restante e impoverisce i ceti medi. Ma soprattutto dà l’impressione di uccidere le identità in un mostro finanziario onnivoro globale che non sa rispettare tradizioni, popoli, culture. 

Il fallimento delle vecchie elités e lo spettro dell’omologazione culturale ha fatto riemergere i nazionalismi, che non sanno come governare la nuova economia se non diffondendo la paura dell’altro. “America first” è il suo motto, nell’illusione che da soli staremo meglio, come prima, ingabbiati dietro un muro che costruiremo con le nostre stesse mani per non vedere, per non capire, per non sapere, e continuare ad illuderci.  Questa reazione si spiega con la grande paura e le distorsioni prodotte dalle debolezze pregresse. Ma siccome questo mondo impaurito ha bisogno di un nemico è la religione che glielo offre: è l’altro. Un altro che ora ha gli abiti dei cristiani, ora dei musulmani, ora dei migranti, ma che ha bisogno di un dio che glielo confermi. Ecco che a pagare il prezzo maggiore sono le religioni universali, in particolare l’Islam, con la furia islamista, e il cristianesimo, con la furia islamofoba, antisemita, nazionalista. Tornare indietro nel tempo, ai tempi di Lepanto, richiede di fare dei boat people del Mediterraneo degli invasori come i saraceni di ieri, ma anche di presentare la nostra identità come quella disegnata da chi ci parlava di “Dio, patria, famiglia”. Ecco i rosari nei comizi elettorali, per dire che noi siamo la tribù dei cristiani e che Dio ci darà la vittoria. Il cristianesimo diventa così non una religione spirituale, ma una religione secolare, braccio operativo.

A guardar bene si potrebbe dire che questa sia una nemesi. Se i mongoli, con la loro invasione del mondo arabo, cambiarono l’Islam impaurito dalla miseria e dalla  possibile perdita del potere sociale, e l’Islam vide il tramonto della sua epoca d’oro nell’emergere di un dottrinalsimo repressivo e nel rifiuto di tutti gli altri, ora i “nostri mongoli” rischiano di infliggere al cristianesimo impaurito lo stesso destino, proponendogli di rinchiudersi in un dottrinalsimo repressivo e di rifiutare tutti. 

E’ per questo che si può dire che Bergoglio è l’argine che difende il nostro pluralismo, il nostro passaggio dall’epoca dei diritti negati a quello dei diritti riconosciuti. I “laici” sembrano inconsapevoli di questa battaglia, convinti che nelle urne si pesino i voti delle forze politiche, mentre è chiaro che i motori sono l’umanesimo conciliare e l’oscurantismo della teologia della prosperità e del “Deus vult.” Gli altri si sono esauriti nel collasso della globalizzazione reale che nessuno ha saputo né raddrizzare né riconoscere che era diventata illiberale, come le forze emergenti.  

Quanto peserà il cristianesimo 3.0 nelle urne?         

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