MALA TEMPORA

Marco Vitale

Collasso di civiltà

E’ stato pubblicato (datato 19  marzo 2014  Human and Nature Dynamics (HANDY) – Atmospheric and Oceanic www.atmos.umd.edu/…/2014-03-18-handy1-paper-draft-safamotesharrei– rivas-kalnay.pdf )  un rapporto di grande interesse sul collasso o sostenibilità delle civiltà, in presenza di elevate differenze economico-sociali e di un uso non sostenibile di risorse naturali. Parte della stampa attribuisce il rapporto alla NASA, ma si tratta di informazione imprecisa. Lo studio è stato, in parte, finanziato dal Goddard Space Flight Center della NASA e ciò indubbiamente aggiunge credibilità allo stesso. Ma  si tratta di uno studio indipendente, di altissimo livello, condotto da un gruppo di studiosi di diverse discipline scientifiche ed umanistiche, guidato dall’insigne matematico dell’Università del Maryland e del National Socio-Environmental Synthesis Center, Safa Motesharrey.  Lo studio parte dall’esame dei maggiori collassi di civiltà del passato. Apprendiamo così che, contrariamente alla  convinzione comune, i collassi di civiltà, negli ultimi 5000 anni, oltre ai classici collassi che tutti conosciamo, come il collasso delle civiltà e imperi romano e Maya, sono stati numerosi e distribuiti in tutto il pianeta, dalla Mesopotamia all’Egitto all’India, al continente americano, alle civiltà cinesi. In generale questi collassi comportano un drammatico impoverimento della popolazione, una fortissima riduzione del numero degli abitanti, un regresso delle conoscenze e delle capacità tecniche e mediamente il ciclo regressivo dura dai 300 ai 500 anni. In alcuni casi ha portato alla scomparsa totale della relativa civiltà.

Lo studio cerca di individuare alcune cause comuni di questi collassi e di razionalizzarle in un modello matematico sofisticato formato da un certo numero di equazioni (chiamato modello Handy o Human and Nature Dynamics). Oltre alle varie cause specifiche e contingenti, lo studio ne identifica due che sono presenti nella maggioranza dei casi esaminati: lo stress ecologico dovuto ad uno sfruttamento non sostenibile delle risorse naturali e la concentrazione della ricchezza in un numero ristretto di “élite” (i ricchi) che si contrappongono alla massa impoverita (o “commoners”, i poveri). L’esasperazione di una di queste due cause può anche da sola, portare al collasso ma, di solito, esse si presentano insieme e l’una alimenta l’altra.  Forte di questa strumentazione storica, concettuale, matematica, che spero di aver riassunto in modo accettabile, lo studio applica il modello alla nostra civiltà, sviluppando e arricchendo il modello “predatore, preda” sviluppato nel 1925 e 1926 da due matematici, Alfred Lotka e Vito Volterra. Le elaborazioni del modello, applicato a diversi scenari, portano alla conclusione che, nella nostra situazione attuale, caratterizzata da un super sfruttamento della natura ed una crescente concentrazione della ricchezza, il collasso è difficile da evitare. Come è successo in passato, le Elites non affrontano il problema perché la ricchezza accumulata permette loro di non percepire i pericoli mentre montano: “La protezione della ricchezza accumulata permette alle Elites di continuare “business as usual” nonostante la catastrofe incombente”. La catastrofe è incombente, ma per evitarla sarebbe necessario: ( a) ridurre lo sfruttamento della natura a un livello sostenibile; (b) distribuire le risorse economiche in modo molto più equo; (c) diminuire la crescita della popolazione mondiale. Poiché nessuno di questi obiettivi è facilmente realizzabile con le buone maniere e con la forza della sola ragione, il collasso, se non inevitabile, è probabile.

 

Credo che gli specialisti di questi modelli matematici potranno criticare e contestare certi passaggi di questo studio, e sono anche convinto che lo studio, pur sofisticato, non tiene contro di variabili imprevedibili e non riconducibili al modello stesso, ma esso rimane di grande stimolo a riflettere sui problemi veri della nostra epoca e sulle sfide che dobbiamo affrontare per non soccombere come è successo a tante civiltà del passato. Esso ci fa così riflettere anche  su quante energie spendiamo in relazione a delle autentiche banalità.

Marco Vitale

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