Mi dà sempre fastidio leggere sulle pagine culturali dei giornali ampi articoli, a volte pagine intere, dedicati a Heidegger “nazista” o a Gentile “fascista”. Non perché, sia beninteso, il rapporto dei due con i totalitarismi sia da considerarsi “innocente”. O non possa avere anche un rapporto con il loro pensiero. Ma perché la loro personalità di grandi filosofi, di pensatori “essenziali”, non solo non è riducibile a quei rapporti, ma se ne distanzia enormemente. Tuttavia i media hanno una loro logica, criticabile quanto si vuole ma pure in sé coerente Una diversa logica dovrebbero seguire invece i testi scientifici e gli stessi manuali. Ed è un peccato constatare che spesso ciò non accade (faccio solo un esempio: Le filosofie del Novecento di Giovanni Fornero e Salvatore Tassinari dedica all’argomento del nazismo di Heidegger un’attenzione sproporzionata e fuorviante). Non è un buon servizio che si fa al pensiero. E il rischio è anche quello di precludere la comprensione di altri pensatori che, pur avendo fatto scelte politiche opposte a quelle degli autori incriminati, sono ad essi legati teoreticamente. Si capirebbe mai, ad esempio, molta traiettoria del marxismo italiano (e non solo: basti pensare a Lenin) senza l’attualismo e in genere la filosofia di Gentile? Certo, c’è sempre qualche anima ingenua pronta a controbattere che in fondo i totalitarismi di destra e di sinistra si tendono la mano, ma proprio il “caso Gentile” mostra come appunto di ingenuità intellettuale si tratti. In effetti, anche eminenti liberali come Gobetti e Calogero, solo per fare due nomi, senza Gentile non sono, a mio avviso, comprensibili. Almeno non fino in fondo. La realtà del pensiero è sempre complessa ed ha, vivaddio!, una sua autonomia dalla politica. E’ strano che tanti sedicenti liberali che vogliono sottrarre alle grinfie della politica settori ampi della società civile si arrestino poi proprio davanti alla cultura e ragionino proprio come le citate anime ingenue, dando il loro contributo alla militarizzazione delle coscienze. Uno studioso di Salvemini, durante un dibattito a cui ho recentemente partecipato, ha riportato, compiacendosene, un’affermazione dello storico di Molfetta su Gentile: secondo lui, chi lo legge, vi si avvicina con le idee chiare e ne esce con la testa confusa. Boutade per boutade,e con tutto il rispetto che è dovuto a Salvemini, io direi invece che se uno non capisce Gentile il problema è suo e non di Gentile. Ma sul problema del linguaggio della filosofia, oltre che ovviamente su quello dell’importanza della filosofia genti liana, occorrerà ritornare.
CROCE E DELIZIE