Forse è l’abitudine a lavorare con la radio accesa che mi induce a produrre analogie; spesso mi capita di leggere cose che sembrano assomigliare a quanto sento dire dalle voci che si intrecciano sul tavolo. Ieri stavo leggendo alcune pagine del De civitate dei mentre andavano in onda i lavori della direzione del PD e mi è venuto il serio dubbio che Agostino fosse un dilettante, rispetto a ciò che sentivo, nella produzione di analogie e metafore. Sicuramente ne faceva ampio uso, ma spesso gli servivano per dire qualcosa e per farlo capire meglio, mentre la nuova direzione del partito democratico ne ha prodotto in quantità industriale, ma per dire niente.
Nella relazione di Renzi si parla con nettezza di fase nuova e si chiarisce soprattutto che non si tratta di staffetta ma di un bivio. Si escludono le elezioni perché manca ancora una legge elettorale che garantisce la vittoria di una parte e dunque – sembra di capire – quella parte che alle ultime elezioni ha non vinto – secondo la famosa definizione – fa e disfa i governi al proprio interno senza neppure la necessità di spiegarne i motivi.
No, per la verità qualcosa viene precisato e finalmente sappiamo che tra oggi e il 2018 ci sono le riforme costituzionali e il tentativo di cambiare le regole del fisco, del lavoro, di una burocrazia opprimente, e un’Italia che deve recuperare semplicità e coraggio. Viene il dubbio di avere già sentito questo minuzioso programma, ma ora sappiamo che la svolta è richiesta dalla esigenza di energia e forza e che soprattutto quanto accade non è a causa di un derby caratteriale.
E allora occorre accettare il dovere di rischiare per restituire un’occasione alla politica, ma con una chiara condizione, che il rischio va accettato con il vento in faccia. E’ opportuno anche precisare quali mari si stiano solcando e infatti il segretario specifica che si tratta di uscire dalla palude.
Non si può negare tuttavia che il documento finale approvato a larga maggioranza presenta un qualche riferimento a contenuti programmatici e infatti si legge che la direzione assume il documento Impegno Italia come contributo per affrontare i problemi del Paese, ma sorge un dubbio. Chi ha presentato quel documento? Non è stato Letta? E infatti Letta è uomo d’onore e il documento, in apertura, ringrazia il Presidente del Consiglio Enrico Letta per il notevole lavoro svolto alla guida del governo.
Dopo di che si parla di fase nuova, di orizzonte di legislatura, di istanze rappresentate dalle forze sociali ed economiche e di cammino delle riforme.
Rimane quanto mai aperta la domanda: perché sta succedendo quello che sta succedendo? Non voglio nemmeno sospettare che ci sia qualche fondamento nei dubbi avanzati da Critica Sociale a proposito degli sponsor di Renzi, della stagione di nomine negli enti pubblici che si apre tra poche settimane, dell’ipotesi che le prossime spartizioni rappresentino le basi sociali che giustificano il cambio di allenatore e l’urgenza di caricare la pila. Non voglio sospettarlo perché non capisco nulla di politica e voglio solo occuparmi di metafore: esco dal campo, forse mi siedo sulla riva del fiume e mi metto fin da subito in quel 36 per cento – ancora secondo i calcoli di Critica Sociale – che risulteranno esclusi dalla rappresentanza politica, in base ai blocchi – superiore e inferiore – presenti nella proposta di nuova legge elettorale.
L'ASINO DI BURIDANO
Ieri sera, a tarda ora e con le idee annebbiate, mi è venuto di scrivere su féisbuc: Anche papa Francesco non si chiama Francesco I, ma perche’ il governo Renzi si chiama Renzi 1 ?