Il 14 e 15 ottobre, all’hotel Hilton di Beirut, si svolgerà un’importante simposio internazionale sul dialogo inter-religioso. Già il titolo aiuta a capire perché sarà la risposta ( o la sfida) alla Dichiarazione di Abu Dhabi sulla fratellanza umana: “dialogo e modelli di vita. Problematiche di diversità e libertà.” Quali sono i modelli di vita a cui ci si riferisce? E le diversità? Una risposa esauriente la fornisce in queste ore il segretario della lega levantina (non araba) e promotore dell’iniziativa, Habib Ephrem. Irritato con certi giornalisti che presentano la sua iniziativa come promotrice dell’alleanza delle minoranze e della protezione dei cristiani, Habib Ephrem, cristiano beirutino, chiarisce alcuni concetti-cardine dell’idea di libertà nel Levante post-ottomano.
Il dottor Habib Ephrem infatti afferma in una nota che la realtà sociale dell’Oriente è costituita da diversi gruppi etnici, che costituiscono diverse nazioni. e l’Ecclesia? L’Ecclesia non è costituita da persone tutte create a immagine di Dio e quindi depositarie di pari diritti? Ma per la visione presentata da Habib Ephrem cruciale non è la persona, non è il singolo depositario di diritti e di identità, ma il gruppo, con le sue tradizioni, i suoi specifici modi di ragionare e lo speciale legame con il territorio. “Noi esistiamo in quanto maroniti, sunniti, sciiti e così via, in ogni patria.”
In questo modo la citata difesa del diritto ad essere diversi diviene una sorta di diritto ad essere uguali nel proprio gruppo. E’ dunque la visione dei millet ottomani che si eternizza anche nell’idea di cittadinanza. Habib Ephrem, segretario della Lega levantina e in precedenza di quella siriaca, non vede arabi cristiani, inseriti nella loro Ecclesia come persone, ma tanti gruppi che agiscono come tribù, si relazionano tra di loro come tribù, trattano e dialogano tra di loro attraverso i loro capi, come fanno le tribù. Ecco allora che la “protezione della diversità” sembra divenire un fatto comunitario, tribale, la coesistenza il prodotto di un’equazione nella quale non ci sono legami personali, o interpersonali, ma comunitari. Il dialogo è tra i capi.
A questa visione si contrappone quella per la fratellanza, una cultura di legami e di relazioni che si fonda su quanto asserito da Francesco e dall’imam al Tayyeb nella dichiarazione di Abu Dhabi. Sono arabi cristiani i fautori di questa risposta, e si incontreranno a Parigi a novembre, provenienti da tutti paesi della regione per scrivere un’agenda di fratellanza basata sul vivere insieme