Idlib, la mattanza dei bambini e gli “scrivani” europei. La realtà e le parole. Un’altra, terribile strage di bambini in Siria. Almeno 7 piccoli sono rimasti uccisi mentre si trovavano in una scuola a Maarrat Misrin, città della provincia di Idlib, da mesi obiettivo dell’offensiva dell’esercito governativo. Secondo quanto riportano fonti locali, nel complesso scolastico avevano trovato rifugio le famiglie di sfollati a causa dell’escalation di violenza che ha colpito la Siria nord-occidentale. Sono 11 le vittime nell’attacco a Maarrat Misrin. Moltissimi i feriti, oltre un’ottantina, soprattutto tra i bambini. Ieri, 25 febbraio, i bombardamenti su diverse città della provincia di Idlib hanno causato 21 morti, tra cui tre insegnanti. La scuola di Maarrat Misrin non è stata l’unica ad essere colpita. Save the Children parla di 10 scuole attaccate ieri. “Sono dieci le scuole bombardate a Idlib in un solo giorno”, denuncia l’organizzazione umanitaria. “Il bilancio delle vittime è tragico e temiamo sia destinato a peggiorare: una bambina è rimasta uccisa insieme ad almeno altre 9 persone, di cui tre insegnanti”. Secondo Hurras Network, il partner di Save the Children sul campo, alcune delle scuole colpite erano in funzione, altre erano in pausa per un giorno e altre ancora venivano utilizzate come rifugi. Dall’inizio del 2020, sono già 22 le scuole bombardate, di cui quasi la metà in questa giornata”, denuncia Save the Children. “In questa fase caratterizzata dall’escalation del conflitto, si tratta del più alto numero di edifici scolastici colpiti in un solo giorno a Idlib, almeno dall’inizio del 2019.
Appena oltre una finestra di una classe e sul patio interno di una delle scuole colpite ci sono ancora i resti dei missili impiegati nell’attacco. E i proiettili sembrano i gusci delle bombe a grappolo, il cui uso è stato messo al bando dalle Nazioni Unite con una convenzione in vigore dal 2010. Filippo Ungaro, direttore della comunicazione di Save the Children Italia, ha condannato l’attacco alle scuole della provincia di Idlib. “Ben 10 scuole sono state colpite da un intenso bombardamento nell’area – ha detto Ungaro in un video – e purtroppo 10 persone, 10 civili, 10 innocenti, tra cui insegnanti e un bambino sono rimasti uccisi”. È inaudito e inaccettabile che le scuole e gli ospedali continuino ad essere colpiti – la posizione di Save the Children – è necessario fermare questa guerra che dura da quasi 9 anni. È ora di dire basta alla guerra sui bambini”. Vogliamo ricordare a tutti che le scuole devono essere luoghi sicuri in cui i bambini imparano e giocano, anche in una zona di conflitto. Prendere di mira scuole e asili è un crimine di guerra”, ha scritto Amnesty international. Dura anche Medici senza Frontiere che non ha esitato a definire “vergognoso” l’attacco di ieri. “Le prime segnalazioni dagli ospedali supportati da MSF riportano più di 80 feriti e più di 25 morti. Stiamo verificando ulteriori dettagli”.
Questa è la realtà. Dura, agghiacciante. Un inferno in terra. E poi ci sono le parole. Che i venti di guerra disperdono in un attimo
“A Idlib si sta verificando un nuovo disastro umanitario, uno dei peggiori della crisi siriana che, in quasi un decennio, ha fatto contare innumerevoli disastri simili. Il regime siriano continua nella sua strategia di riconquista militare del paese ad ogni costo, indipendentemente dalle conseguenze per i civili siriani”. E’ quanto scrivono in una lettera al quotidiano La Stampa 14 ministri degli Esteri europei: Luigi di Maio (Italia), Jean-Yves Le Drian (Francia), Heiko Maas (Germania), Stephanus Blok (Paesi Bassi), Arancha Gonzalez Laya (Spagna), Augusto Ernesto Santos Silva (Portogallo), Philippe Goffin (Belgio), Urmas Reinsalu (Estonia), Jacek Czaputowicz (Polonia), Linas Linkevicius (Lituania), Ann Linde (Svezia), Jeppe Kofod (Danimarca), Pekka Haavisto (Finlandia), Simon Coveney (Irlanda).”Da dicembre”, scrivono i ministri, “le operazioni condotte nel nord-ovest sono aumentate di intensità, con il supporto degli aerei russi. Gli incessanti attacchi aerei e il lancio di «barili bomba» hanno costretto quasi un milione di siriani a fuggire in poche settimane. Le strutture di accoglienza sono ormai sature. Centinaia di migliaia di persone – soprattutto donne e bambini – cercano rifugio nei campi improvvisati dove patiscono freddo, fame ed epidemie”.
“In violazione del diritto internazionale umanitario”, si legge ancora, “gli attacchi aerei hanno deliberatamente preso di mira ospedali e strutture sanitarie – 79 sono stati costretti a chiudere – scuole e rifugi. In totale, 298 civili sono stati uccisi a Idlib dal 1° gennaio, secondo i dati forniti dall’UNHCHR”.”È chiarissimo per noi che sono presenti gruppi radicali in Idlib”, insistono i 14 ministri. “Non prenderemmo mai alla leggera il terrorismo. Stiamo combattendo il terrorismo con determinazione e siamo in prima linea nella lotta contro Daesh. Ma la lotta al terrorismo non può e non deve giustificare massicce violazioni del diritto internazionale umanitario, a cui assistiamo ogni giorno nella Siria nord-occidentale”. “Le Nazioni Unite hanno avvertito del rischio di una crisi umanitaria senza precedenti se l’attuale offensiva dovesse continuare. Chiediamo al regime siriano e ai suoi sostenitori di porre fine a questa offensiva e di riprendere il cessate il fuoco stabilito nell’autunno 2018”, aggiungono. “Chiediamo loro di porre immediatamente fine alle ostilità e di onorare i loro obblighi ai sensi del diritto umanitario internazionale, compresa la protezione degli operatori umanitari e del personale medico, che hanno perso la vita a causa del loro impegno in favore della popolazione civile di Idlib. Chiediamo inoltre alla Russia di proseguire i negoziati con la Turchia al fine di attenuare la terribile situazione in Idlib e contribuire a una soluzione politica”.”Al di là dell’urgenza di una tregua a Idlib”, si legge ancora, “chiediamo alla Russia di non bloccare, nei prossimi mesi, il rinnovo da parte del Consiglio di Sicurezza del meccanismo che consente il trasporto di aiuti umanitari transfrontalieri di cui c’è disperato bisogno nella Siria nord-occidentale”.
La lettera va avanti ancora con considerazioni condivisibili ma che portano con sé domande ineludibili: dove era l’Europa nei nove anni che hanno distrutto un Paese, trasformato il popolo siriano in una moltitudine di profughi? Ed ancora: dov’era l’Europa quando le armate di Erdogan invadevano il Nord della Siria per annientare le milizie curde siriane, porre fine all’esperienza democratica nel Rajova e avviare una pulizia etnica che prosegue senza soluzione di continuità? Silente o complice, questa è la realtà dei fatti.I buoni propositi non fermano la mattanza di bambini, tanto più che tra i carnefici vi sono attori esterni impegnati direttamente, o per procura, nella guerra in Siria. Tra questi, la Russia.
Ai 14 ministri degli Esteri dell’Unione, risponde, indirettamente, il ministro degli esteri russo, Sergei Lavrov, respingendo le richieste di cessate-il-fuoco a Idlib. Davanti al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite riunito ieri a Ginevra, il capo della diplomazia russa rha detto che in questo momento una tregua equivarrebbe “ad una resa davanti ai terroristi”. Il principale alleato del presidente siriano Bashar al-Assad ha aggiunto: “[Un cessate-il-fuoco] sarebbe considerato persino un premio ai terroristi per le loro violazioni dei trattati internazionali e di numerose risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu”. Lavrov, inoltre, ha accusato alcuni governi “di giustificare atti oltraggiosi commessi da gruppi radicali e terroristici”. “Altrimenti non si spiegherebbero gli inviti ad intavolare accordi di pace con i criminali”. Sul fronte diplomatico, il prossimo 5 marzo è previsto un vertice tra Turchia, Russia Francia e Germania per discutere della situazione in Siria.
E un “no” alla tregua umanitaria viene anche dal “Sultano” di Ankara. “A Idlib non faremo il minimo passo indietro. Faremo arretrare il regime siriano dietro i limiti definiti” della zona di de-escalation negli accordi con la Russia “e permetteremo il ritorno dei civili nelle proprie case”. Lo ha detto il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, in un discorso al gruppo parlamentare del suo Akp. “La nostra principale difficoltà attualmente consiste nel non poter utilizzare lo spazio aereo, ma troveremo una soluzione rapidamente”, ha aggiunto. Oggi una delegazione di Mosca è in Turchia per nuovi colloqui in vista di un incontro bilaterale tra Erdogan e Vladimir Putin, che potrebbe svolgersi la prossima settimana.
Intensi scontri armati sono nel frattempo in corso nella Siria nord-occidentale tra forze governative sostenute dalla Russia e milizie anti-regime appoggiate dalla Turchia. Lo riferiscono fonti sul terreno, secondo cui proseguono i raid aerei di Mosca e Damasco contro le zone ancora controllate da combattenti delle opposizioni armate a sud e a est di Idlib. In questa guerra senza fine, la situazione dei civili è sempre più drammatica. Sono oltre 930mila gli sfollati nelle province di Idlib e Aleppo.
L’Onu ha avvertito che i combattimenti si stanno avvicinando “pericolosamente” ai loro campi, rischiando un “bagno di sangue”. L’Alto Commissario dell’Onu per i rifugiati, Filippo Grandi si è detto inorridito delle condizioni in cui sopravvivono questi poveri sfollati molti dei quali accampati all’aperto nella neve e nel freddo gelido. “Non devono essere migliaia di persone – ha ammonito Grandi – a pagare il prezzo delle divisioni della comunità internazionale, la cui incapacità di trovare soluzioni a questa crisi costituirà una macchia indelebile sulla coscienza di tutti”.
“Le organizzazioni umanitarie – ha aggiunto Grandi – stanno cercando di assicurare assistenza alla popolazione in tutti i modi possibili” e “i partner locali sul campo stanno facendo tutto il possibile per continuare a garantire supporto psicosociale, consulenza legale e assistenza” ma “in molti casi – denuncia – sono loro stessi vittime dei disordini in corso”.
E, come ha ricordato Unicef, più di mezzo milione sono bambini, vittime innocenti di una guerra che si trascina ormai da quasi 9 anni. Gli “scriba” europei non si mondano delle proprie responsabilità vergando lettere o appelli. In una Norimberga siriana, c’è posto anche per loro