COSE DELL'ALTRO MONDO

Riccardo Cristiano

Giornalista e scrittore

Bergoglio, le vittime e le procedure

Con la bolla Licet ab initio, il 21 luglio 1542, Paolo III istituì una commissione cardinalizia deputata a giudicare e perseguire in tutto il mondo cattolico i reati contro la fede. La denominazione dello speciale organismo, scelta dagli stessi cardinali membri, fu Congregatio Sanctae Inquisitionis haereticae pravitatis ma negli anni successivi entrarono nell’uso comune espressioni quali «S. Congregazione del Sant’Uffizio dell’Inquisizione», o più genericamente «Sant’Uffizio». Oggi si chiama “Congregazione per la Dottrina della Fede” e la sua costante riforma appare più importante di tante altre.

Spiegando al vaticanista de La Stampa Andrea Tornielli le ragioni delle sue dimissioni dalla Commissione Pontificia per la Tutela dei Minori la signora Marie Collins non ha negato di aver citato il mancato impegno da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede a rispondere a tutte le lettere delle vittime. E su questo ha detto:

R: Non voglio fare nomi di dicasteri. Ma questo sì, è un caso specifico. Se sei una vittima, un sopravvissuto e scrivi per raccontare la tua storia chiedendo aiuto e giustizia, e vedi che non ti rispondono, tu vieni nuovamente ferito. Questo si fa fatica a capirlo. 

 D: Eppure sia Benedetto XVI che Francesco hanno incontrato le vittime, hanno dato loro ascolto, le hanno ricevute. 

 R: Francesco aveva detto di sì alla nostra raccomandazione. Chiedevamo che si rispondesse sempre e direttamente alle singole vittime. Il Papa era d’accordo, eppure alcuni non hanno voluto seguire questa indicazione. 

 Qual è la ragione del rifiuto? 

 Hanno la loro procedura interna per sbrigare la corrispondenza, e questa procedura non prevede che si risponda direttamente alle vittime, un compito che spetta ai vescovi locali.

Evidentemente molto sta nella parola “procedura”. Nella procedura infatti può esserci l’inizio e la fine di un ufficio, di qualsiasi ufficio, ma di un ufficio ecclesiastico più di altri.

Molti in queste ore si chiedono se davvero la procedura sia solo questa, se non ci siano anche procedure per iniziative congiunte, tra ufficio centrale e ufficio diocesano, se non ci siano casi di reprimenda, ad esempio nei confronti di autori di scritti che vanno o sembrano andare contro la “dottrina della fede”, che prescindano dalle iniziative diocesane. Il punto in verità a me sembra un altro: la procedura è più importante del fatto, cioè della vita fisica e spirituale di una vittima che scrive a un ufficio ecclesiastico per avere ascolto, vicinanza?

In un suo memorabile discorso, papa Francesco elencò le possibili malattie curiali. Tra queste aveva citato la malattia dell’«impietrimento» mentale e spirituale di quelli che “perdono la serenità interiore, la vivacità e l’audacia e si nascondono sotto le carte diventando macchine di pratiche e non uomini di Dio”, incapaci di “piangere con coloro che piangono e gioire con coloro che gioiscono!”

Parlò anche dell’Alzheimer spirituale, cioè “un declino progressivo delle facoltà spirituali” che si può vedere in chi ha perso la memoria del suo incontro con il Signore.

Bergoglio citò anche la malattia dell’indifferenza verso gli altri, che si ha “quando ognuno pensa solo a se stesso e perde la sincerità e il calore dei rapporti umani.”

In queste ore, in un’omelia pronunciata a Santa Marta, Bergoglio ha detto che “la bussola del cristiano è seguire Cristo crocifisso, non un dio disincarnato, ma Dio fatto carne, che porta su di sé le piaghe dei nostri fratelli”: quindi il cuore della fede cristiana è “vicinanze alle piaghe”, più che alle procedure. Ma lavorando in ufficio possiamo ritrovarci a vedere più le procedure: per questo la sua riforma, e nella sua riforma quella della Congregazione per la Dottrina della Fede, dovrebbe essere avvertita come un’urgenza quotidiana.

 

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