Il tragico caso di George Floyd, l’afroamericano soffocato fino a morire a Minneapolis, è ancora abbastanza presente. Il suo specifico sta in quel terribile filmato che ci ha fatto vedere cosa è successo.
Il Caesar Act è una legislazione americana che dopo SETTE ANNI recepisce il valore impressionante delle fotografie scattate da un umile fotografo forense, nome in codice CAESAR, che era incaricato dal regime siriano di documentare la morte. Lui doveva fare quello per lavoro; fotografare tutte le vittime del regime per il loro immenso database, nella zona dove lavorava. Un giorno Caesar non ce la fece, prese i negativi e scappò. Da allora vive sotto protezione, ho sentito dire in uno scantinato, sotto strettissime misure di sicurezza.
Le foto di Caesar, migliaia, hanno tutte un cartellino, un numero vicino alla vittima e ben visibile. In alcuni casi si vedono anche le scarpe di cuoio dell’agente che accompagnava Caesar nel suo lavoro. I milioni di documenti che esistono in alcuni database sui crimini siriani e trafugati dalla Siria confermano l’ossessiva paranoia di quel regime di documentare tutto. E la nostra paranoia a non leggerli.
I George Floyd torturati e uccisi in Siria e ritratti in condizioni disumane da Caesar sono migliaia ma ci sono voluti sette anni perché entrasse in vigore il Caesar Act. Tantissime famiglie che non avevano più notizie dei loro cari li hanno ritrovati in quelle fotografie. Furono esposte al Palazzo di Vetro dell’ONU, al Museo dell’Olocausto di Washington, al Parlamento Europeo. Ma per sette anni nessuna conseguenza politica, legislativa.
Quelle foto grazie a un gruppetto molto approssimativo sono state esposte anche in Italia. Quando capimmo che nulla accadeva , tra il finire del 2015 e l’inizio del 2016, decidemmo. A ottobre l’esposizione di una selezione di quelle fotografie ebbe luogo a Roma. Le portai a stampare la mattina della presentazione, in una tipografia sotto la sede della FNSI: ancora ricordo lo sguardo sconvolto dell’impiegato del centro di sviluppo e stampa che le stampò. Ma ci vollero mesi per trovare la sede dove esporle. Non alla Camera né al Senato. Non risultò possibile. Così tassandoci riuscimmo a portarle al Maxxi. Chi? La Federazione Nazionale della Stampa Italiana, l’Unione delle Università del Mediterraneo, Amnesty International Italia, La Federazione degli Organismi Cristiani di Volontari, Focsiv. Anche altri ci aiutarono molto. L’allora presidente della Commissione Bicamerale per i Diritti Umani, il senatore Luigi Manconi ci fu accanto dall’inizio, per tutto quel che gli fu possibile. Come il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, professor Andrea Riccardi. Non notato dalla politica italiana venne a Roma appositamente per l’apertura della mostra l’ambasciatore at large dell’amministrazione Obama per i diritti umani. La politica ignorò l’iniziativa e l’evento, esclusi Luigi Manconi e gli onorevoli Fabrizio Cicchitto e Pierferdinando Casini. Qualcuno, molto simpaticamente, scrisse su un giornale a tiratura nazionale che eravamo pagati dal Qatar. E altri simpaticoni, questa volta di Forza Nuova, fecero irruzione al Maxxi.
Non è bello ricordare solo alcuni di tanti che non ci aiutarono, ritenendo che migliaia di torturati in Siria non meritassero attenzione. E’ bello ricordare chi decise di portare la mostra in Italia, sanando una ferita alla nostra coscienza antinazista. Dunque il professor Franco Rizzi di Unimed, il presidente della Focsiv Gianfranco Cattai, Giuseppe Giulietti e Raffaele Lorusso della FNSI, tutto il gruppo dirigente di Amnesty International e Riccardo Noury in particolare. Poi il Festival dei Diritti Umani la volle a Milano e tanti altri in varie città italiane. Eppure devo riconoscere che se Camera e Senato non ci avessero detto “no grazie” mi avrebbe piacere. Da italiano, sia chiaro.
Questo racconto aiuterà qualcuno a capire quanto prezioso sia stato per Assad il lavoro dell’ISIS e quanti danni abbiano prodotto a ciascuno di noi l’ideologia dello scontro di civiltà. Tanto che oggi non leggo articoli su cosa significhi per un popolo vedere migliaia di suoi figli trucidati in quel modo nelle segrete di Stato, leggo invece appelli strampalati per togliere sanzioni arrivate SOLTANTO SETTE ANNI DOPO e comunque mirate contro i principali aguzzini e le loro società, quasi tutte finalizzate a costruire piscine o campi da golf sulle fosse comuni siriane. Per cancellare per sempre la storia. Quel che non deve accadere.