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Massimo Rosati

Docente sociologia generale Università di Roma Tor Vergata

I 10 punti della Carta di Milano 2013. Verso una città postsecolare?

Fatti.

Quindici giorni fa, Il Forum delle Religioni di Milano ha presentato i risultati del lavoro condotto dai rappresentati di 24 comunità religiose, raccolte in cinque aree (ebraica, cristiana, buddista, induista e islamica), intorno ai rapporti tra comunità religiose, istituzioni pubbliche e società civile. Il documento che li raccoglie, la Carta di Milano 2013, si propone come un contributo di grande spessore non solo alla riflessione, ma anche per la sua reiterazione in esperienze ulteriori. Sinteticamente, e con libera ma nello sostanza fedele riformulazione, ecco i 10 punti:

1)      La pluralità di fedi e culti rappresenta, nella polis contemporanea, un fatto e un valore

2)      Le comunità religiose debbono svolgere le loro attività nel rispetto della Costituzione italiana

3)      Ciascuna comunità religiosa è chiamata a ‘prendere positivamente atto’ della cultura e della storia del tessuto sociale del paese in cui opera, impegnandosi così in un processo di trasformazione e adattamento che, al tempo stesso, non significa però rinuncia ai propri simboli e tradizioni, non implica cioè assimilazione o ‘formattazione’ rispetto al contesto e alle sue culture maggioritarie

4)      Le comunità di fede consapevoli dell’importanza della cultura religiosa per lo sviluppo della personalità umana, auspicano che il valore della libertà religiosa sia sempre coniugato con i princìpi di solidarietà, responsabilità e partecipazione “che la Costituzione Italiana pone a fondamento dello sviluppo della persona umana”

5)      Nella polis contemporanea è essenziale una corretta e capillare informazione sulle diverse tradizioni religiose; il ruolo dei mass media e delle scuole è, a riguardo, della massima importanza per superare la logica dello scontro e del pregiudizio

6)      Le istituzioni civili devono garantire, a partire dal piano giuridico, l’eguale libertà delle diverse confessioni

7)      È buona prassi l’istituzione di consulte interreligiose locali volte a favorire il dialogo interreligioso e quello con le istituzioni e la società civile in generale

8)      Tutte le comunità devono poter disporre di propri luoghi di culto, nel rispetto di generali princìpi di sicurezza dei fedeli e degli abitanti delle zone circostanti, princìpi non interpretabili in senso discriminatorio

9)      Nelle scuole, nelle carceri, negli ospedali, negli uffici, la laicità deve essere interpretata in modo da non escludere le differenze religiose e da accogliere il pluralismo delle fedi e delle pratiche

10)  Vanno promosse iniziative di divulgazione sui temi della libertà di coscienza, religione, convinzioni, nonché “l’istituzione in sede civile di una giornata nazionale o locale dedicata alla celebrazione della libertà religiosa e di opinione”.

A quest’ultimo punto molti obietteranno che il nostro calendario civile è già punteggiata da troppe giornate ‘ritualisticamente’ dedicate ora a questo ora a quello. Ma, al di là di questo, la Carta mi sembra poggiare sui seguenti punti forti, sviluppati soprattutto negli spunti di riflessione che seguono i 10 punti:

1)      Essa vuole vincolare e contribuire ad educare tutti, comunità religiose, istituzioni pubbliche e società civile, ad una visione pluralista della polis contemporanea, sottolineando il pluralismo interno alle singole tradizioni religiose (anche contro le resistenze di alcune componenti di alcune di esse), la fine dei monopoli religiosi (anche contro le resistenze di alcune componenti della religione di maggioranza), e la necessità di processi di mutua trasformazione e adattamento o, come preferisco dire per stare al quadro postsecolare in cui la Carta mi sembra implicitamente porsi, apprendimento reciproco;

2)      Essa vuole vincolare e contribuire ad educare le comunità religiose ad uno sforzo di traduzione delle rispettive visioni del mondo, dei rispettivi principi etici e delle rispettive pretese di verità in forme argomentative comprensibili anche a chi di quelle comunità non fa parte, in forme compatibili con la ragion pubblica, nonché ad una sempre maggiore empatia con i valori della Carta Costituzionale Italiana, ritenuta evidentemente abbastanza accogliente e sensibile nei confronti del pluralismo odierno, anche religioso, benché nata in un quadro socio-religioso almeno in parte differente;

3)      Essa vuole vincolare e contribuire ad educare le istituzioni pubbliche ad una visione pluralista della laicità, una visione che mi sembra abbastanza coerente con la concezione della laicità pluralista discussa in questo blog due settimane fa https://www.reset.it/blog/la-laicita-liberal-pluralista-di-maclure-e-taylor

4)      Essa vuole vincolare e contribuire ad educare tutti, comunità religiose, istituzioni pubbliche e società civile, ad un vocabolario delle virtù civiche che pensa le religioni come una delle componenti di una solidarietà tra diversi.

Su tutti questi punti, la Carta è un documento estremamente ‘avanzato’, da cui muovere per ulteriori riflessioni e per una estensione dell’esperimento di Milano ad altre realtà nazionali. Non mancano dubbi su singoli aspetti, come ad esempio sull’obbligo di traduzione nel vocabolario della ragion pubblica delle visioni interne alle concezioni religiose, sulla genericità del modo in cui è ‘risolto’ il problema del rapporto tra pretese di verità delle singole religioni e libertà, sui limiti fissati all’uso di simboli religiosi da parte di rappresentanti delle istituzioni, o sulle modalità di organizzazione della presenza delle religioni nella scuola; ma si tratta di questioni che andrebbero discusse in modo più approfondito di quanto la Carta e i successivi spunti di riflessione probabilmente non consentissero. Rimane il fatto che il punto partenza messo a disposizione dal Forum delle Religioni di Milano rappresenta forse quanto di meglio al momento ci sia in Italia. C’è da augurarsi che il Comune sappia fare la sua parte per tradurre i 10 punti in politiche coerenti, e che comunità, società civile e istituzioni milanesi sappiano dare un esempio importante al resto del paese.

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