Qualche giorno fa si è spento ad Atene un cantante cui forse non pensavo da decine di anni, di cui non ricordavo il viso e di cui probabilmente non avrei saputo citare le canzoni. Eppure, rileggendo sui giornali notizie sulla sua vita e sui suoi successi, mi sono ritrovato in un’aria familiare, dolce, non so se dolciastra, e non intendo darne un giudizio critico. Sono rimasto sconcertato dal fatto che, di fronte al titolo di Rain and tears, mi sono tornati alla mente non solo il motivo, ma le parole – quasi tutte – e un viso con la barba e una voce molto particolare.
Rain and tears are the same, but in the sun you’ve got to play the game: sono certo di averle cantate, ma non ricordo quando, con chi, dove, pensando a chi. Certamente l’accostamento tra pioggia e pianto funziona sempre, anche in Modugno, in molte canzoni, e persino in Agostino che, ricordando i tormenti e le ansie che lo avviano alla famosa conversione, parla di una tempesta del cuore che porta con sé ingentem imbrem lacrimarum (Confessioni 12.28).
When you cry in winter time, you can pretend it’s nothing but the rain: saranno state certamente serate romantiche, giovanili sofferenze sentimentali, interminabili viaggi in auto lungo i rettilinei della pianura, ma quello che mi ha colpito è che non riesco a ricordare i particolari. Non è dunque un tuffo nel passato, ma la consapevolezza di qualcosa che è dentro, che è diventata parte costitutiva di un percorso attraverso la vita.
Viene alla mente la frase di un grande poeta: La cultura vera non è nozionistica, è quel che rimane nell’uomo quando ha dimenticato tutto quello che ha appreso (Montale, Auto da fé). Ho dimenticato tutte le nozioni – i tempi, i luoghi, i volti, le circostanze – ma quel motivo e quelle parole sono diventate cultura.
Non lo sapevo, ma rileggere il nome di Demis Roussos, nei giorni successivi alla sua morte, mi ha commosso e, nello stesso tempo, fatto riscoprire qualcosa di cui non mi rendevo conto, e mi sono sentito parte di una storia – dimenticata – che ha attraversato anche l’esperienza di quel gruppo dal nome meraviglioso, Aphrodite’s Child.
L'ASINO DI BURIDANO