CROCE E DELIZIE

Corrado Ocone

Filosofo

Festival di Modena, Carpi, Sassuolo. La piazza e una filosofia che più non s-piazza

Inizia domani l’edizione 2012 del festivalfilosofia di Modena, Carpi e Sassuolo. Va dato atto agli organizzatori (in primis a Remo Bodei e Michelina Borsari) di aver creato e consolidato negli anni una formula che è riuscita finora, nonostante qualche “normale” scivolone, a coniugare la credibilità degli interventi con la partecipazione popolare. Il fatto poi che, negli anni, la formula non si sia mai rinnovata, se da un lato è indice di conservatorismo e mancanza di coraggio, dall’altro si spiega probabilmente col fatto che gli organizzatori non osano rischiare visto che il successo di pubblico non è mai finora mancato. Eppure, detto questo, sfogliando il cartellone, mi sembra che qualcosa, quest’anno soprattutto, non vada. Il tema di questa edizione è “le cose”. E’ un argomento interessante, anche se sembra strizzare un po’ l’occhio alla moda filosofica del momento, il “nuovo realismo” di Maurizio Ferraris (anche Bodei ha però scritto recentemente un volume intitolato La vita delle cose).

I temi però sono un mero pretesto: conta come i vari filosofi li interpretano. Dando uno sguardo ai titoli delle relazioni, scopriamo allora che Zygmunt Bauman continuerà a prendersela col consumismo, Umberto Galimberti col feticismo del mercato, Diego Fusaro col capitalismo, Michela Marzano ripeterà le ovvie banalità sulla donna-oggetto, Rodotà si impegnerà a trovare un fondamento teorico a quella assurda retorica vigente (un’altra moda!) dei “beni comuni”… E Serge Latouche (non poteva mancare la star filosofica del ceto medio poco riflessivo!) esalterà, novello Francesco D’Assisi, la frugalità. Ecco, il tono di quest’anno è decisamente anticapitalista e antioccidentalista. Ed è rappresentativo purtroppo di molto pensiero odierno, non solo italiano.

Ovunque è forte infatti un pensiero antagonista e “radicale”, sotto la cifra di un post-marxismo poco marxista: movimentista, niente affatto realista e molto fighetto. Ora, non mi si venga a dire che ciò dipende dal fatto che la filosofia è per sua natura anticonformista, critica della società esistente e dei poteri dominanti. La nuova retorica vincente si è fatta proprio conformismo. E come tutte le retoriche di pensiero tende a escludere i “diversamente senzienti e pensanti” (per usare un’espressione crociana). E’ il potere dei sedicenti anti-.potere. Mentre, come ci ha insegnato Hegel (e anche Foucault), il potere non si concentra mai in un centro statico, individuabile anche semanticamente (il Capitale, ad esempio). Esso piuttosto si dispiega nei rapporti di forza che si creano nelle mille relazioni quotidiane. Un pensiero veramente “critico”è qui che dovrebbe concentrare la sua attenzione piuttosto che dare sicurezze tranquillizzanti a buon mercato al popolo della piazza, Dovrebbe s-piazzare. Più in generale, va detto che sarebbe opportuno dare voce a tutti, ma il potere filosofico non sembra oggi farlo. Perché in filosofia non sembra esserci oggi spazio, come in ogni altro ambito di attività, sia per i critici che per i fautori del capitalismo? Perché la filosofia ha difficoltà a ospitare posizioni anche pro-capitalistiche? Come riconciliare filosofia e liberalismo? E’ un discorso già avviato in queste pagine, ma sicuramente da continuare.

PS Lo spunto di questa nota mi è venuto leggendo un post su facebook di Nicola Iannello

  1. La butto lì: per i tremendi risultati che il sistema attuale ha provocato e sta provocando su scala mondiale?
    Prima ancora che da una tendenza aulica alla speculazione astratta in quanto tale, la filosofia nasce dalla necessità di studiare il mondo per la risoluzione dei problemi (e a parlare è uno che con l’utilitarismo non ha e non vuole niente a che fare, sia chiaro; in effetti riconoscere quest’origine “bassa” in un contesto diverso mi metterebbe a disagio), e uno studio del mondo attuale, a meno di non stare studiando coi paraocchi, porta evidentemente – scusate l’imprudenza dell’affermazione – in una direzione sola.
    Si dice spesso del comunismo, o almeno di quello che così viene definito dalla massa, che è stato un disastro, e si porta come evidenza la triste fine che ha fatto storicamente parlando; a questo punto la replica standard di coloro che lo difendono è “il sistema comunista non è mai stato attuato veramente; l’URSS di Stalin era una pallida brutta copia di quello che il comunismo sarebbe stato se si fossero seguiti alla lettera i dettami di Marx”. Bene, qui Popper direbbe giustamente che siamo nel campo del non falsificabile; ma al capitalismo, per il suo fallimento, non è concessa neppure questa scusante: pur essendo stato applicato alla perfezione, per lungo tempo, su larga scala, è lo stesso un disastro.

    • Gentile Nicoletti,
      il capitalismo è solo il sistema di produzione attualmente predominante: non lo caricherei di responsabilità metafisiche. Questo lo fanno già hayekiani e mercatisti da una parte e comunisti dall’altra. Compiuta questa necessaria opera di sottrazione, si può giudicare dei pregi e dei difetti del capitalismo. Non avere paraocchi significa, a mio avviso, vedere che, da un punto di vista comparativo e storico, non solo i primi superano i secondi, ma soprattutto non è dato vedere un’alternativa migliore (parafrasando quel tale: brutto sistema è il capitalismo, ma il migliore fra quelli visti finora, e sottolineo il “finora”: non voglio mettere le brache alla storia). Io poi mi sono fatto l’idea che esso corrisponda, più degli altri, alla “natura umana” (tante virgolette): gli “spiriti animali” sono spiriti vitali e come tali vanno addomesticati non estirpati. Ma di questo avremo modo ancora di parlarne. Grazie

  2. Sig. Corrado, probabilmente le voci filosofiche pro-capitalistiche hanno poco da dire e da difendere. Il modello ha evidenziato le sue lacune, anche se possiamo continuare a dire, e vale anche per il comunismo, che e i disastri stanno in come l’uomo ha cercato di declinarne i principi nella vita quotidiana. Credo che molto rimanga ancora da dire e scoprire riguardo il rapporto tra liberalismo e filosofia.

    • Gentile Migliorati, non si tratta di difendere il capitalismo 2senza se e senza ma”, anche perché tutti i modelli in sé presi sono astratti. si tratta piuttosto di notare un’evidente asimmetria di trattamento per capitalismo e comunismo fra gli intellettuali. Il compito è proprio quello, come lei dice, di sviscerare il rapporto tra liberalismo e filosofia. io lo faccio nel mio piccolissimo, cercando anche di chiarire di quale filosofia e di quale liberalismo stiamo parlando

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