ZATTERA SCIOLTA

Giovanni Cominelli

Laurea in Filosofia nel 1968, dopo studi all'Università cattolica di Milano, alla Freie Universität di Berlino, all'Università statale di Milano. Esperto di politiche dell’istruzione. Eletto in Consiglio comunale a Milano e nel Consiglio regionale della Lombardia dal 1980 al 1990. Scrive di politiche dell’istruzione sulla Rivista “Nuova secondaria” e www.santalessandro.org, su Libertà eguale, su Mondoperaio. Ha scritto: - La caduta del vento leggero. Autobiografia di una generazione che voleva cambiare il mondo. Ed. Guerini 2008. - La scuola è finita… forse. Per insegnanti sulle tracce di sé. Ed. Guerini 2009 - Scuola: rompere il muro fra aula e vita. Ed. Guerini 2016 Ha curato i volumi collettivi: - La cittadinanza. Idee per una buona immigrazione. Ed. Franco Angeli 2004 - Che fine ha fatto il ’68. Fu vera gloria? Ed. Guerini 2018

BIBBIA, CLASSICI, LINGUA E STORIA

Bibbia, classici, latino: le nuove indicazioni per la scuola contro l’analfabetismo di ritorno
Giovanni Cominelli
21 Gennaio 2025

Il Ministro Giuseppe Valditara ha presentato i lineamenti essenziali delle nuove Indicazioni nazionali per la Scuola, elaborate da una Commissione coordinata da Ernesto Galli della Loggia. Si propongono due obbiettivi.
Il primo: contrastare la perdita della Lingua italiana da parte degli Italiani e dei loro figli, rilevata da tutti gli Istituti di ricerca e da chiunque legga un giornale, una tesi di laurea o ascolti un talk-show.
Si chiama analfabetismo di andata e di ritorno. Significa che vedi dei segni grafici o senti dei suoni, ma non riesci a “intus-legere”, cioè non riesci a raccogliere da dentro– è questo il significato di “intelligere” – il significato che essi velano.
Povertà lessicale in aumento, incapacità di connessione tra i concetti, mutismo espressivo. Sono un adolescente che prova amore, dolore, odio, rabbia, ma non ho i mezzi per dirlo a me stesso – e quindi per avviare una qualche forma di controllo e di catarsi – e per condividerli con altri. La povertà lessicale diviene penuria psichica, educativa, relazionale e puo’ degenerare in comportamenti violenti o in depressione.

Il ritorno ai Classici

Le Indicazioni propongono due strade: una è quella del ritorno allo studio della grammatica e, a partire dalla Seconda media, del Latino. Già oggi le scuole possono autonomamente istituire corsi di Latino.
Qui si fa un passo in più: si rende curriculare l’offerta del Latino, ma poi ci si arresta sulla soglia dell’obbligatorietà rispetto alla domanda. La seconda strada è quella dello studio dei Classici ebraici, greci, e latini, perché costituiscono la base del nostro lessico e delle nostre categorie e valori fondativi.
Si deve soprattutto agli studi umanistici anglosassoni di questi anni, tra i quali da annoverare in particolare l’opera di Martha Nussbaum, la riaffermazione dei Classici come scuola di umanità e come educazione delle passioni e dei sentimenti. Nei Classici non c’è solo l’immenso giacimento delle nostre parole – pochi americani e inglesi sanno che circa il 70% dei loro vocaboli è di origine latina –; c’è la fenomenologia della condizione umana perenne. Leggendo quei testi si viene educati al difficile mestiere di uomini.

La costruzione della coscienza storica

Il secondo obbiettivo delle Indicazioni nazionali è quello della costruzione della coscienza storica delle nuove generazioni. La Geo-storia, proposta con l’ambizione di aprire gli occhi dei ragazzi sul mondo intero, ha finito per sciogliere eventi e luoghi in una melassa globalista, senza centro e senza periferia, nella quale uno non riesce a spiegare donde viene e verso dove è diretto.
La storia del mondo viene rappresentata in diorama, nel quale non è più necessario voltarsi indietro, basta guardarsi intorno, dentro un eterno presente. Una rifocalizzazione nazionale ed europea si rende necessaria. Non si fa educazione civica senza la costruzione della coscienza storica. E neppure senza quella… geografica. Donde il ritorno alla Storia e alla Geografia.
Dietro a tutto ciò sta un’idea di Scuola quale istituzione nella quale il passato del Paese parla al suo futuro e che ritesse la sua identità e il suo ruolo nella storia del mondo. La Scuola come custode creativa dell’identità della Patria.

La reazione del tecno-wokismo global

Nell’attesa del testo ufficiale delle Indicazioni nazionali, il loro pre-annuncio ha già scoperchiato il vaso del wokismo italico. Il Ministro è stato oggetto dei mille sberleffi progressisti, dei quali da sempre sono bersaglio i pretesi reazionari, i passatisti, i nostalgici.
Che c’entrano “la piccola vedetta lombarda” e l’eroica stampella di Enrico Toti con la luminosa “new frontier” della storia universale, che è sempre contemporanea e che ci viene incontro sulle ali invisibili di Internet, dei cellulari, dei social? E che c’entra la Bibbia con noi?
Perché, allora, per essere inclusivi, non anche il Corano? Oppure, meglio ancora, perché, per essere veramente laici, non stare alla larga da ambedue? A che serve conoscere la storia nazionale, quando ci si dispiega innanzi il mondo?
L’opposizione parlamentare ha adottato unanime queste posizioni marinettiane, pseudo-avanguardiste, wokiste e islamo-gauchiste, che hanno già devastato il Partito democratico americano e la sinistra francese, con risultati infausti. All’ “odium sui” dell’Occidente, l’opposizione ha aggiunto con piglio originale l’“odium sui “ dell’Italia.

Costruire un Curriculum nazionale ed europeo

Tuttavia, tra “il dire” delle Indicazioni nazionali e “il fare” delle scuole si estende un gran mare senza vento.
Intanto, perché le Indicazioni sono amministrativamente meno prescrittive e cogenti dei Programmi. Tocca, infatti, alle singole unità autonome scolastiche definire i concreti percorsi didattici.
In assenza di un “National curriculum” e di un OFSTED (Office for Standards in Education) che ne verifichi l’attuazione – introdotti in Gran Bretagna da M. Thatcher e confermati da Tony Blair – ciascuna scuola e, infine, ciascun insegnante vanno per proprio conto, spesso in nome della libertà di insegnamento.
Qui urtiamo contro uno scoglio cruciale. Fino al ’68 – semplificando, si intende – ciascuna istituzione scolastica funzionava come un monastero che diffondeva sapere e educazione nel territorio circostante, lo bonificava, lo rendeva fertile. Per troppo pochi, si deve riconoscere!
E questo era il limite profondo della scuola gentiliana. Ma prevedeva programmi ministeriali imperativi e esami severi. Le Facoltà universitarie “producevano” le discipline e i laureati che le avrebbero insegnate.
Ciò che è accaduto dopo, in questi cinquantacinque anni, almeno per quanto riguarda le “humanities”, è stato lo sgretolamento delle discipline nelle Università e, pertanto, anche la produzione di insegnanti. Quale programma realizza oggi l’insegnante nella sua classe? Quello dei libri di testo. Chi scrive i libri di testo? Le Case editrici. E chi, dentro le Case editrici? Gruppi di laureati, tra cui molti giovani adepti della laica religione DEI – Diversity, Equity, Inclusion.
Questo “DEI-smo” global è diventato qui in Europa il mainstream. Negli Usa si sta affievolendo. Case editrici, social-media, migliaia di blog sotto-producono categorie, simboli, santini di questa nuova arida religione, guidata da potenti logiche di mercato. Le scuole ne sono attraversate e pervase, resistono a fatica. E con ciò il cerchio si chiude. Ecco perché le Indicazioni nazionali rischiano di scivolare come acqua sul marmo e di ridursi a semplici “gride”.
Dopo decenni di erosione del Curriculum nazionale la sua necessaria ricostruzione convoca le Università, il sistema politico, le culture politiche del Paese. La mediazione didattica la operano le Scuole, ma gli assi del Curriculum li deve decidere il Parlamento.

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