LA BELLA CONFUSIONE

Oscar Iarussi

Giornalista e saggista.

Film: “Allacciate le cinture” di Ferzan Özpetek

Melodramma italiano, con echi sonori e tratti somatici mediorientali. Senza eccessi di folclore salentino, grazie al cielo, sebbene il bar dove lavora la protagonista abbia l’immancabile tarantola nel marchio. Lacrime in agguato, sorrisi liberatori. L’amore è a prima vista, ghermisce e sballotta come una turbolenza quando si è in volo: non puoi fare alcunché, se non subire. Il mare è azzurrissimo verdissimo limpidissimo. Però piove, evviva, perché del Sud solare per contratto non ne possiamo più. È Allacciate le cinture di Ferzan Özpetek. Il regista italo-turco, quattro anni dopo il successo di Mine vaganti che era targato Fandango, ha ritrovato i suoi «storici» produttori Tilde Corsi e Gianni Romoli (lui anche co-sceneggiatore) ed è tornato a girare in Puglia, in particolare nella Lecce di cui Ferzan è orgogliosamente cittadino onorario. E il sindaco alto e scapigliato Perrone interpreta se stesso in una figurazione.

Dopo le anteprime leccese e barese (finanziamento di Afc e sostegno della Banca Popolare di Bari), il film è nelle sale. Tra i suoi motivi di attrazione vi sono di certo gli attori principali. La luminosa e assorta Kasia Smutniak è la barista che dà corpo a un’interpretazione malinconica del paesaggio e della relativa antropologia (una sorta di «autunno pugliese» ormai quasi ignaro della «primavera»). L’ex «tronista» Francesco Arca è un imbronciato, muscoloso e tatuato meccanico, sciupafemmine con un che del giovane Volonté nella regione sopracciliare, nonché omofobo e razzista in un milieu invece libertario e con tocchi libertini (vedi il personaggio della Crescentini). I due si incontrano, lui trangugia una birra. Glu glu, è fatta. Si va in spiaggia a fare il bagno. E l’amore, s’intende. Cupido scocca la freccia ed è subito addio ai partner precedenti. C’è uno stacco temporale: sono passati tredici anni, la coppia ha due figli, qualche tradimento e molte incomprensioni, per non parlare delle litigate davanti ai bambini. Lei si ammala. Un’altra turbolenza, assai brutta stavolta. Ad aiutarla nell’«allacciare le cinture» tra casa e ospedale ci sono la mamma e la di lei compagna (Signoris e Ricci), l’amico gay e complice di sempre (Scicchitano), un’altra degente di triste simpatia (Minaccioni), ma anche il marito capace di un’intensità insospettabile e persino l’amante di lui che fornisce la parrucca per gli effetti della «chemio» (una gustosa Ranieri).

Un inserto onirico da brividi un po’ alla Magnifica presenza e un gioco spazio-temporale che sta diventando prezioso nella drammaturgia dei maestri cinquantenni (ve n’era uno simile in Baarìa di Tornatore) preludono al ritorno alla gioventù perduta. Il film riprende qui il passo della commedia sentimentale, meno interessante del registro melodrammatico cui Özpetek aderisce con efficacia. La coppia di oggi riscopre i sorrisi di ieri, il mare in tempesta contemplato durante una fuga dall’ospedale è di nuovo calmo. Una distesa promettente, la vita. «Tutta la tristezza si scioglierà in un sorriso», come recita il verso sublime di un vecchio sporcaccione americano, Charles Bukowski.  Film garbato, misurato, gradevole, Allacciate le cinture si conclude con A mano a mano del compianto Rino Gaetano sui titoli di coda concepiti a mo’ di stralci del backstage: «E a mano a mano mi perdi e ti perdo / e quello che è stato mi sembra più assurdo / di quando la notte eri sempre più vera /e non come adesso nei sabato sera».

ALLACCIATE LE CINTURE di Ferzan Özpetek. Interpreti e personaggi principali: Kasia Smutniak (Elena), Francesco Arca (Antonio), Filippo Scicchitano (Fabio), Francesco Scianna (Giorgio), Carolina Crescentini (Silvia), Elena Sofia Ricci (Viviana), Carla Signoris (Anna), Paola Minaccioni (Egle), Luisa Ranieri (Maricla). Commedia-melodramma, Italia, 2014. Durata: 110 minuti

Articolo pubblicato sulla “Gazzetta del Mezzogiorno” del 4 marzo 2014.

 

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