Libri.
Islam Without Extremes. A Muslim Case for Liberty, non è un libro di alta teologia, né di rivoluzionaria filosofia politica. Tuttavia, si tratta di un libro con un suo preciso valore, perché sistematizza le idee che stanno dietro il quotidiano lavoro di un influente columnist del giornale turco Hürriyet Daily News, Mustafa Akyol, che in quanto opinionista (con solido background politologico) contribuisce a dare forma e ingrossare uno dei mille rivoli dell’Islam liberale turco, e che di quell’Islam è, al tempo stesso, espressione. Quanto basta per rendere il libro sociologicamente interessante, da discutere certamente nei suoi contenuti ma anche da considerare come parte di un processo di consolidamento di una sfera pubblica islamica liberale.
Mustafa Akyol è un musulmano devoto, che per ragioni anche biografiche ha sperimentato la violenza dello stato secolare turco negli anni ottanta del secolo scorso. Nel suo lavoro come columnist, non cessa di criticare il carattere illiberale del kemalismo, vecchio e nuovo, passato e presente; ma come critico sociale interno spende le sue energie in favore della fortificazione di quelle correnti di pensiero islamico, dai mu’taziliti fino alla scuola teologica di Ankara (di cui Ali Bardakoğlu, ex Presidente del diyanet, è stato alto esponente), che pur rifiutando l’insostenibile idea secondo cui essere moderni può significare solo esserlo secondo storia e modalità occidentali, lavorano su quelle fonti ed esperienze storiche che parlano di libertà e pluralismo all’interno dell’Islam, senza censure nei confronti di fonti ed esperienze storiche che hanno allontanato l’Islam da quei valori. Islam Without Extremes perora la causa di un Islam che riconosca tre libertà fondamentali: la libertà dallo stato, la libertà di peccare, e la libertà dall’Islam. Riconsegnare la religione alla dimensione del sociale e di un politico pluralista, fuggendo tentazioni teocratiche; pensare la virtù religiosa come teologicamente sensata solo entro un orizzonte di libertà e non di costrizione; ammettere il diritto alla conversione, sono i tre compiti che costituiscono l’orizzonte di un Islam compiutamente liberale.
In questi giorni, in Turchia, la commissione incaricata di scrivere una bozza della nuova costituzione discute gli articoli sulla libertà religiosa, e soprattutto su questioni come l’educazione religiosa nel sistema scolastico si assiste alla contrapposizione tra fautori di un secolarismo à la franca e fautori di un secolarismo di stile più anglosassone, che per la Turchia repubblicana rappresenterebbe un significativo cambiamento. Dalle colonne dell’Hürriyet Daily News, Mustafa Akyol difende coerentemente la forza democratizzante del secondo rispetto al primo, tanto più nel contesto turco, da un lato, e la piena compatibilità tra secolarismo nel senso anglosassone dell’espressione e Islam, dall’altro. Negli stessi giorni, la guerra tra civiltà torna pericolosamente a incendiare il mondo, rivestendo di un mantello religioso interessi e scenari di natura politica ed economica. Nella misura in cui la religione viene usata per dare fuoco alle polveri, le idee sostenute in Islam Without Extremes suggeriscono tre riflessioni: la libertà di espressione è una faccenda seria, che non andrebbe confusa con la libertà di insultare religioni e culture, né tanto meno con la libertà di dare libero corso all’inintelligenza e irresponsabilità; la libertà di protesta, condanna e manifestazione non andrebbe confusa con ingiustificabili forme di violenza; esistono modi non violenti e civili per contrastare l’islamofobia, attraverso il boicottaggio e la mobilitazione argomentativa (Akyol richiama in proposito la sura 4: 140, che a fronte di gente incredula o che dei segni di Dio si fa gran risate, dice ‘non andatevi a seder vicino a loro’). Mi accomodo vicino a Mustafa Akyol, e sposto la mia sedia ben lontana da chi insulta la religione altrui, da chi scambia la libertà di espressione con quella di offesa gratuita, così come da chi scambia l’idiozia di alcuni e l’islamofobia di troppi con l’atteggiamento di interi paesi e governi, e cade ancora una volta nella trappola della violenza.