AVANTI POPOLI!

Alessandro Lanni

Giornalista e autore di "Avanti popoli! Piazze, tv, web: dove va l'Italia senza partiti" (Marsilio 2011) e "Enigma Grillo" (40K - Unofficial 2013) http://40k.it/enigma-grillo

La giravolta di Serra sul “popolo del web”

Domenica 3 giugno, Michele Serra scrive un’Amaca prendendosela col “popolo del web”. Anzi – per fortuna – se la prende con tutti quelli che sui giornali, in tv e paradossalmente anche in rete, utilizzano un’espressione che non ha senso.

Scrive giustamente Serra:

Si è letto per giorni, sui quotidiani, che “il popolo del web” non voleva la parata del 2 giugno. La parata si è poi svolta ugualmente, a quanto pare, con discreta accoglienza di pubblico e di critica. Se ne potrebbe dedurre che “il popolo del web” non conta una cicca, ma sarebbe un’ingiusta nonché impropria approssimazione. Più banalmente, “il popolo del web”, inteso come un tutt’uno pensante e giudicante, non esiste.

Potremmo chiosare dicendo che il popolo del web (e tutti i suoi fratellini o discendenti o avi come il popolo dei fax) non esistono per due ordini di motivi: di fatto e di diritto.

1) Di fatto perché i 20 milioni di italiani e passa che per esempio hanno accesso a Facebook non sono affatto omogenei, non costituiscono un popolo per il solo fatto di utilizzare quella piattaforma. Ovviamente, non parliamo di “popolo della radio” o “popolo della tv” né dei giornali per tutti quelli che consumano informazione e intrattenimento attraverso questi mezzi di comunicazione. Non si capisce perché per Facebook o Twitter non dovrebbe valere lo stesso discorso.

2) Di diritto perché per loro natura Twitter e Facebook ci restituiscono immagini del mondo auto-selezionate, create da noi stessi a nostro uso e consumo e in funzione dei nostri gusti e passioni. La TimeLine è uno specchio dei nostri interessi e della nostra capacità di riprodurli in un medium sociale. Non ci sarà mai una TL uguale a un’altra. Anche per questo il popolo del web non esiste. (qualcosa d’altro l’ho scritto qui)

Viva. Un giornalista che conta si rende conto che qualcosa non funziona nel modo di raccontare il nuovo che avanza, che ormai è avanzato. Le dinamiche dell’informazione e dell’opinione pubblica devono essere riviste di corsa e senza pigrizia. Bene.

Sorprende però che lo stesso Serra, giusto qualche mese fa scriveva qualcosa con uno spirito esattamente opposto a quello dimostrato l’altro giorno.
Se nell’Amaca recente si critica la superficialità, il tanto al chilo, la grossolanità nel giudicare gli utenti della rete, nell’altra si detestava Twitter a partire da una serata passata sul divano di un amico a guardare Sanremo.

Mettiamolo a confronto.

Nessuna sintesi possibile, nessuna sfumatura, zero possibilità che dal cozzo dei “mi piace” e “non mi piace” scaturisse una variante dialettica, qualcosa che sposta il discorso in avanti, schiodandolo dal puerile scontro tra slogan eccitati e frasette monche. Poichè non è data cultura senza dialettica, nè ragione senza fatica di capire, la speranza è quel medium sia, specie per i ragazzi, solo un passatempo ludico, come era per le generazioni precedenti il telefono senza fili. E che sia altrove, lontano da quel cicaleccio impotente, che si impara a leggere e a scrivere. Dovessi twittare il concetto, direi: Twittermifaschifo. Fortuna che non Twitto…

 

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