Cosa hanno a che fare gli agnostici con un’enciclica? Sempre qualcosa, direi, visto che se sono agnostici non escludono. Ma questa volta c’è qualcosa di più, anche se dell’enciclica che arriverà domenica ad oggi conosciamo solo il titolo, “Fratelli tutti”. E proprio in questo titolo c’è un interesse maggiore per chi si sente solo agnostico, cioè uno che non sa. E in quel “Fratelli tutti” indubbiamente c’è posto anche per gli agnostici, altrimenti il tutti cadrebbe. Ma non basta questo. Tutti sappiamo bene che dal 1789 si parla di “libertà, uguaglianza, fratellanza”. Non mi stupisce pertanto che la Dichiarazione sui diritti umani di quell’anno sia scritta al cospetto dell’Essere Supremo. Chi crede in Dio non crede che sia il Creatore del cielo e della terra? Dunque il dialogo non solo è necessario, ma è facilitato dalla comune certezza: siamo tutti fratelli. Essere fratelli però richiede un padre comune. Lo possiamo ritrovare nel Dio monoteista, nel Deus sive natura di Spinoza, nell’Essere Supremo della dichiarazione parigina. Questo conta ovviamente, ma qui conta poco, l’importante è riconoscere il punto comune. Riconoscendolo gli “agnostici di quasi ogni tipo” possono procedere rispetto al semplice e un po’ triste definirsi in virtù di quest’alfa privativo, e riconoscersi convinti che comunque “siamo tutti fratelli” per un qualcosa che è all’origine della vita. Gli agnostici non sanno più di questo, ma sanno che è questo a unirli a nostri fratelli monoteisti, come a tutti gli altri. Ma c’è un’altra cosa, strettamente connessa, che li unisce ai loro fratelli cattolici che sanno leggere, quello che ha scritto Francesco nella solenne documento che ha redatto con il suo amico Ahmad Tayyeb, Imam del’Università islamica di al-Azhar: “ La libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi. Per questo si condanna il fatto di costringere la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura, come pure di imporre uno stile di civiltà che gli altri non accettano.”
Non credo abbia senso attaccarsi a quel “volontà divina” per cercare un distinguo… Questo Dio pluralista non è incompatibile con quel principio di tutte le cose di cui parlavamo poc’anzi: non impone, non ritiene che alcuni siano parte di una falsa umanità, come tutti coloro che non professano La Vera Fede. Essere pluralisti non vuol dire non avere certezze, vuol dire non dare la caccia alle streghe, agli eretici, ai miscredenti. E qui possiamo pensare a noi stessi, cioè al nostro concreto e recente passato. Non sono stati così anche molti non credenti? Tanti che hanno creduto nelle utopie del futuro, quelle del sol dell’avvenire o, più prosaicamente, del “quando saremo vicino a te, noi ti daremo un’altra legge e un altro Re”, non hanno creduto che chi non credeva nella vera fede, cioè nella vera ideologia, fosse parte di una falsa umanità? Come i fondamentalisti dei monoteismi anche i credenti nelle utopie del futuro erano facilmente dei fondamentalisti, no? I fondamentalisti, tutti, credono che tutti gli altri credano in false credenze, e quindi siano parte di una falsa umanità. Il grande tormento del Novecento è stato questo.
Ora che arriva un’enciclica che si intitola “Fratelli tutti” proprio gli agnostici potrebbero trovarsi costretti a dover aprire bene le orecchie. Se Dio è sempre stato pluralista, allora vuol dire che alcuni grandi scontri, come quello tra fede e “sinistra”, sono stati scontri tra gerarchie ecclesiastiche che rivendicano l’esclusiva rappresentanza di Dio. E qualcosa di questo non c’è anche nel Voltaire che diceva “tutto per il popolo, niente con il popolo”? Allora tante storie vanno capite diversamente e tutti i fondamentalismi sono invitati ad andare finalmente in soffitta. In queste storie c’è anche la storia che molti, qui da noi, chiamano “cristianità” e altrove “Repubblica islamica”, o “Stato che ha nel Corano la sua costituzione”. Ma anche quelle dell’ateismo di Stato, o dei sistemi a partito unico.
Ma questo Dio che è sempre esistito sulla carta ma del quale poi nei fatti poco si è parlato cosa direbbe a chi non sapendo si sente un “secolarizzato”? Forse che invece che pensando solo alle utopie del passato, che vanno rispettate, o credendo ancora nelle utopie del futuro, che magari hanno convinto ma che abbiamo capito portarci a ogni eccesso, (come sempre accade quando si crede che solo l’omelette possa nutrire l’uomo: se fosse così ci potrebbe essere un problema con le uova da rompere?) è possibile vivere in un altro modo. Quale? Leggere l’enciclica che verrà, da agnostici, potrebbe aiutare a impegnarsi per quella che forse si potrebbe chiamare l’utopia del presente, un’utopia da vivere non pensando al sol dell’avvenire, ma al sole di oggi, quello che illumina chi incontriamo per strada, il nostro modo di rispettarlo, di salutarlo, di cercare un modo razionale per vivere con lui, senza pensare che il suo modo di rapportarsi alla luce del sole sia un crimine e cercando di convincerlo ad accettare anche l’altro. Trovando ovviamente i limiti per la libertà di ciascuno in primis in quella altrui. Questa enciclica per me ci propone di abbandonare gli opposti estremismi, e di scegliere la comune razionalità che unisce i diversi.
Questa enciclica mi sembra, visto che ancora non la conosciamo, che porti con sé l’antefatto che unisce tutti i non fondamentalisti, credenti, agnostici o atei che siano. Chi crede davvero nella fratellanza è pluralista per definizione. Dunque oggi, nell’epoca illiberale, prima di leggere già possiamo dire che il pluralismo riparte dal Vaticano. Questo è in sé affascinante, non respingente. Soprattutto per gli agnostici si tratterebbe, come ha detto Francesco conversando con Carlo Petrini, di capirsi agnostici pii. Gli atei devoti pensano, o pensavano, a una nuova cristianità, nella quale l’accettazione di alcune leggi comportasse la creazione di un nuovo blocco di potere. La pietà agnostica invece cerca un incontro nel nome della “pietas”, che ispira da sempre nel senso di compassione e misericordia quell’empatia che regola il funzionamento del cervello umano. Riprendo da una rivista scientifica, non religiosa, di appena un paio di anni fa: “Secondo uno studio appena pubblicato sulla rivista Neuron i percorsi cerebrali associati alla compassione, alla gioia o al dolore che proviamo con l’empatia sono prevedibili e consistenti di persona in persona. Secondo Yoni Ashar, primo autore dello studio e laureando nel laboratorio di neuroscienze di Tor Wager alla University of Colorado, Boulder, “I sentimenti di empatia sono virtù che vogliamo coltivare, sia a livello personale che nella società. Comprendere queste emozioni potrebbe aprire la strada a maggiore empatia e compassione nelle relazioni personali e su un livello più ampio di società”. Questo tipo di agnosticismo potrebbe contribuire a salvare molta parte del pensiero moderno dal farsi tentare dalle sirene di questa nuova epoca illiberale. Se farlo comporta riconoscere nell’autore dell’enciclica che tra poche ore leggeremo il leader morale globale dell’umanità perché dovrebbe essere un problema?