Editoriale da santalessandro.org
Sabato 12 giugno 2021
Giovanni Cominelli
La Chiesa, la crisi, il futuro: il coraggio delle riforme per essere “maestra di umanità”
Non sono anni tranquilli quelli che la Chiesa cattolica sta attraversando. Basta, tuttavia, uno sguardo retrospettivo per constatare che non lo sono mai stati dal Concilio Vaticano II in avanti, anno 1962.
Il ‘900 della Chiesa era incominciato con l’inquietudine modernista, schiacciata dalla repressione interna di Pio X e dalla Grande guerra. Dopo la Crisi del ’29 e il consolidamento dei totalitarismi, la Chiesa cattolica, a forte impronta italiana, pensò che era venuto il tempo del “Christus vincit, Christus regnat, Christus imperat”. Insomma, del Cristo Re e, pertanto, del suo Vicario in terra e, pertanto, della Chiesa. La quale non si era affatto posta come terza via, sia pur spirituale, tra il comunismo ateo e il fascismo. Si era schiettamente alleata con il fascismo italiano e, in seguito, con il franchismo, che garantivano, più il secondo che il primo, un ritorno all’alleanza tra Trono e Altare. Quanto al nazismo, i rapporti si configurarono, fin dagli inizi, dentro un quadro diplomatico-concordatario, che andò man mano guastandosi, culminando nella Mit Brennender Sorge di Pio XI del 1937. Qui si parla, si intende, della Gerarchia. I credenti hanno seguito strade a volte più tormentate, più divise e imprevedibili. L’adesione alla democrazia, mediante il Radiomessaggio di Pio XII del Natale 1944, la sconfitta del nazi-fascismo, la costruzione della cortina di ferro fecero crescere in Vaticano l’illusione di un ritorno della “civitas christiana” e della “res-publica christiana”, di una nuova alleanza tra il Trono, questa volta democratico, e la Chiesa. L’Anno santo del 1950 e la proclamazione del dogma dell’Assunzione di Maria – dal forte impatto simbolico-trionfalistico – completarono il cerchio di queste illusioni sull’avvenire. Ma da allora, anche in Italia, attraverso la Porta santa del Giubileo entrarono in San Pietro i venti gelidi della secolarizzazione. In Europa il processo era già incominciato da tempo, già dal primo dopo-guerra. Il Concilio Vaticano II rappresentò una prima presa d’atto di quella “eclissi del Sacro”, che spegneva d’improvviso la luce religiosa delle società avanzate dell’Occidente. Da allora non c’è più stata pace per la Chiesa universale e non ci sarà per un tempo imprevedibile.
Oggi la Chiesa cattolica è scossa da questioni interne quali il ruolo delle donne nella gerarchia dei poteri, il celibato dei preti, la pedofilia. Ma è evidente che, al fondo, stanno un paio di questioni “esterne” ben più pesanti: la caduta del senso religioso e la messa in discussione teorica e pratica delle basi biologiche della specie. E’ in atto un’evoluzione/deriva antropologica di lunga durata, che nessun soggetto storico può illudersi di mettere sotto controllo a breve.
Quanto al senso religioso, le religioni e le Chiese vanno là dove va il senso religioso. E’ evidente che esso sta migrando velocemente fuori dall’Europa. Potrebbe costituire oggetto di un’interessante ricerca la correlazione tra senso religioso e welfare avanzato. Poiché alla base del senso del sacro e del religioso stanno il biblico “timore e tremore”, la consapevolezza della propria finitudine e la domanda di protezione dal Caos della storia, le società occidentali del dopo-guerra hanno ridotto il kierkegardiano “timore e tremore” con la scienza, la medicina e l’assistenza dalla culla alla tomba e hanno costruito una sorta di coscienza auto-onnipotente del Sé individuale. La nuova antropologia a-religiosa è il prodotto di un formidabile intreccio di fattori economici, sociali, tecnico-scientifici, che approdano sempre di più alle teo-filosofie del post-umanesimo e del trans-umanesimo. L’unica escatologia che le ispira è “l’escatologia dell’imminente”, di cui ha parlato Papa Benedetto XVI nel discorso di Regensburg il 12 settembre 2006. Sono le filosofie dell’Homo Deus, cui lo storico israeliano Yuval Noah Harari ha dedicato un fortunato libro.
Ed è su questo terreno che insorge la seconda questione “esterna”. Stanno nascendo progetti tecno-scientifici di una creazione dell’uomo ad opera dell’uomo e ideologie del superamento del “sex” come determinazione biogenetica del corpo, in nome del “gender”, maschile o femminile o altro, che diviene terreno privilegiato di una costruzione socio-culturale. Si sta affermando così una specie di nuova gnosi, che tende a frantumare due realtà: quella dell’unità corpo/psiche/mente dell’essere umano e quella della famiglia quale sistema di relazioni generativo/rigenerativo della differenza sessuale e di genere. Difficile prevedere a quali condizioni si riprodurranno le società umane e la storia del mondo.
Certo è che lo spazio delle Chiese si va restringendo, in Occidente o, per peggio dire, le Chiese sono rigettate dall’Occidente. Quanto alle chiese fisiche, in tutta Europa si stanno trasformando in “sepolcri di Dio”, come anticipato da Nietzsche. Il futuro delle religioni che si proclamano rivelate e alle quali la Rivelazione ha promesso un “per sempre” non è affatto assicurato, se lo devono conquistare, radicandosi nella storia degli uomini, fino a diventare necessarie per l’evoluzione della specie.
In questa prospettiva, la Chiesa cattolica può avere un futuro, se fornisce agli uomini le ragioni del proprio esistere come individui, come collettività determinate, come specie. Se continua ad essere “maestra di umanità”, come scrisse Paolo VI. Su questa strada sembra avviato il magistero di papa Francesco. Ma perché esso diventi credibile ed efficace, la Chiesa militante ha necessità urgente di cambiare. Ha bisogno di “Riforma”. Papa Francesco ha usato questo termine, storiograficamente assai pesante, nella sua corrispondenza con il Card. Reinhard Marx. La rivolta del cattolicesimo tedesco prelude ad una nuova “Riforma protestante”? Nessuno al momento può prevederlo.
La vicenda decisiva non pare comunque essere quella della pedofilia, benché oggi si presenti mediaticamente come la più rilevante, dato il suo lato tragico di lunga storia occultata di violenza. Ma non è tale da poter imprigionare il destino della Chiesa cattolica. L’occultamento è solo l’ultima traccia di un’ideologia medievale, per la quale ciascuna comunità giudica secondo il proprio Codice… “canonico”. Molte tragedie si sarebbero certamente evitate, se alla giustizia laica fosse stato dato il compito di indagare e di punire i delitti del Clero.
Ci sono, tuttavia, residui culturali ben più profondi, di cui la Chiesa cattolica deve liberarsi.
Il primo è l’idea della sottomissione naturale della donna all’uomo. Non l’ha inventata la Chiesa. Viene dal profondo dei millenni. E’ un distillato di cultura semitica, che il primo cristianesimo ha assorbito – i Dodici apostoli erano tutti maschi – e che la Chiesa continua a riproporre oggi. Metà umanità femminile continua ad essere tagliata fuori dall’accesso ai poteri interni della Gerarchia ecclesiastica cattolica. Sono fedeli di serie B.
Ora, la specie umana sta prendendo la direzione della liberazione della donna dal suprematismo maschile. Gli scenaristi prevedono che entro il 2100 il processo sarà completato. Vi si oppongono le grandi religioni, in particolare il Cattolicesimo e l’Islam. Fino ad oggi molte donne credenti hanno lottato per una parità di genere dentro la Gerarchia. Prima o poi si stuferanno e lotteranno con i piedi, allontanandosi del tutto.
Quanto al celibato dei preti, fu la XXIV sessione del Concilio di Trento a confermarlo e a renderlo vincolante, con motivazioni storico-teologiche, ma soprattutto organizzative: i preti come truppa scelta, a disposizione totale della Gerarchia. Il principio del celibato è rimasto, nonostante la sua violazione diffusa e crescente. Finché il filone delle “vocazioni” finirà per esaurirsi, come già accade in tutte le Diocesi italiane, per non parlare di quelle europee. Eppure, il prete non è un monaco e un monaco non è necessariamente un prete.
Se la Chiesa non innova coraggiosamente i propri parametri, se annaspa immobile, il senso religioso prenderà le strade dello spiritualismo della New Age – una specie di Welfare individuale dello spirito – o del fondamentalismo, che fa uso della religione per disputare sanguinose battaglie terrene. Molti laici e preti oggi sono abbandonati ad una sorta di malinconia dell’inutilità, orfani di vittorie squillanti e di sconfitte drammatiche, perché ormai rigettati ai margini del campo di battaglia. La prima riforma consiste nel ritrovare un campo di battaglia all’altezza del tempo storico presente.