COSE DELL'ALTRO MONDO

Riccardo Cristiano

Giornalista e scrittore

La via della seta per funzionare dovrebbe passare dal Vaticano

Tutti sanno di cosa venga a parlare in Italia il leader cinese Xi. Viene a parlare di affari. Ma questi affari hanno un nome, come tutti sappiamo, molto seducente: “via della seta”. La via della seta rimanda a quell’antico sistema di comunicazione e scambi che collegava Venezia e Pechino. Per chiunque è un’idea affascinante, da gestirsi ovviamente con le dovute cautele e attenzioni, perché la Cina è la Cina, e la storia delle sue imprese africane, continente da noi considerato una ricchissima pattumiera, non parla certo di rispetto, interscambio e così via. Parla di tutt’altro. Ma l’idea cinese affascina, soprattutto se gestita con visione e attenzione, quella che certi governanti non hanno dimostrato, riducendosi a fare la parte degli azzeccagarbugli che parlano di memorandum che non hanno valore di legge. 

Il fascino dell’idea cinese dipende però da un’idea che è profonda in ciascuno di noi:  unirci per renderci vicendevolmente più prosperi sarebbe intelligente, dividerci per impoverirci a vicenda sarebbe da stupidi. Ecco allora che il progetto cinese per essere davvero gestito con intelligenza, attenzione e reciproco vantaggio ha bisogno di un’anima. Quest’anima sta in un altro memorandum firmato di recente. Gli azzeccagarbugli potranno dire che anch’esso non ha valore di legge, come tutti i memorandum. Ma ha un’anima. Questo memorandum ci dice che siamo tutti fratelli. La Dichiarazione sulla fratellanza umana firmata da papa Bergoglio e dall’imam al-Tayyeb non parla centro della via della seta, ma se le avessimo dedicato un decimo degli articoli dedicati alla via della seta forse ci saremmo potuti presentare all’incontro con Xi con il cappello in testa, invece che con il cappello in mano. Ma dimentichi dell’anima come potremo andare incontro al leader cinese? Con le icone dei dollari che ci illuminano gli occhi ingolositi, o con la paura che ci trattiene davanti al richiamo transatlantico? Non dovremmo avere nessuno dei due, dovremmo sapere chi siamo e in cosa crediamo. 

Credere nell’umana fratellanza vorrebbe dire puntare sulla via della seta non per arraffare, ma per costruire, per noi e per gli altri. La somma autorità religiosa occidentale, romana, si chiamò pontefice per l’importanza che la costruzione di ponti e acquedotti ebbe per i romani, che scoprirono il cuneo grazie agli etruschi. Negli ideogrammi cinesi il concetto di potere (imperiale) si rappresenta con il canale di irrigazione. 

Non basta l’anima per fare un progetto, ma un progetto senz’anima è destinato a diventare un incubo. La NATO ad esempio aveva un’anima, quando nacque dopo il nazismo: quell’anima era l’unione dei liberi. Il patto di Varsavia si trovò presto senz’anima, per il rifiuto dei suoi popoli del sistema politico che quel patto propugnava. E’ finita come sappiamo. 

Oggi la via della seta senz’anima non convince, non può convincere, ma rifiutarla è da stupidi: i tempi cambiano, e come le nuvole alle volte ritornano… Ma il mondo che andiamo a immaginare non può essere un gigantesco supermercato dove le merci circolano libere e i clienti non possono seguirle, possono solo attenderle. 

Il sogno americano di cui tanto abbiamo parlato è diventato realtà grazie all’anima, e quell’anima gli è stata data dal sogno di Martin Luther King. Oggi il sogno americano sta diventando un incubo, visto che l’economia tira, ma con Trump ha perso l’anima. La via della seta può diventare un progetto plausibile se vista nel disegno della fratellanza, l’unico che può liberarci dall’ideologia violenta e mortifera dello scontro di civiltà. E’ su queste basi che dovremmo affrontare il discorso con mr. Xi. Forse è per questo che qualcuno nel suo partito e nel vaticano ha fatto di tutto per sabotare l’incontro con papa Bergoglio, leader morale globale del terzo millennio. Lo scontro di civiltà fa comodo a molti.           

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