È impossibile non essere d’accordo che sia di grande importanza quanto successo ieri in molte chiese cristiane con la partecipazione di migliaia di musulmani – 23000 dice Repubblica – per partecipare a un momento di preghiera comune e di condanna dell’assassinio di padre Jacques Hamel a Rouen. Si tratta sicuramente di un gesto inequivocabile di lontananza dalle tentazioni fondamentaliste che percorrono i nostri giorni, cui fa eco la netta dichiarazione di papa Francesco, secondo cui non siamo di fronte a una guerra di religione, anche se la negazione assoluta della possibilità di guerre di religione potrebbe sollevare qualche problema, almeno dal punto di vista storico.
Nessun dubbio che vedere musulmani e cristiani pregare insieme sia di gran lunga meglio delle immagini che negli ultimi mesi hanno spesso fatto pensare al rischio di una frattura insanabile, anche se un nocciolino di contraddizione si può intravedere in una manifestazione prettamente religiosa in risposta a una violenza che si esclude essere religiosa.
Negli ultimi mesi, Giuseppe De Rita, il sociologo che spesso riesce a fotografare, in formule tanto sintetiche quanto eloquenti, le situazioni che analizza dal punto di vista scientifico, ha ripetuto che la nostra situazione attuale è caratterizzata da crescenti bisogni di sicurezza e di certezze. Ne trae conseguenze sul piano politico, sottolineando le inclinazioni verso una verticalizzazione del comando e del potere, opposta alle forme di mediazione che hanno caratterizzato altre stagioni della nostra storia. La dialettica tra certezza e sicurezza pare applicabile anche alle vicende legate al terrorismo diffuso di questi mesi: da un lato ricerca di una possibile certezza in nome della quale arrivare fino al sacrificio di sé e, dall’altro, bisogno di sicurezza di chi si sente minacciato nella stessa vita quotidiana, in nome della quale arrivare fino al sacrificio di alcuni aspetti della propria libertà.
Per questo c’è qualcosa di inquietante nelle immagini di parroci e vescovi cattolici che abbracciano con gioia musulmani più o meno autorevoli. Viene da pensare che in casa propria ognuno dei due soggetti insiste sulla necessità di certezze e sta riconquistando posizioni che erano sembrate vacillare sotto la critica dei famigerati nemici, moderni e post-moderni, rappresentati da laicismo, storicismo, relativismo. Se proprio questa ricerca di certezze suscita il bisogno di sicurezza, è almeno inquietante pensare che a offrirla siano gli stessi soggetti, questa volta stretti gli uni agli altri.
Da soli perseguono certezze che, essendo diverse, possono logicamente suscitare contrapposizioni; insieme offrono un’ipotesi di sicurezza che quelle contrapposizioni intende mitigare. La storia, anche se non piace, si è avviata su questa strada e forse conviene impegnarsi per aiutarla a cambiare direzione.
L'ASINO DI BURIDANO
Un filosofo non può accontentarsi di spiegare una realtà in base al semplice meccanismo causa-effetto. O meglio: non può isolare un fenomeno senza vederne le molte implicazioni con le altre tessere del mosaico, connessioni spesso non così evidenti ma sotterranee.
Devo dire che prima dell’articolo del professor Parodi non pensavo di mettere in relazione l’evento di preghiera comune con questo nostro bisogno di certezza e sicurezza; che invece è costantemente al centro delle mie riflessioni dell’ultimo biennio. Esso, mi sembra, sia il minimo comune denominatore di moltissimi eventi, più o meno noti.
Dalla rielezione di Napolitano, vero e proprio stigma del fallimento della dialettica parlamentare italiana alla creazione di una milizia europea operante nella penisola, che però fa riferimento ad una giunta di stati (e non è sottoposta alla legislazione italiana) … tutto in nome di un martellante Ordine e legalità al cui altare vengono progressivamente sacrificate, nella indifferenza generale, molte delle conquiste del secondo dopoguerra.
La storia insegna, è vero: e per quanto ne so, questa esigenza di certezza e sicurezza comporta quasi sempre un rafforzarmento del potere esecutivo. Un processo che è già in corso.
A proposito di connessioni non evidenti. Senza ricorrere al complottismo, ho riletto recentemente 1984 ed ho colto una sfumatura a cui non avevo mai dato importanza: Orwell insiste spesso sul fatto che gli uomini della sua società mangiano tutti lo stesso cibo, spesso di pessima qualità. Non vi avevo mai dato importanza, prima che i miei destini professionali non mi mettessero in contatto con questa evidente realtà: i piccoli produttori, gli artigiani (anche nel settore alimentare) sono sempre più ostacolati. Non tanto, o solo, dalle implacabili logiche di mercato: è in atto una vera e propria campagna (tendenza sarebbe troppo poco: è messa in atto da precisi poteri) volta all’omologazione nella tipologia e qualità dei consumi. Per dovere di brevità, lascio al lettore di inturire dove sta la correlazione.
Non credo di esagerare se sossumo questa ennesima privazione di libertà al fenomeno sicurezza e certezza.
Indubbiamente, comunque, sono preoccupato: l’idea che possano scomparire progressivamente l’Inferno di Valtellina, la libertà di autodeterminazione dei popoli, l’olio degli appennini e il pensiero relativista non mi fa dormire bene.