da SANTALESSANDRO.ORG
La questione antropologica tra natura e storia. Se si rompe l’equilibrio tra libertà e responsabilità
Giovanni Cominelli
20 Settembre 2023
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Dunque: “Natura” vuole che, se sei di “sesso” maschile, tu sia di “genere” maschile; se sei di “sesso” femminile, tu sia di “genere” femminile. Invece sta affermandosi massicciamente nei mass-media, nel cinema, nella cultura, nelle scuole, tra i ragazzi, l’idea che il genere lo scegli tu.
Questa deriva non pare essere l’effetto di un’inopinata rivoluzione ormonale, ma piuttosto di una invasiva pressione ideologica, la cui cifra è la assoluta libertà individuale, esercitata, in primo luogo, rispetto al proprio corpo.
Di questa pressione è stato espressione il DdL Zan. Si dà solo una “transizione di genere” del tutto reversibile. D’altronde, non esiste più neppure la Storia, per natura sua più friabile della Natura.
La Storia siamo noi, qui e ora. Così che la Storia depositata negli Stati, nelle comunità, nelle tradizioni, nelle religioni viene piallata su misura del piatto presente. “L’aplatissement du monde” è l’ultimo libro di Olivier Roy.
La Cancel culture e il movimento Woke vedono la storia – principalmente quella dell’Occidente! – come storia di colonialismo, di imperialismo, di rapina: un nuovo Impero del male. Perciò va cancellata nei suoi simboli, nei suoi documenti scritti, nei suoi monumenti. Le biblioteche vanno mondate di ogni impurità ideologica. L’elenco degli Autori deve essere rivisto secondo liste di proscrizione politically correct.
Il superamento della Natura e la cancellazione della Storia sono le due tendenze che E. Galli della Loggia sul Corriere del 3 settembre attribuisce ai progressisti. Contro i quali lo storico fa appello ad un nuovo conservatorismo, il cui senso non è certo reazionario, ma è, appunto, l’opposizione a questo neo-progressismo, che è ben diverso da quello illuminista, liberale, socialista: “oggi una posizione conservatrice ha paradossalmente quasi la funzione di un ‘katéchon’, di qualcosa che trattiene da una deriva potenzialmente fuori dall’umano”.
Al seguito, sulla stessa linea, Gianni Orsina, che sottolinea compiaciuto, in una sua prefazione al libro “Conservatori” di Marco Invernizzi e Oscar Sanguinetti, il clima politico favorevole al neo-conservatorismo, grazie all’esistenza di un governo di destra.
Fin qui le opinioni. Passiamo ai fatti. Il primo fatto è questo dibattito stesso tra conservatori e progressisti, che si rinnova nei grandi momenti di transizione epocale. Lo scrittore inglese C. S. Lewis in suo romanzo-fantasy ha ricostruito spiritosamente il dibattito tra i primi ominidi, che la Natura aveva collocato a vivere principalmente sugli alberi: gli ominidi conservatori non volevano scendere a terra, perché era “contro Natura”; gli ominidi progressisti premevano per scendere e per camminare eretti nel nome del Progresso. I confini di ciò che è “naturale” sono sempre stati spinti “più in là” dalle generazioni che si sono succedute.
Tuttavia, fin ad ora, il vincolo culturale “Natura” ha sempre funzionato: “Natura sive Deus” o “Deus sive Natura”! Il suo corrispondente ideologico era il “Diritto naturale”.
Negli ultimi decenni c’è stata una svolta ideologica e tecnologica. L’homo sapiens, questo animale, prodotto dell’evoluzione casuale e caotica della vita su questo pianeta, si è messo in testa di assumere la direzione del processo evolutivo, di mettere mano ai processi di costruzione della vita, di aumentare in estensione e in intensione il controllo su ciò che chiamiamo Natura e perciò, anche, di inaugurare una nuova Storia.
Non si tratta più di “torturare la natura”, come suggeriva Bacone, per strapparle i segreti. Si tratta di spingere la Natura più indietro e far avanzare una nuova Storia. In due modi. Il primo è il progetto della produzione di esseri umani per via bio-tecnologica.
L’umanità non lascia più al caso naturale la propria riproduzione, ma la controlla, la orienta, la decide. L’umanità forgia se stessa. Qualcosa sta già accadendo nei laboratori.
Aspettiamoci l’annuncio sconvolgente di un Dolly sapiens! Si apre, dunque, il tempo di una Nuova Genesi, assai diversa da quella raccontata nel primo libro della Bibbia. Il secondo modo è il progetto del trans-umanismo e del post-umanismo.
Qui si tratta, più che di creare esseri umani, di prolungare la vita degli umani che esistono già, integrandone la fragilità naturale con la potenza dei chip, con la sostituzione di pezzi del corpo umano.
Se la morte è solo “una prestazione organica disfunzionale”, si può pensare di superarla, sostituendo dei pezzi, come si fa con una lavatrice. Il punto di arrivo è la possibilità di fare il download della Mente individuale in una macchina nuova fiammante di circuiti, che non invecchia come accade, ahinoi, al nostro corpo biologico. L’immortalità è, a questo punto, assicurata. Si tratta di scenari sconvolgenti.
Alle spalle sta un sogno che viene da lontano. Dall’ “Oratio de hominis dignitatae” di Pico della Mirandola, al biocomunismo di Trostsky alla Noosfera in evoluzione verso la Cristosfera e il punto escatologico Omega del gesuita Teilhard de Chardin, un filo comune di pensieri porta, come dice Teilhard in una lettera, verso “il superamento dell’idea dell’uomo greco, armonicamente sviluppato, per approdare all’uomo pienamente evoluto che si eleva al di sopra di sé per raggiungere il suo vero fine nell’essere sovra-umano”.
Nella cultura di massa, questo approccio tende a trasformare la libertà individuale in onnipotenza e in perdita del senso del limite: la Natura e la Storia diventano un campo di conquista e di scorrerie selvagge.
Perciò “la persona” quale è definita in San Tommaso come “rationalis naturae individua substantia”, incarnata in una comunità e in una storia come agente della Storia, è messa in questione.
Donde faccende scottanti quali l’eutanasia, l’aborto, la maternità surrogata, la scelta del genere… Donde la Cancel culture e il movimento woke. I nuovi mezzi di comunicazione potenziano e dilatano su scala globale gli effetti di questa “antropologia della tabula rasa”, come la definisce G. Orsina, di questa psicologia individualistica, post-comunitaria, narcisistica.
Tutto ciò sta generando quella che il sociologo Victor Perez-Diaz definisce: “una cultura superficiale, frenetica e confusa, caratterizzata dal protagonismo di élite culturali futuristiche e smemorate, che si traduce in un dibattito pubblico chiassoso e incline a intrattenere molti in una sorta di disordine bipolare, passando dal sentirsi impotenti al sentirsi onnipotenti e “sovrani”; sovrani come cittadini, come consumatori e come padroni di uno spazio virtuale (il loro telefono, il loro computer, il loro televisore…): si sognano onnipotenti e si svegliano impotenti, precari, con conoscenze che diventano obsolete in poco tempo, come imprenditori di se stessi senza impresa”.
Emerge inquietante la questione antropologica. L’appello al Diritto naturale pare essere un fragile usbergo intellettuale “a difesa dell’umano nell’uomo”. Perché il Diritto naturale non è affatto naturale.
E stato il prodotto di una potente costruzione intellettuale dell’Occidente – il giusnaturalismo – che non da oggi la filosofia contrattualista ha messo in crisi e che le biotecnologie stanno minando, spostando praticamente i confini che separano la Natura dall’Artificio umano. Il cui affronto non puo’ pertanto ridursi ad un gioco intellettuale di ruoli tra conservatori e progressisti né, tampoco, essere tradotto meccanicamente in schieramento politico.
Applicare il principio di responsabilità di H. Jonas: “Nelle scommesse dell’agire umano né l’essenza né l’esistenza dell’uomo siano mai la posta in gioco” richiede di tenere aperto il senso della libertà umana, delle relazionalità comunitaria, del limite, della trascendenza verso l’Altro.
Liberare la storia dai determinismi economici e tecnologici e tenerla aperta sul terreno delle questioni concrete, immediate, quotidiane, economiche, sociali, politiche: questo il compito. Anche ai laici non credenti servirebbe almeno un briciolo di quella che per i credenti funziona come “la riserva escatologica”, per la quale la salvezza è sempre nella dimensione della possibilità e del futuro.