IL SOTTOSCRITTO

Gianni Bonina

Giornalista e scrittore. Vive a Modica. Ha pubblicato saggi di critica letteraria, romanzi, inchieste giornalistiche e reportage. È anche autore teatrale. Ha un blog all'indirizzo giannibonina.blogspot.com

Il giornalismo pessimo di Mentana

Come un prete non può tenere fuori dalla chiesa un ateo nel timore che propali empietà, né un maestro di scuola espellere un alunno ribelle perché capace di sobillare la classe, neppure un giornalista può decidere cosa pubblicare o mandare in onda, sindacando le intenzioni dei soggetti di cronaca e non limitandosi al solo oggetto di essa. Enrico Mentana lo ha fatto e per giunta mostrandosi fiero di sé. In un’intervista a Repubblica ha detto che nei suoi telegiornali non ospiterebbe un No-Vax, così come non darebbe voce a terrapiattisti e negazionisti dell’Olocausto o della mafia. Lo fece una volta, ospitando Di Bella, il teorico del nuovo siero anticancro, senonché ora dice che non lo farebbe più, ma ammettendo che la trasmissione fu un successo, cosa che avrebbe dovuto bastargli giacché in televisione anche un telegiornale diventa spettacolo. Mentana si è così rivelato un conduttore televisivo alla Barbara D’Urso, libera di ospitare chi vuole, e si è smentito come giornalista.
Obbligo imperativo del giornalista è infatti di dare notizia di fatti avvenuti (semmai commentandoli in articoli ben distinti anche graficamente) e non di quei fatti che più gli garbino e rispondano alla sua visione delle cose. A un giornalista non spetta alcun sindacato di merito circa le notizie, se non quello formale quanto alla disposizione di esse in una pagina o in una scaletta. Mentana, dall’alto della sua supponenza, ha violato, solo dichiarandone l’inapplicazione, un principio fondativo del giornalismo, dacché la libertà di stampa non va intesa come licenza a cestinare ed enfatizzare ma giustappunto come propugnacolo contro ogni censura. Dividendo, secondo un suo personalissimo criterio, i soggetti di cronaca in buoni e cattivi, Mentana si è eretto a censore, per modo che ha svilito proprio quell’idea di libertà di stampa che più volte ha egli stesso sbandierato a gran voce nelle sue intemerate televisive.
Dovrebbe ricordare il Mentana che posa la mattina a progressista e la sera a reazionario quando, durante il rapimento Moro, i giornali – invitati dalla maggioranza governativa a “staccare la spina” alle Brigate rosse non divulgandone più i comunicati – si rifiutarono di ignorare i proclami terroristici sostenendo il criterio base di un mestiere che non è discrezionale: l’obbligo cioè di ascoltare anche le ragioni del lupo. Se quella volta i giornali si fossero piegati alle pressioni politiche sarebbero diventati essi stessi un partito, parte di un confronto nel quale il loro compito era piuttosto di rivelare solo quanto succedesse.
Alla stessa maniera, se i cineoperatori e i fotografi russi e americani non avessero filmato e ripreso gli internati del lager nazisti, le cataste di cadaveri ischeletriti e gli orrori dei campi di concentramento (come è stato più volte rimproverato), non solo sarebbero mancate le prove dell’Olocausto ma non si sarebbe mai avuta la stessa consapevolezza su fatti ancora oggi oggetto di negazionismo.
Le ragioni del lupo, cioè dei No-vax, deliranti e infondate quanto si voglia – e certamente lo sono – non possono essere taciute perché considerate unilateralmente false e dannose. Non potrebbero esserlo nemmeno se a volerlo fosse la maggioranza. In base a tale criterio, fondato sulla coscienza personale, potrebbero essere viste come tali anche le ragioni dei sacerdoti, se si pensa che indottrinino e plagino i fedeli, come pure quelle degli omosessuali, se viste di cattivo esempio per i giovani. Dice John Stuart Mill – e sarebbe bene che Mentana ne prendesse nota: “Se tutti gli uomini, meno uno, avessero la stessa opinione, non avrebbero il diritto di far tacere quell’unico individuo più di quanto ne abbia lui di far tacere, avendone il potere, l’intera umanità”. A maggior ragione oggi. In tempi di fake news e post-verità (di cui si valgono nei loro siti anche i maggiori quotidiani che nei titoli non danno notizie ma promettono rivelazioni sensazionali solo accedendo ma così facendo aumentare le visualizzazioni), Mentana si preoccupa di soffocare proprio quelle che meritano più attenzione nell’opportunità di analizzare la portata di un fenomeno estremamente delicato e giornalisticamente suggestivo. E fa specie che debba essere il giornalista televisivo più fazioso della ribalta, Corrado Formigli, peraltro della 7 come Mentana, a difendere il dovere del giornalista di dare voce a chiunque, altrimenti, a dare ascolto a Mentana, Saviano non avrebbe dovuto intervistare capi della Camorra e Bruno Vespa non avrebbe dovuto fare parlare il figlio di Riina, non rendendosi conto che quelle interviste sono documenti storici, un po’ come lo sono le piazzate dei No-Vax e le loro farneticazioni. Se la voce che destabilizza va zittita, perché anche il telegiornale di Mentana ha dato notizia del sacerdote ortodosso che dà dell’eretico al Papa? Per un credente può esserci atto sacrilego più grave di questo?
Fa nondimeno preoccupare alquanto che questo “grande giornalista” tenga anche corsi di aggiornamento a colleghi, molti dei quali giovani, che davvero rischiano di credere che sia sbagliato raccogliere la voce dei lupi, così avviandosi lungo la strada che i dittatori amano moltissimo vedere fare ai giornalisti: quella della preferenza della versione ufficiale e maggioritaria. Mentana ha posto un problema che non doveva nemmeno essere pensato proprio da un giornalista. Un problema che è in realtà del suo editore. Al quale spetta valutare se una minoranza di italiani con la febbre alta debba avere o meno accesso nel telegiornale che lui finanzia e di cui risponde per primo. Certamente il prode e fiero Mentana dovrebbe chiedersi se anche Repubblica ha sbagliato dando voce a chi come lui può essere considerato un predicatore di eresie contro la regola – per fortuna maggioritaria e osservata – del buon giornalismo.

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