COSE DELL'ALTRO MONDO

Riccardo Cristiano

Giornalista e scrittore

Bergoglio: tra Scalfari e Gotor io sto con…. entrambi

Docente, studioso, ottimo conoscitore dei fatti attinenti al pensiero religioso, Miguel Gotor ha scritto un bell’articolo su Bergoglio, il papa gesuita, il papa argentino. Cosa significhi capire questo per capire il pontificato di Jorge Mario Bergoglio il professor Gotor lo spiega molto bene. Ma proprio l’accuratezza dell’analisi, scritta con empatia per Bergoglio, ha fatto un po’ ingelosire Scalfari. E io lo capisco. Scalfari ha una certa età, ha fondato Repubblica ed ha avviato un difficile percorso di ricezione della “novità Bergoglio” nel mondo laico, agnostico, secolarizzato. Lo ha fatto bene. Cioè non ha fatto il “vaticanista”, qualche volta ha dato addirittura l’impressione che fosse il papa ad intervistare Scalfari e non il contrario. Ma anche questo è servito. E’ servito per avvicinare i lettori di un giornale laico, alle volte fermi a una visione stantia di cosa questo significhi, lettori secolarizzati, alle volte fermi a una lettura stantia di cosa questo significhi, a un papa che va aiutato a dialogare senza tradire le forme a cui un cattolicesimo spasso ingessato, stantio, formalista, è troppo affezionato. E allora Scalfari, con naturalezza, si è sobbarcato l’onere di dire in modo forse “irregolare” quel che Bergoglio avrebbe potuto spiegare solo mediando nel linguaggio, tra i linguaggi. E così molti si sono avvicinati alla novità Bergoglio anche con gli “strappi teologici” di Scalfari, restando nel loro mondo ma in modo meno stantio.

Gotor ha fatto tutt’altro. Ha spiegato il Bergoglio gesuita, il Bergoglio argentino. Due tratti fondamentali e innegabili della sua personalità e della sua novità. Questo aiuta? Io spero di sì. Oppure posso dire che penso di sì. Ma in modo diverso. Il testo di Gotor va sempre al pubblico di Repubblica, ma ad un altro segmento di lettori. Pagine culturali, nonostante il richiamo in prima, che presuppongono conoscenza o almeno interesse. I colloqui di Scalfari invece hanno puntato alla pancia del pubblico di quel giornale: lui è lì che vuole o voleva arrivare.

Così i due articoli vengono presentati da Scalfari come divergenti, ma non lo sono. Scalfari per me ha avuto un po’ di gelosia… E, ripeto, io lo capisco. La passione per Bergoglio in un non credente (io non so se Gotor lo sia o non lo sia) è possessiva. Questo papa che ha chiamato anche gli agnostici, gli atei, i secolarizzati, “fratelli”, questo papa che ha creato la definizione di “agnostici pii”, per dire che a differenza degli atei devoti gli agnostici che apprezzano il dialogo lo fanno perché conoscono la pietas, tanto cristiana quanto pre-cristiana, questo papa crea insomma tra i suoi estimatori non appartenenti alla sua Chiesa un desiderio di “riconoscimento”: questo mi sembra il suo umano desiderio. Ancor più in Scalfari.

Ma nel testo di Scalfari non c’è una sola parola contro quel che afferma Gotor. Piuttosto un’aggiunta: Bergoglio crede che Dio sia uno, quindi una la religione. Questo è bellissimo anche se per evitare confusioni io avrei aggiunto “una religione, secondo diversi riti”, come disse uno dei più grandi pensatori cattolici, Nicola Cusano. Bergoglio la pensa così? Io non lo so. Ma so che per Bergoglio non siamo tutti uguali, siamo diversi, e le nostre diversità, anche religiose,  sono parte del sapiente disegno di Dio. Questo si afferma nel Documento sulla Fratellanza e questo incanta dell’universalismo poliedrico di Francesco. Siamo uguali perché diversi. L’universalismo di Bergoglio è il solo che ci libera dal  totalitarismo dell’ uniformità, e ci salva dalla deriva localista, nazionalista, identitarista. Questo è importante e aggiuntivo nel testo di Scalfari rispetto a quello di Gotor, non conflieggente.

Questo punto, sul quale Scalfari ha scritto un libro, poteva essere illustrato un po’ più dettagliatamente vista la sua rilevanza, ma lo spazio è lo spazio e Scalfari aveva un’altra cosa importante da dirci: il papa soffre chiuso a Santa Marta, impossibilitato a svolgere il suo ruolo di pastore universale. Questa sofferenza del papa chiuso – lui, il papa della Chiesa aperta- è probabilmente la grande verità che Scalfari aggiunge e sulla quale dovremmo riflettere. Tutto di Bergoglio ci dice che la  sofferenza di cui ci dice Scalfari è vera, che Scalfari ha ragione, che questo papa convinto che la realtà è superiore all’idea sente che il virus ci chiude, ci allontana, quando avremmo bisogno del senso del suo magistero, scoprirci e quindi sentirci vicini, fratelli.

Tutto sommato, se pensiamo alla portata della novità Francesco, la lezione di Gotor e la testimonianza di Scalfari ci aiutano entrambe, al di là delle umane tentazioni.

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