L'ASINO DI BURIDANO

Massimo Parodi

Professore di Storia della filosofia medievale all'Università Statale di Milano.

Francesco d’Assisi

In quest’epoca di società multietniche, di immigrati di prima e seconda generazione, di discussioni sulla cittadinanza, torna spesso il tema della cosiddetta identità culturale, usata di solito per opporsi a integrazioni ritenute troppo facili, che metterebbero quindi in discussione proprio la pretesa identità. È complicato tuttavia immaginare in che cosa possa consistere, quali ne possano essere i tratti caratterizzanti. Considerando che nel suo complesso si dovrebbe probabilmente identificare con modi di essere, con visioni del mondo e della vita, con abitudini e comportamenti, è impegnativo immaginare come se ne possa verificare l’esistenza senza ricorrere a osservazioni antropologiche di anni e anni. Immagino non si debba fare riferimento a contenuti culturali troppo complicati, altrimenti metteremmo in discussione l’italianità di quanti non conoscono le canzoni napoletane oppure la Divina Commedia, la frisella col pomodoro, la bagna cauda o la cassoeula, chi non conosce più Coppi e Bartali, Mazzola e Rivera o Franchi e Ingrassia.
Forse occorre ricorrere a quelle che sembrano essere risposte automatiche derivanti da modi di dire, da proverbi o da tradizioni di cui si ignorano le origini: rosso di sera allora bel tempo si spera, ciao ciao ciao per chiudere una conversazione al cellulare; oppure a quei personaggi storici che sono diventati col tempo vere e proprie metafore: parlare male di Garibaldi o – per rimanere nello stesso contesto semantico – agire in modo sbrigativo e poco accurato, cioè alla garibaldina.
Un altro personaggio che indiscutibilmente fa parte della nostra identità culturale è Francesco di Assisi. Nella scorsa settimana, la tv italiana ha trasmesso in due puntate il film di Liliana Cavani e qualcuno si potrebbe chiedere quale: quello del ‘69 con il ribelle Lou Castel proveniente dai Pugni in tasca di Bellocchio e portatore di sfumature presessantottine o quello dell’89 con il duro Mickey Rourke e la bellissima Chiara di Helena Bonham Carter, destinata a divenire la regina inglese sposa di Giorgio VI nel Discorso del re. Nessuno dei due; Liliana Cavani è tornata per la terza volta sul personaggio di Francesco interpretato questa volta dall’elegante attore polacco Mateusz Kosciukiewicz. E non si può dimenticare che in Italia sono stati girati almeno un’altra quindicina di film sul santo di Assisi, a partire dal 1911, tra cui rimangono nella mente il neorealista Francesco di Rossellini del 1950 e il figlio dei fiori di Zeffirelli del 1972.
Il film della Cavani visto la scorsa settimana non sembra aggiungere molto al discorso proposto dal precedente, di cui si possono trovare alcune scene in rete; non sono andato a cercare quello di Zeffirelli che già ai suoi tempi mi aveva irritato per il suo clima mieloso, ma ho rivisto quello di Rossellini ricco di attori non professionisti, che effettivamente non sanno recitare e danno alla storia un tono un po’ di straniamento, a volte quasi fastidioso con le continue corse dei fraticelli che sembrano bambini pazzerelloni che vagano qua e là senza motivi precisi.
Nessuno dei film che ricordo o che ho rivisto riesce a dare una qualche spiegazione comprensibile delle scelte di Francesco e dell’esperienza francescana e allora forse è questo l’elemento che fa parte della nostra identità culturale: non riusciamo a capire ma – dopo Tommaso da Celano, Bonaventura, Dante e infiniti altri – non possiamo fare a meno di tornare periodicamente a interrogarci su quella vicenda lontana.

  1. Identità culturale significa ri-conoscimento e allora conoscere e ri-conoscere le origini è essenziale. Io credo che sia più facile conoscere ciò che è lontano, in una ottica della distanza che non quello che è molto vicino, perché lo stiamo vivendo e si confonde con noi stessi.
    Un libro che apre una prospettiva di grande interesse sulle scelte di Francesco d’Assisi e sulla esperienza francescana è quello scritto da Giuseppe Merenda, psichiatra e analista transazionale clinico, appassionato di psicostoria e che lavora alla rivisitazione clinica e critica delle vite dei santi: Francino – L’altra storia di Francesco d’Assisi, Armando Editore 2005. un libro fondatissimo che apre prospettive appassionanti.

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