Le indagini Ocse-Pisa sugli apprendimenti. Poche eccellenze, l’Italia spezzata in due
Giovanni Cominelli·13 Dicembre 2023
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Sono 81 i Paesi che hanno partecipato ai rilevamenti PISA – Programme for International Student Assessment – che è stato attivato nel 2000 e che ha rilevato ogni tre anni le conoscenze degli studenti in Matematica, Lettura, Scienze. Di questi Paesi 38 sono membri dell’OCSE.
D’ora in poi la rilevazione sarà quadriennale. Dei risultati OCSE-PISA 2022, presentati il 5 dicembre 2023, sono apparse due interpretazioni: chi segnala un abbassamento complessivo e chi afferma che i dati sono grosso modo stabili. Se però planiamo sull’Europa e sull’Italia, il paesaggio presenta un profilo più aspro.
Sì, l’Italia ha raggiunto la media dei paesi OCSE in PISA Matematica del 2022: 471 Italia, 472 OCSE. Ma il livello di accettabilità fissato da OCSE-PISA è 490, ma all’inizio del Programma era a 500. L’Italia raggiunge altri Paesi europei, quali Francia e Germania, solo perché decelerano vistosamente.
Intanto Singapore, Macao e Giappone superano abbondantemente il livello 490. D’altronde, da una decina d’anni non è più la Finlandia europea a guidare la classifica, ma sono i Paesi dell’Asia orientale, mentre cominciano a salire alcuni Paesi Arabi del Golfo, guidati da élite dinamiche, spregiudicate e ambiziose e, si intende, dal petrolio, cui non vogliono assolutamente rinunciare, come emerge da COP28.
L’Italia spezzata in due
Partendo dall’Italia, i risultati in Matematica sono tornati a quelli del 2003-2004, mentre dal 2007 si era registrato un miglioramento, forse anche dovuto al fatto che la prova standardizzata di Matematica era stata collocata all’interno dell’Esame di Stato in Terza media, ma poi ricollocata al di fuori dell’Esame. Tuttavia, il dramma dell’Italia è la frattura Nord-Sud.
Da anni, ormai, accade che i ragazzi al Nord raggiungano e talora superino le medie europee, mentre quelli del Sud restino sono in coda, all’altezza dei Paesi dell’ex-Terzo mondo. Se poi si va a frugare nelle medie statistiche del Sud, si scopre che gli “eccellenti” sono solo l’1%.
I quali eccellenti finiscono per fuggire dal Sud verso le Università del Nord italiano ed europeo. A conferma ennesima che nella scuola meridionale esistono forti differenze di classe, mai smosse lungo i decenni, tra un’élite borghese intellettuale e le classi subalterne.
Queste differenze, che si riproducono nel tempo, sono avvolte da una pervasiva e orgogliosa autocoscienza folklorica alimentata dalla politica, dai giornali, dalle TV in particolare, che offre il peggio a proposito di napoletanità, sicilianità, sardità… Non si spezza così il circolo perverso che stringe povertà educativa e assistenzialismo: più assisti e più mantieni nella povertà, più stai nella povertà e più corri a rivendicare assistenza.
Sarebbe questa l’ora di una nuova grande Commissione d’inchiesta sul Mezzogiorno, che mettesse nel mirino lo stato dell’Istruzione, il livello di preparazione didattico-educativa degli insegnanti e dei dirigenti, le modalità del loro reclutamento, l’organizzazione degli Uffici scolastici regionali del Sud, a muovere da quello siciliano. Tra fughe migratorie dei giovani e calo demografico, la condizione socio-culturale ed economica del Sud sta diventando drammatica, come documentano i Rapporti Svimez. Il sistema scolastico ne riflette passivamente la deriva.
Ma la stampa italiana ha preferito occuparsi dell’affettività e del caso Concia come se l’assassinio di Giulia Cecchettin dipendesse principalmente dalla scuola e non, invece, dalla famiglia e dalla società civile, dove, per un verso, si forgiano le identità e le relazioni e, per l’altro, la loro coscienza simbolica.
Intanto persiste, a proposito di “genere” il gap tra maschi e femmine relativamente alla Matematica. Quale pressione culturale e esercitata da chi preme sulle ragazze spingendole a preferire le Scienze umane invece che le materie “dure”, che poi portano a percorsi universitari STEM? Esercitata solo dai maschi?
L’Occidente ha ancora desiderio di sapere?
Se l’Italia è il Paese europeo con le maggiori differenze/fratture territoriali, con un Nord “europeo” e un Sud “mediterraneo”, non perciò i Paesi europei più comparabili con noi vanno benissimo, Francia e Germania in particolare.
Con allarme Le Monde e Le Figaro hanno evidenziato i risultati OCSE-PISA e il trentaquattrenne Ministro francese Gabriel Attal ha reagito tempestivamente, annunciando due provvedimenti: l’esame del “collège” – la scuola media che dura dagli 11 anni di età ai 15 anni, ed è organizzata in 3 cicli : il primo anno è il ciclo di consolidamento, il secondo e terzo anno il ciclo centrale, il quarto anno il ciclo di orientamento – tornerà ad essere severo e soprattutto indispensabile per accedere al Liceo. Fino ad oggi anche i bocciati potevano accedervi. Il secondo provvedimento crea, all’interno di ogni classe tre gruppi di livello.
Ci saranno “circa quindici alunni” nel gruppo più debole. L’obiettivo è quello di avere “gruppi che si adattino al livello di ciascun alunno”. Dice Attal: “Lasciare alunni di livello diverso nella stessa classe condanna alcuni alla stagnazione e impedisce ad altri di prendere il volo”. Il Ministro ha poi deciso di sottrarre ai genitori il potere di decidere di bocciare, perché si era trasformato nell’impossibilità di bocciare.
Il cancelliere tedesco Olaf Scholz è intervento molto preoccupato sul declino scolastico della Germania, mentre il portavoce del Governo, Stefen Hebestreit, ha evidenziato come i risultati in Lettura, Matematica e Scienze siano i più bassi mai registrati nel Paese da quando viene condotta l’indagine OCSE-PISA.
L’arretramento clamoroso dell’Occidente europeo e la contemporanea avanzata dell’East Asia costringe a porre qualche domanda sconveniente. Se l’apprendimento della Matematica e delle Scienze è la pre-condizione per l’acquisizione delle competenze scientifico-tecnologiche, se la piena padronanza della Lingua è la precondizione per stare all’altezza della civiltà, per entrare in relazione con gli altri e con sé, i nostri ragazzi hanno ancora voglia di studiare?
Più in generale, l’Occidente è stanco di imparare, di trasmettere saperi? Si stanno erodendo i canali di trasmissione del sapere di civiltà? Avrà ragione il Ministro degli Esteri russo Lavrov, quando parla della fine dei 500 anni dell’Occidente?