Che tristezza e che fatica sentire per radio le orazioni funebri per Dario Fo in piazza Duomo. Petrini che racconta alcuni meravigliosi episodi, come il momento in cui il grande giullare riuscì a farsi comprendere da centinaia di stranieri emarginati e affamati come il Zanni, che stava rappresentando di fronte a loro, alla ricerca di cibo e infine soddisfatto di essere riuscito a sfamarsi con una mosca. Jacopo con la voce rotta dal pianto che ricorda sua madre e suo padre, mescolando politica, dolore e un po’ di rabbia.
Un’intera generazione di sogni e ideali si era nutrita del suo mistero buffo, delle sue illuminanti provocazioni, della sua voglia di coniugare materiale e spirituale, terra e cielo, ateismo e testi sacri. Ricordo quando Eva nel paradiso terrestre sceglie l’albero della conoscenza, anziché quello della vita eterna, e lo sceglie perché pensa valga la pena di accettare persino la morte pur di poter gustare amore, conoscenza e dubbio.
Quella indimenticabile scena della resurrezione del Lazzaro, quel desiderio di arrivare in prima fila per non perdere niente dello spettacolo e quella fulminante risposta – quei picoli che vien la matina presto a torse el posto – che per molti era diventata quasi un programma esistenziale e forse persino politico.
E però c’è quel terribile e programmatico riferimento al dubbio che ha sicuramente allontanato molti dal grande giullare quando lo si è visto compiere scelte politiche e ideali che potevano sembrare assai lontane dal mondo di cui si era parlato decenni prima. Aveva ragione certamente lui a cambiare, per rimanere fedele a se stesso in circostanze ormai molto diverse, ma forse non avevano torto neppure quelli che non riuscivano a seguirlo fin lì.
Migliaia di milanesi erano in piazza a condividere il suo viaggio verso non sappiamo dove, ma probabilmente migliaia di milanesi, e non solo milanesi, lo hanno salutato commossi senza riuscire ad andare in quella piazza, perché a causa di quel dubbio, che pure hanno imparato anche grazie a lui, non riescono più a condividere certezze, indignazioni, prese di posizione troppo nette.
Se si leggono gli scritti di Francesco d’Assisi può capitare che non si trovino più somiglianze con il Francesco di Fo e, se un tempo erano in molti a preferire il suo a quello vero – per quanto se ne possa sapere – oggi può darsi che si cerchi il secondo, o ci si senta di ammettere che non se ne è capito molto. Nutrire dubbi, cambiare idea, cercare di conoscere, tutte esperienze che forse avvicinano ma inevitabilmente, nello stesso tempo, allontanano.
Molti che non erano in piazza ieri mattina, non c’erano perché hanno imparato tanto anche da lui. Grazie dunque e scusa se non c’eravamo.
L'ASINO DI BURIDANO
Stavo aspettando un tuo commento, ero certa che avresti scritto questo emozionante addio al grande Dario Fo. Nel mio caso la sua personalità molto presente soprattutto in gioventù.