L'ASINO DI BURIDANO

Massimo Parodi

Professore di Storia della filosofia medievale all'Università Statale di Milano.

Contemporanei

Che fatica rimanere contemporanei, senza sbilanciarsi in avanti e suonare il piffero di un futuro sicuramente radioso, ma anche senza rimanere intrappolati nei modelli del passato. Ho cercato di sentirmi coinvolto dalle recenti primarie, pubblicizzate dai mezzi di comunicazione come si trattasse di vere e proprie elezioni politiche, ma non ce l’ho fatta. Cerco di sentirmi soddisfatto per il nuovo che trionfa oppure deluso per il vecchio che muore definitivamente, ma non ce la faccio.
E’ davvero brutto, ma non riesco a capire perché dei cittadini non iscritti a un partito debbano votare per eleggere il segretario di quel partito. Non riesco a capire perché gli iscritti dovrebbero cambiare opinione e mettersi a lavorare per una linea politica che sta nella testa del vincente fra tre candidati e quindi fra tre – teoriche – linee politiche alternative. Non riesco a credere che centinaia di parlamentari, che già hanno dato diverse prove di non gradire la disciplina di partito, dovrebbero essere improvvisamente disponibili a sostenere le proposte che arrivano loro dall’alto della nuova segreteria.
Mi sento ridicolo ma non sono capace di smettere di pensare che una linea politica dovrebbe nascere nelle discussioni e nelle pratiche di iscritti e non iscritti e farsi lentamente spazio fino a diventare programma condiviso, sulla base del quale dovrebbe emergere un segretario di partito, e non viceversa. Le persone più improbabili mi guardano con sufficienza perché non mi sento coinvolto e non partecipo, ma delle due l’una: o siamo in un regime di democrazia diretta e allora vorrei essere chiamato a partecipare a decisioni rispetto alle quali mi senta di avere un minimo di competenza, o invece siamo in un regime di democrazia delegata e allora perché devo dire la mia su decine di cose di cui non so nulla?
Rivendico duramente il mio diritto alla ignoranza: non so neppure più come funzionano un partito politico o il Parlamento; perché allora dovrei dire la mia e credere – cosa che oltretutto mi pare illusione – che, sulla base anche del mio parere, centinaia di persone cambieranno da un giorno all’altro il loro modo di pensare e fare politica. Ma se ci credessi davvero, mi sembrerebbe di insultare la loro autonomia di giudizio e la serietà delle loro convinzioni; non posso credere che se vince uno, tutti sosterranno il governo e non si andrà alle elezioni, mentre invece se vince l’altro tutti criticheranno il governo e forse si andrà alle elezioni; che brutta immagine dovrei avere di loro.
Se trent’anni fa qualcuno avesse chiesto il mio parere per eleggere il segretario del partito comunista o della democrazia cristiana, mi sarebbe venuto da ridere e – purtroppo per me – continua a venirmi da ridere. Non sono per niente contento di me, ma evidentemente non riesco a staccarmi e a liberarmi del passato: non ricordo nemmeno più con precisione quanto fossi d’accordo con le cose che diceva, ma continua a frullarmi per la testa una frase ormai storica: Berlinguer ti voglio bene.

  1. Però. Un dubbio. Non è che continuiamo a piangere sul latte versato? Come si fa a essere contemporanei? Come si fa a capire che cosa succeda veramente?

  2. Desidero dire che forse il partito democratico ha rottamato non solo Marx, ma Antonio Gramsci, il più politico tra i filosofi e il più filosofo tra i politici, che sul consenso dei governati e sul partito come moderno Principe ha scritto pagine bellissime, che andrebbero rilette. Come ha scritto Chiara, il consenso è stato imposto e non certo creato democraticamente, allora che partito democratico è stato il PD?

  3. A me è piaciuta la vignetta di Giannelli sul Corriere 🙂
    Più seriamente: non sono per formazione marxista e mi chiamerei, come qualcuno dice, liberal-azionista; ma la rottamazione immediata di Marx, nel PCI del post ’89, ha permesso da parte delle sinistre ufficiali l’adozione delle politiche economiche del neoliberismo. E oggi si ripropone a modello Tony Blair …
    Tornando a scherzare, con Crozza, rottamare gli ottantenni per tornare agli anni ’80 🙂
    PS — Però non ho mai visto tanti commenti come su questo post. Mi fa piacere osservare che l’argomento è sensibile. Grazie, Massimo.

  4. Matteo Renzi ha inserito nel linguaggio politico e giornalistico la parola Rottamazione, parola tendenzialmente razzista e pericolosa. Nuovismo e giovanilismo non sempre sono cose buone. Età significa anche saggezza, temperanza e, soprattutto, competenza, sapere. Non vorrei che l’idea della rottamazione si estendesse anche a tutti quelli che sono rotolati fuori dal corso della vita e della storia, i non garantiti, gli improduttivi, i vecchi, gli ammalati … e che ci sia posto solo per giovani agili, scattanti, pieni di belle frasi e di belle idee ma, terribilmente, incompetenti.

  5. Infatti. Per questo non mi sento a mio agio, perché non credo si debba coltivare la nostalgia. Non capisco, non riesco a essere contemporaneo, ma non ho nostalgia. Ricordo cose anche peggiori e non ne sento la mancanza. Mi resta solo da estrarre dalla memoria la frase di un grande intellettuale organico che animava le notti in casa Arbore e ripetere – con Ferrini – non capisco ma mi adeguo.

  6. Belle immagini, ottime parole, utopie dal basso, che lentamente si fanno strada ecc. Mi è venuta davvero nostalgia, da intellettuale organico, anche perchè anche a me molte cose non piacciono. OK
    Un solo ricordo, tra gli altri, tanto per segnalare che proprio così dal basso non era, né sempre. Quando D’Alema fece fuori Occhetto, le sezioni – allora così si chiamavano ed erano di iscritti – votarono in maggioranza Veltroni. Bene o male, lasciamo stare. Ma fu detto: Ragazzi, calma: il vostro voto è solo consultivo. E fu scelto D’Alema.
    Vi ricordate?

  7. L’unico punto sbagliato che trovo in quel che scrivi é che dici di sentirti ridicolo a … Il dramma è che in troppi qui non si sentono ridicoli ossia non esercitano la minima critica su quel che a loro viene in mente al momento. L’alternativa a questa situazione di un uomo solo al comando é forse persino più drammatica: se ci va bene – e sottolineo se ci va bene – in quattro mesi tutti quelli che hanno votato Renzi saranno già stufi e, visto che non avrà fatto nulla di nuovo, passeranno ad altro. E saremo al punto di prima, immobili.
    A margine poi noto qualcosa di strano e preoccupante: la vita umana si é accorciata altro che allungata. Infatti a 30 anni parti per la vita politica, prima dei 40 devi essere al top, come dice Briatore, al massimo a 60 sei fuori e da rottamare. Prendo a prestito il linguaggio corrente. Penso a quanti e quali uomini con questo criterio sarebbero stati esclusi. Questo in politica; per fortuna musicisti, pittori, scienziati, storici ecc. sembrano per ora fuori dalla regola della rottamazione. O no?

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