Dicembre 2010. In un piccolo centro tunisino il venditore ambulante Mohammad Bouazizi viene fermato dalla polizia municipale. Non ha la licenza per svolgere quel “lavoretto” e così, nonostante le sue suppliche, la sua merce viene confiscata, la sua bancarella buttata all’aria. Lui non sa più come fare; e non capisce perché con tutti i problemi che ci sono le autorità tunisine si occupino di lui e della sua bancarella. Così, disperato, decide di darsi fuoco.
Chi conosceva Mohammad Bouazizi? Giusto i suoi parenti, qualche amico. Nessun altro. Eppure il suo grido ha incendiato il mondo arabo. Dalla sua scelta è partito un movimento che da Tunisi è arrivato in Iraq, passando per tutte le capitale arabe.
E’ stato usato Mohammad Bouazizi? Credo di sì. Al Jazeera, ad esempio, può aver strumentalizzato la sua storia quando si è trattato di destabilizzare governanti che l’emittente qatarina non amava? Può essere, perché no. Ma queste considerazioni non tolgono nulla al popolo di Mohammad Bouazizi, cioè a quei milioni di arabi che dal giorno della sua morte hanno invaso come un’onda tutte le grande piazze arabe chiedendo libertà, democrazia. Cioè chiedendo di vivere, di poter vivere. Era fatto soprattutto da giovani, e donne, il popolo di Mohammad Bouazizi, quello che cantava “il popolo vuole la caduta del regime”.
Il distacco, il pregiudizio e la sfiducia con cui molti governanti, e molti intellettuali, hanno guardato a quel popolo hanno fatto in modo che lo guardassimo con ostilità. “Finirete in mano ai fondamentalisti, anzi, siete fondamentalisti!” E’ andata così, ma non perché fosse vero, i fondamentalisti erano assenti da quelle piazze, ostili a quel popolo. E’ andata così perché era preferibile, più comodo per tutti che andasse così.
La storia del popolo di Mohammad Bouazizi mi ricorda la storia del popolo di Greta. Lei chi la conosceva prima che diventasse un simbolo? I suoi familiari, qualche compagno di scuola. Una volta diventata un simbolo è stata usata? Può essere, perché no. Può essere usata, tanto per fare un esempio paradossale, dalle lobby del disinquinamento. Esisteranno anche quelle, no? Chi fabbrica batteria elettriche avrà interesse a che si affermi un movimento come quello di Greta, o no? Ma il popolo di Greta non ci parla delle batterie elettriche! Come il popolo di Mohammad Bouazizi ci parla del suo desiderio di vivere, libero. Ognuno vede la libertà nell’oppressione che gli impedisce di esserlo.
Guardo dunque con simpatia al popolo di Greta, più che a lei, sapendo perfettamente che i fondamentalisti possono impossessarsi della sua battaglia. E’ successo anche al popolo di Mohammad Bouazizi, ma proprio questa lezione dovrebbe insegnarci qualcosa. Non quella della diffidenza, del pregiudizio, della condanna, ma della comprensione.
E cosa c’è da capire? C’è molto da capire. L’ ecologia non è questione che si misura con i decibel dell’aria: troppe particelle di sol, troppo poche di la. No, l’ecologia è una questione che riguarda la nostra libertà di credere nel futuro, o di tornare a credere nel futuro, come voleva fare il popolo di Mohammad Bouazizi. Possibile credere nel futuro con Assad, Gheddafi, Mubarak, Ben Ali, Saleh, i sauditi e così via? Impossibile. Impossibile anche credere nel futuro per il popolo di Greta che sente il termometro salire sopra i 40, i 50 gradi, che vede i ghiacciai sfarinarsi, il mare salire. Può credere nel futuro?
Un grande autore del secolo scorso, Zweig, disse che il grande cambiamento a cui aveva assistito era proprio questo: a differenza della generazione dei suoi genitori la sua credeva più nel futuro.
I genitori di persone come me, della mia età intendo dire, hanno creduto nel futuro. Oggi molti miei coetanei non lo vogliono riconoscere. E negano ai giovani il diritto di credere nel futuro perché loro hanno creduto nelle ideologie, e anche i nostri figli dovrebbero credere nelle ideologie. Dovrebbero condannare gli americani, per esempio, mentre l’inquinamento cinese fa bene, perché è antagonista, ad esempio. Ecco, il popolo di Greta ha scelto una strada: se non vogliamo consegnare anche questa ai fondamentalisti impegniamoci a dargli la visione plurale. Tutto sommato l’ecologia o recupera le diverse culture, le diverse visioni del mondo, o è impossibile. Per questo se potessi dare un consiglio al popolo di Greta è questo: seguite l’imminente sinodo sull’Amazzonia per farvi un’idea di cosa l’ecologia integrale, non integralista. I vostri critici seguiteranno a non capirci, ma voi farete un passo decisivo per credere insieme in un altro futuro.