È certamente il vincitore assoluto delle elezioni politiche 2013. Anche se è Grillo quello che più di tutti dovrà cambiare pelle nei prossimi mesi per non far evaporare il proprio successo.
Una lista che neppure esisteva nel 2008 è il primo partito del Paese: lo tsunami capace di portare un’intera classe dirigente, un sistema di potere al capolinea. Si salva Silvio Berlusconi, anche se, però, anche per lui si pone da tempo il problema difficile di come uscire da un gioco logorante senza pagarne le conseguenze.
Un successo straordinario che potrebbe cambiare la faccia della politica in Italia. E in Europa.
I motivi del successo sono evidenti: la fiducia in chi ha governato questo Paese negli ultimi vent’anni (per dieci il centro destra, sette il centro sinistra e tre di governi tecnici) è bassissima. Del resto l’Italia in questo periodo si è completamente fermata, come stabiliscono i dati sulla crescita economica che vedono il nostro Paese al penultimo posto nel Mondo. Ma soprattutto negli ultimi mesi, Bersani e Monti hanno ignorato la questione decisiva: quella di unpatto tra Stato e cittadino che non funziona più da tempo e che Grillo e Berlusconi hanno cavalcato, in assenza di una proposta complessiva da parte dei concorrenti più accreditati
L’accusa più frequente, quella di non possedere competenze si è poi trasformata in un micidiale boomerang per chi sul piano della conoscenza dei problemi ha spesso miseramente fallito.
Bisogna, infine, riconoscere a Grillo una formidabile strategia comunicativa: la campagna elettorale ha premiato o chi utilizza solo la televisione (Berlusconi) oppure chi la evita totalmente e usa solo la rete e le piazze.
In questo vuoto di idee, comprensibilità e credibilità, il Movimento 5 Stelle hacostruito il suo successo. A questo punto esiste persino una base sociale costituita – come dimostra un recente studio del think tank britannico Demos che ha valutatola possibilità che il fenomeno si ripeta altrove – da persone con livelli di scolarità più elevata della media e che, però, sono più frequentemente colpiti dalla disoccupazione. Educati ed esclusi: il prototipo di quello che potrebbe essere non solo un elettorato ma una classe rivoluzionaria, come direbbe, forse, Casaleggio.
I rischi e i limiti del movimento sono chiari: un leader geniale (proprio come lo è stato Berlusconi) e nessuna classe dirigente (come dimostravano gli interventi del comizio finale a Piazza San Giovanni). Nel vuoto di governabilità, il movimento dovrà adesso rimanere compatto, diventare squadra, dimostrare di poter anche risolvere problemi giganteschi. Governerà per i prossimi vent’anni chi unirà conoscenza e capacità di coinvolgere; chi sarà capace di portare l’agenda del cambiamento profondo anche in Europa.
Non è detto che sarà Beppe Grillo il leader capace di vincere la sfida finale. Certamente lui innesca da oggi una trasformazione che nessuno potrà fermare con qualche aggiustamento marginale.
Articolo pubblicato su Il Messaggero del 26 Febbraio
Nessuna parola sui gravi rischi contenuti nella promessa che ci arriva dal web di un GLORIOSO MONDO NUOVO. Eppure di simili promesse e del loro drammatico fallimento il nostro passato prossimo è strapieno: da quelle che ancora ci arrivano dalla “scatola tonta” da parte dell’Unto dal Signore, a quelle dei “barbari sognanti” e di chi pensò di fondare il partito degli onesti sulle rovine di Tangentopoli. È cambiato il mezzo NON il metodo: la promessa della palingenesi e il rifiuto della fatica del riformismo.
Il problema centrale non sta allora nell’accorgersi che il patto tra cittadini e lo Stato è venuto meno, ma come fronteggiare il ben più antico disimpegno verso lo Stato di una larghissima parte della classe dirigente del paese. E non parlo qui solo di Sicilia, Calabria, Basilicata e quindi di infiltrazioni mafiose ormai incancrenite, oppure della “incivile” Lombardia, non a caso culla di fenomeni degenerativi come il craxismo, il leghismo e il berlusconimso; parlo della mancanza di senso dello Stato, dell’illegalità diffusa in tutti i comportamenti – a cominciare, in particolare, dall’evasione fiscale: 120 miliardi all’anno addebitabili a chi se non a imprenditori, liberi professionisti, commercianti, artigiani? Troppo comodo addebitare lo sfascio e la corruzione ai politici (di cui non si disconoscono peraltro le colpe, anzi) tacendo il fatto che in larga misura è marcia una larga parte dell’élite economica e professionale della cd società civile.
Si dà credito alla promessa di una ROTTURA con il passato di un comico miliardario evasore condonato e ad una misteriosa eminenza grigia, che rifiutano la normale dialettica democratica all’esterno con le altre forze politiche così come dentro il movimento, movimento che ha raccolto la gran parte dei suoi consensi proprio all’interno delle forze che hanno governato spacciando un mare di illusioni e di menzogne, e arrivando perfino a sovvertire l’ordine democratico. Se è vera l’autoaccusa di De Gregorio, quell’operazione Libertà non è forse il coronamento di un’azione di eversione continuata nel tempo?
Cos’è dunque quest’analisi: il ripetersi della solita operazione gattopardesca “all’italiana” con cui le classi dirigenti si preparano a perpetuare se stesse?
felice di aver vinto tutti insieme questa battaglia per il cambiamento di un sistema politico, sociale ed economico ormai antiquato, marcio, stagnante ed arrivato al capolinea. Ora BASTA.
Mi auguro da elettore del movimento a cinque stelle che ci sia una ROTTURA con il passato. Rottura che rifiuta il trasformismo politico e la collaborazione con altre forze politiche almeno che a governare non sia un candidato del movimento a cinque stelle.
A chi ci corteggia per governare chiediamo che il Premier sia grillino, essendo grillino il primo partito votato alla camera in Italia.
questa è la mia opinione grazie a tutti
Michele