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Massimo Rosati

Docente sociologia generale Università di Roma Tor Vergata

Italia modernamente devota (I)

Libri.

Il senso comune di una visione del mondo laica, secolare, progressista, tende a pensare le forme di devozione popolare – santuari, pellegrinaggi, reliquie – come l’espressione più evidente e incontrovertibile di un certo carattere regressivo, superstizioso e oscurantista della religione. Una “grande protesta contro la ragione”, il risultato di un “immenso bisogno di illusione e menzogna” che spinge una umanità minorenne a sperare nei miracoli, come Émile Zola magistralmente scriveva a proposito dello spettacolo di Lourdes. Eppure, come sempre, le cose sono più complesse, e interessanti, della riduzione operata dal senso comune.

È quanto ci mostra da ultimo il libro di Emma Fattorini, Italia devota. Religiosità e culti tra Otto e Novecento (Carocci 2012). Non solo perché attraverso l’analisi delle forme di devozione, storie di santificazione e creazione di santuari, il dipanarsi di relazioni spirituali tra uomini e donne e la trasformazione della natura dei pellegrinaggi ricostruisce in realtà la storia dell’Italia moderna, dal Risorgimento ad oggi, mostrando l’intreccio tra storia della modernità e forme di devozione popolare nel nostro paese; ma soprattutto perché, nel corso di questa analisi, ribalta alcuni assunti troppo spesso dati per scontati. Due, in particolare, mi interessa sottolineare.

In primo luogo, forme di devozione come quelle legate ai culti mariani, che la Fattorini segue con particolare attenzione, sono in realtà modernissime. Hanno un carattere globale, nel senso della ‘filiazione’ (si danno nei paesi occidentali come in Africa con le stesse modalità e caratteri), e nel senso della ‘contemporaneità’ delle apparizioni e del pellegrinaggio, la cui fisicità è oggi resa meno essenziale dagli strumenti informatici (p. 156). In generale, a rendere modernissime le forme di devozione popolare come i culti mariani è – non certo solo nella modernità contemporanea – il rapporto con i mezzi di trasporto come le ferrovie prima e gli strumenti informatici dopo. A guardar meglio, si nota come l’impatto di questi ultimi sulle forme di devozione produce una trasformazione in senso iper-moderno: la devozione popolare, quella forma di religiosità da sempre tenacemente resistente ad ogni processo di secolarizzazione, non ha più bisogno necessariamente dei grandi riti collettivi, dei pellegrinaggi di massa, delle cerimonie e liturgie nei santuari; le è sufficiente la comunicazione simultanea e de-localizzata resa possibile dagli strumenti informatici, che modificano in senso u-topico sia la comunicazione tra pellegrini che quella tra questi ultimi e il trascendente (insomma, come nel caso di Medjugorje, i messaggi della Madonna vengono diffusi urbi et orbi con regolarità mensile via internet). Questa trasformazione si accompagna ad un secondo elemento che rende modernissime le forme di devozione popolare contemporanea, ossia il passaggio dal miracolo fisico a quello psicologico (p. 168), la centralità delle guarigioni ‘morali’, la cura del Self e l’attenzione alla sua realizzazione, auto-stima, insomma il carattere psicologicamente terapeutico del miracolo iper-moderno. Tecnica e raffinata psicologia in luogo di natura, pacificazione dell’anima e tecnicizzazione dell’evento, questo mette a disposizione la devozione popolare contemporanea; conversione individuale e lavoro sulla propria interiorità in luogo di lavoro sul e nel mondo per trasformarlo, questo chiede la religiosità propria della devozione popolare contemporanea.

Un secondo luogo comune che il libro della Fattorini mette in questione riguarda i rapporti tra scienza e fede, e tra ragione pubblica e  fede. Ma su questo torneremo in un successivo post.

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