THE VISIONNAIRE

Francesco Grillo

Francesco è Amministratore Delegato di Vision and Value, società di consulenza direzionale e si occupa soprattutto di valutazione di politiche pubbliche per organizzazioni internazionali. E' direttore del think tank Vision, con cui gestisce diversi progetti dedicati a "le università del futuro", "big society", "la famiglia del futuro" ed in generale all'impatto della rivoluzione delle tecnologie dell'informazione sulla società e sull'economia. In precedenza ha lavorato per la Bank of Tokyo e con McKinsey. Laureato in economia alla LUISS, ha completato un MBA alla Boston University e un PhD presso la London School of Economics con una tesi sull'efficacia della spesa pubblica in ricerca (http://www.visionwebsite.eu/vision/staff_cv.php?cv=1) . E' editorialista de Il Mattino e de Il Messaggero ed è autore di diversi libri sull'impatto di Internet sulla sanità (Il ritorno della rete, Fazi, 2003), sull'automobile (La Macchina che cambiò il Mondo, Fazi, 2005), sui media (Il Sonno della Ragione, Marsilio, 2007).

La vera notizia che viene dall’Austria e l’insostenibile leggerezza dei moderati

Ancora una volta i giornali e le opinioni pubbliche si rilevano infallibili nel farsi sfuggire la notizia vera. Quella che arriva da Vienna, ad esempio, non è che il candidato nazionalista, il leader del Partito della libertà, sia arrivato ad un passo – come era ampiamente previsto – dal diventare Presidente della Repubblica. Ma che a contendergli – vincendo – ci sia stato un economista settantenne che per diversi anni ha guidato i Verdi e che recentemente ha aspramente criticato il Governo austriaco per essere stato restrittivo nei confronti dei “richiedenti asilo”. Il messaggio è chiarissimo. Alla reazione dell’ultra destra si risponde con un’azione di uguale intensità e di segno contrario.
 
L’unica risposta politicamente vincente rispetto alla tentazione dei muri, è quella di una forte difesa dei valori sui quali la società aperta fu costruita ed un suo ulteriore avanzamento. Del resto in Austria nacque sia il Fuhrer che Karl Popper. Di tutto il resto, delle risposte tattiche, ciniche, tipiche dei partiti del centro destra e del centro sinistra, non rimane politicamente quasi nulla: mettendo insieme i voti per i due partiti tradizionali – quello socialista e quello popolare –  che hanno dominato l’Austria e l’intera Europa per decenni, si scopre che al primo turno hanno votato per l’ “establishment” meno di un elettore su cinque.
 
Questa è la notizia vera e non vale solo per l’Austria. Se ci spostiamo agli Stati Uniti sta avvenendo una cosa simile. I sondaggi sembrano progressivamente sempre più certi che Trump abbia un vantaggio sulla Clinton; mentre sarebbe battuto dall’unico membro del Congresso americano che si sia mai definito “socialista” (e che peraltro solo un anno fa ha deciso di correre per la nomination del Partito Democratico essendo sempre stato “indipendente”). A vincere, dovunque, sono gli “estremi” (o chi riesce a farsi percepire tale). Tutto ciò che sta in mezzo, che sa di ipocrita e di mediazione, rischia di perdere. E non basta più abbaiare che i “populisti” sono ineleggibili ed incompetenti.
 
Sono, del resto, queste le ragioni per le quali un’ipotesi come l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea – inaudita e disastrosa dal punto di vista del calcolo razionale – continua ad essere possibile. Mentre in Italia a salvare Renzi ci pensa, in effetti, quello che rimane della sua carica di rottamatore: una volta di persone, adesso di regole (costituzionali) che ingessano tutto. Siamo di fronte ad una crisi devastante le cui ragioni sono, solo in parte, economiche. E che richiede una riflessione, un investimento intellettuale che tra le elite non è neppure cominciato.

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