ZATTERA SCIOLTA

Giovanni Cominelli

Laurea in Filosofia nel 1968, dopo studi all'Università cattolica di Milano, alla Freie Universität di Berlino, all'Università statale di Milano. Esperto di politiche dell’istruzione. Eletto in Consiglio comunale a Milano e nel Consiglio regionale della Lombardia dal 1980 al 1990. Scrive di politiche dell’istruzione sulla Rivista “Nuova secondaria” e www.santalessandro.org, su Libertà eguale, su Mondoperaio. Ha scritto: - La caduta del vento leggero. Autobiografia di una generazione che voleva cambiare il mondo. Ed. Guerini 2008. - La scuola è finita… forse. Per insegnanti sulle tracce di sé. Ed. Guerini 2009 - Scuola: rompere il muro fra aula e vita. Ed. Guerini 2016 Ha curato i volumi collettivi: - La cittadinanza. Idee per una buona immigrazione. Ed. Franco Angeli 2004 - Che fine ha fatto il ’68. Fu vera gloria? Ed. Guerini 2018

CAMBIARE IL CUORE DEGLI ITALIANI

Da LINKIESTA
29 aprile 2021
Giovanni Cominelli

CAMBIARE IL CUORE DEGLI ITALIANI

Il PNRR è stato largamente scandagliato, radiografato, commentato. Le condizionalità europee ci stanno addosso. E legittimamente, visto che i soldi ce li mettono in gran parte gli altri Paesi.
Esiste, tuttavia, una condizionalità interna assai più cogente, anche se meno occhiuta: è quella degli Italiani. Di certo, gli Italiani vogliono la botte piena di Euro, ma la moglie ubriaca di riforme? Il discorso di Draghi in Parlamento ha alle spalle questa consapevolezza: che per cambiare l’Italia devono cambiare gli Italiani. Da Cavour in avanti ci insegue e si ripropone continuamente un compito storico immane: “Fatta l’Italia, occorre fare gli Italiani”. Dopo l’Unità, si è ripresentato altre due volte: dopo la Prima guerra mondiale e dopo l’8 settembre 1943. Questa dell’anno 2021 è la quarta volta. D’altronde, gli effetti del Covid assomigliano a quelli di una guerra perduta. Come la bomba al neutrone, ha lasciato in piedi le case, ma ha modificato chi ci abita dentro: la demografia con i suoi 120 mila morti, ma soprattutto il paesaggio sociale e psicologico degli Italiani.
In realtà, il sobrio accenno alla “corruzione, stupidità e interessi costituiti”, insoliti in una comunicazione ufficiale di un Capo di Governo, così come il discorso di commemorazione della Resistenza – non tutti noi Italiani siamo stati brava gente – confermano che dietro le cifre esposte freddamente da Draghi pulsa una preoccupazione etica, non sostenuta da certezze irreversibili. Gli Italiani hanno voglia di cambiare passo, di risalire il clinamen, di cambiare se stessi? Che cosa dobbiamo fare per migliorare l’antropologia del Paese? E’ migliorabile? Perché, questo è certo, non bastano né i miliardi né le riforme, se gli Italiani non cambiano. Questa domanda sotterranea è l’anima inquieta del PNRR.

Come si fa a cambiare?
Riproponendo un antico dilemma, occorre cambiare il sistema perché le persone cambino o occorre cambiare le persone perché il sistema cambi? Ho oscillato marxisticamente a lungo davanti a questo bivio, per arrivare alla conclusione, che aveva già tratto un giovane prete nel ’68, don Luigi Giussani: “Le forze che cambiano la storia sono le stesse che cambiano il cuore dell’uomo”. Come a dire: se il cuore non cambia, neppure la storia cambia corso. E’ grosso modo quanto scriveva Alcide De Gasperi nel 1943, citato nel discorso di Mario Draghi: “ L’opera di rinnovamento fallirà, se in tutte le categorie, in tutti i centri non sorgeranno degli uomini disinteressati pronti a faticare e a sacrificarsi per il bene comune”. La Resistenza confermò che esisteva una splendida minoranza di quegli uomini, che avrebbero mostrato, come scriveva sempre il leader trentino, “le virtù del carattere”. Ne occorrerà parecchio nel 2021 per raggiungere gli obbiettivi del PNRR, per affrontare “alcune debolezze che affliggono la nostra economia e la nostra società da decenni: i perduranti divari territoriali, le disparità di genere, la debole crescita della produttività e il basso investimento in capitale umano e fisico”…
Già! Chi forma il carattere degli Italiani? Non si può fare appello all’esterno. L’Italia è “causa sui” e, come scriveva Paul Cèlan, “nessuno ci forma di nuovo, traendoci fuori da terra e fango, nessuno parla alla nostra polvere”. Il Paese si trova in mezzo alla palude come il Barone di Münchhausen, obbligato a tentare di sollevarsi, afferrandosi per i capelli.
A quali capelli ci afferriamo?
Certo, non è lo Stato che può costruire l’Italiano nuovo, tocca a ciascuna persona. E’ questa l’etica cristiano-liberale della responsabilità personale.
Tuttavia esistono dei laboratori collettivi, dove gli individui diventano persone responsabili. Sono i laboratori dell’educazione. Nel concetto di educazione è contenuto un apriori ottimistico sulla natura umana: che dentro ogni individuo c’è qualcosa di buono, che un’attenta maieutica può appunto “e-ducere”, tirando fuori il meglio. E questi laboratori “educativi” sono le istituzioni sociali e politiche.
Sociali: la famiglia, la scuola, i mass-media, l’associazionismo sociale, culturale, politico, i partiti…
Politiche: lo Stato-amministrazione e lo Stato politico, la Legge. Essi possono fornire agli individui, tentati di perdersi lungo i sentieri di un individualismo di massa, egotico e corporativo, gli strumenti e le occasioni per la costruzione del Sé responsabile.
Il sistema di istruzione e educazione è uno di questi laboratori.
La Missione 4 del PNRR “Istruzione e Ricerca” vuole incidere sui fattori indispensabili per un’economia basata sulla conoscenza… determinanti anche per l’inclusione e l’equità. Si tratta di “rafforzare il sistema educativo lungo tutto il percorso di istruzione, di sostenere la ricerca e di favorire la sua integrazione con il sistema produttivo”. Prevede una dotazione di 32 miliardi di Euro, volta a far crescere la dotazione di conoscenza individuale e, perciò, collettiva. Le cifre dell’ignoranza degli Italiani sono allarmanti, dai NEET all’analfabetismo funzionale: sono la base di ciò che Draghi ha definito “la stupidità”. Se lo spirito pubblico è istupidito, ciò si deve a redazioni di giornali piene di gente semi-analfabeta, che parla del e al Paese senza conoscerne la storia, ai canali televisivi che tendono a eccitare le emozioni, essendo incapaci di proporre conoscenze, ai social pieni di insulti, di odio. Ma la causa principale si deve alla crisi profonda del sistema di istruzione, ad curricula e a ordinamenti obsoleti, all’impreparazione professionale degli insegnanti, ad una governance burocratica del sistema. Approfittando di questa crisi, l’ignoranza è montata in cattedra con la sicumera della scienza. E’ un fenomeno di massa, che il Covid ha rivelato ulteriormente e scoperchiato.

Che cosa c’entra con la formazione del carattere degli Italiani? Con l’acquisizione delle quattro virtù cardinali della prudenza, della giustizia, della fortezza, della temperanza, che sono l’essenza dell’etica pubblica? Centra, perché senza l’intelligenza del mondo, senza vedere la realtà effettuale, i comportamenti si riducono a reazioni allucinatorie. Costruire la conoscenza del mondo, introdurre alla realtà totale, sviluppare la capacità di vaglio critico è la missione educativa fondamentale della scuola.

  1. Gent.mo Autore,
    mi sono imbattuto in questo articolo su Linkiesta. L’ho letto attentamente e l’ho molto apprezzato, in ogni sua parte.
    Ho apprezzato, in particolare, la schiettezza della Sua analisi dei problemi che affliggono il nostro sistema (stupidità, ignoranza, superficialità, ignavia). Inoltre, condivido pienamente, da sempre, quanto da Lei affermato circa il fatto che l’unica – purtroppo flebile – speranza di cambiamento, in meglio, della nostra società è rinvenibile nell’educazione e nell’istruzione.
    Se più giornalisti e commentatori fossero capaci, oggigiorno, di predisporre e diffondere contenuti come il Suo, forse sarebbe ben più semplice cambiare gli italiani e, di conseguenza, l’Italia.
    Cordiali saluti

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