Le considerazioni che Oakeshott fa su ogni singolo “modo” in The Experience and its modes sono non solo interessanti, ma anche originali e spesso spiazzanti. Mi riprometto di tornarvi su, soprattutto su quelle concernenti la scienza e i suoi rapporti con la “realtà” e la “verità”. Ciò che ora mi preme sottolineare è invece la messa in luce da parte di Oakeshott di un aspetto importantissimo, che torna spesso in queste note, e che in lui trova una conferma molto autorevole. Come osserva Giovanni Giorgini, “l’espressione ‘filosofia politica’ ricorre una sola volta nelle 356 densissime pagine del libro”; e, quell’unica volta, è preceduta dall’aggettivo “cosiddetta”. Il fatto è che la filosofia teoreticamente “rappresenta il punto di vista della totalità, dal quale si può osservare e delineare la peculiarità di ciascun universo di esperienza, e il criterio con cui giudicarne la relativa validità e limitatezza. La filosofia non può però in alcun modo influire su ciascuno di questi mondi, può superarli logicamente, ma non abolirli. Ogni tentativo, quindi, di applicarla a un universo di esperienza e di rendere filosofico un mondo di conoscenza costituisce un evidente ed enorme errore categoriale e porta alla creazione di un monstruum: è questo il carattere, ad esempio, dell’etica e della ‘cosiddetta Filosofia Politica’”. Ma il discorso può essere esteso a tante altre pseudo-discipline: dalla filosofia della scienza alla “cosiddetta” e oggi à la page “Etica Nornativa” (sic!), per intenderci.
Ora, a parte ancora una volta le somiglianze impressionanti con Croce (qui anzi direi che c’è qualcosa in più: forse un influsso diretto), che d’altronde aveva scritto che si può fare filosofia della politica ma non filosofia politica, il discorso che andrebbe fatto è più generale. Sono infatti sicuro che moltissimi intellettuali ancora oggi mettono mani alle loro imprese con il proposito, che a volte non ammettono nemmeno davanti alla loro coscienza, di dare una guida o un orientamento alla politica, se non di dirle proprio cosa in concreto deve fare. Il che è teoricamente impossibile, ed è quindi un errore (anche morale), e contravviene al Diktum di Croce e di tutti i “chierici che non hanno tradito” a tenere “autonoma” la cultura. Un esempio fra tutti, forse il più significativo, è il Max Weber dell’aurea conferenza monachese del 1919 sul “lavoro intellettuale come professione”: in essa si apostrofavano, come è noto, gli scienziati profeti e in particolare coloro che vogliono promuovere una dottrina dalla cattedra (“piccoli profeti privilegiati o pagati dallo Stato”, li definiva). Che il senso ultimo del libro sulla esperienza sia questo, è evidente (così come lo è la “derivazione” da esso dell’agile e fortunato saggio di critica del “razionalismo in politica”, o meglio del razionalismo politico, del 1941). Ecco, infatti, il suo incipit: “Il pensiero -scrive Oakeshott- è inizialmente associato a un estraneo desiderio di azione. Ed è necessario un certo tempo, probabilmente, prima che ci si renda conto che la filosofia non ha alcuna incidenza diretta sulla condotta pratica della vita”. E poco più avanti: “Quasi sempre il filosofo nasconde un’ambizione segreta, estranea alla filosofia, e spesso questa ambizione è quella del predicatore. Noi dobbiamo imparare però a non seguire i filosofi in queste loro escursioni domenicali”
PS La citazione di Giorgini è tratta dal suo bel volume del 1999 sui Liberalismi eretici (Edizioni Goliardiche di Trieste): alle efficaci pagine (99-150) che ricostruiscono il pensiero di Oakeshott e alla densa bibliografia finale mi sono più volte ispirato in queste mie note. Voglio infine far presente che qualcosa ultimamente si muove in Italia negli studi oakeshottiani e anche nelle traduzioni. Nell’anno appena concluso di queste ultime se ne segnalano, ad esempio, due importanti: quella di Giorgini al citato saggio sul Razionalismo in politica, che ha inaugurato la collana dei “Classici della libertà 1900-1970” in e- book, a cura dell’Istituto Bruno Leoni, della rivista online “Linkiesta” (pp. 60, euro 1,90); e quella a cura di T. Fuller e Agostino Carrino del libro postumo (1996) su La politica moderna tra scetticismo e fede pubblicata (Rubbettino, pp.. XXV-183, euro 16). Quest’ultimo esce nella “Biblioteca politica” diretta da Alessandro Campi, il quale a sua volta dedicò un numero (il 4 del 2011) della sua “Rivista di Politica” (edita sempre da Rubbettino) a Michael Oakeshottt. Il conservatorismo: mentalità o ideologia? (4/2011)