L'ASINO DI BURIDANO

Massimo Parodi

Professore di Storia della filosofia medievale all'Università Statale di Milano.

La forza della metafora

Gli ultimi post hanno indirizzato sia le discussioni serie, sia gli interventi spiritosi sul tema delle complesse procedure che da anni costringono l’ambiente universitario a elaborazioni, che talvolta paiono metafisiche o teologiche, sui possibili procedimenti capaci di rendere sempre più precisa, pignola, e possibilmente oggettiva, la valutazione della ricerca scientifica. Parlo di tonalità teologiche per il frequente ricorso alle metafore, inevitabili quando si parla di concetti astratti come merito, influenza culturale, originalità.
Leggendo alcuni interventi provenienti da una lista di discussione animata da studiosi dei vari aspetti della cultura e della letteratura medievale, ne ho trovata una, che non conoscevo, e che mi pare meravigliosa, soprattutto per cogliere il valore contestuale delle metafore.
Parlando della mitica peer review, cioè della revisione dei pari, cui ogni articolo scientifico che si rispetti sembra ormai debba essere sottoposto, indipendentemente dal direttore della rivista, dal comitato scientifico e dalla linea editoriale, un professore tedesco, Thomas Gloning, interviene dicendo:

This is, of course, wonderful if you are in that happy position of not being subject to bean-counters at an institution requiring that research be peer reviewed.

Per rendere l’idea di questa tendenza alla pignoleria, usa l’espressione bean-counters che, secondo l’Oxford Dictionary Online, significa una persona, normalmente un ragioniere o un burocrate, che insiste eccessivamente sul controllo delle spese e dei bilanci.
Già così risulta simpatica l’immagine del ragioniere come contatore di fagioli, ma una ben maggiore forza eversiva viene assunta dalla metafora, se la si colloca nella tradizione culturale italiana, dove non può non ricordare Raffaella Carrà che invitava i telespettatori a indovinare il numero di fagioli rinchiusi in un contenitore di vetro.
Spero di riuscire a diffondere questa immagine nelle discussioni accademiche dei prossimi mesi, contribuendo, da un lato, alla internazionalizzazione del mondo universitario italiano e, dall’altro, a trasmettere alle nuove generazioni la conoscenza di un momento alto della storia della nostra cultura televisiva.

  1. Viste le frequenti ‘scoperte dell’acqua calda’ che si leggono su emerite riviste (per non dire delle famose UP) che applicano da sempre (così pare!) la procedura ‘peer review’, credo che sia opportuno applicare rigorosamente anche da noi tale procedura: leggeremo cavolate, ma ‘certificate’da esperti!

  2. Ma questo è un post sulla metafora o sulla peer review? Chiedo, perché poi mi dite che vado fuori tema. Assumendo che riguardi entrambe e trascurando per un momento la prima, chiedo inoltre: il tuo professorone tedesco pensa che sia più elegante pubblicare per cooptazione invece che per peer review? E, a parte quello che pensa lui, cosa dovrebbe fare un’istituzione per non essere accusata di contare i fagioli? Ignorare il requisito della peer review?

    • Naturalmente il post è sulla metafora e del tutto casualmente tocca il problema della peer review 🙂
      Ma, visto che sei polemico e basta che uno sia tedesco per fartelo chiamare professorone, ti dirò che dal resto delle mail mi sembra intenda sostenere che di fatto una forma di peer review è sempre esistita e che il contare i fagioli sia riferito al marchingegno formale che si sta imponendo negli ultimi tempi, soprattutto – ma non solo – per quanto riguarda le pubblicazioni online.

      • Gloning pensa che una forma di peer review sia sempre esistita? Dove? In Italia no di sicuro, in Germania ne dubito. Non è che per peer review si intende che qualcuno legge il paper prima di pubblicarlo.

        By the way, Glauco deve essere in vacanza;-)

        • Penso si possa fare riferimento al direttore della rivista, al comitato scientifico, ai collaboratori particolarmente esperti in alcuni settori. Non credo che la qualifica di revisore renda le persone istanze individuali di un universale buono: alcune restano intelligenti, altre no, alcune esperte, altre no, alcune collaborative, altre no, alcune desiderose di dare consigli costruttivi e altre no. Resta tutto più o meno come prima, ma, in più, dobbiamo contare i fagioli.

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