Lo spettro della guerra nucleare fa notizia. Il combattimento cruento di una vera e propria guerra mondiale contro i bambini, che si combatte quotidianamente e che miete vittime ogni giorno, un po’ di meno. E’ stata la guerra contro i bambini al centro della prima giornata cilena di Papa Francesco? A me sembra proprio di sì. Una guerra che si combatte abusando di loro, o condannandoli all’esclusione per le “colpe” delle loro madri, dei loro genitori. Proviamo a ricostruire. “Bisogna saper ascoltare”: si è presentato così Francesco ai cileni e alle autorità cilene, citando i disoccupati, gli anziani, i migranti, i giovani, i bambini e quindi esternando quella sensazione di vergogna per lo scandalo degli abusi ai danni di minori che ha investito il Cile e per il quale ha chiesto perdono. Al palazzo de la Moneda infatti Bergoglio ha detto: “E’ indispensabile ascoltare: ascoltare i disoccupati, che non possono sostenere il presente e ancor meno il futuro delle loro famiglie; ascoltare i popoli autoctoni, spesso dimenticati, i cui diritti devono ricevere attenzione e la cui cultura protetta, perché non si perda una parte dell’identità e della ricchezza di questa Nazione. Ascoltare i migranti, che bussano alle porte di questo Paese in cerca di una vita migliore e, a loro volta, con la forza e la speranza di voler costruire un futuro migliore per tutti. Ascoltare i giovani, nella loro ansia di avere maggiori opportunità, specialmente sul piano educativo e, così, sentirsi protagonisti del Cile che sognano, proteggendoli attivamente dal flagello della droga che si prende il meglio delle loro vite. Ascoltare gli anziani, con la loro saggezza tanto necessaria e il carico della loro fragilità. Non li possiamo abbandonare. Ascoltare i bambini, che si affacciano al mondo con i loro occhi pieni di meraviglia e innocenza e attendono da noi risposte reali per un futuro di dignità. E qui non posso fare a meno di esprimere il dolore e la vergogna che sento davanti al danno irreparabile causato a bambini da parte di ministri della Chiesa. Desidero unirmi ai miei fratelli nell’episcopato, perché è giusto chiedere perdono e appoggiare con tutte le forze le vittime, mentre dobbiamo impegnarci perché ciò non si ripeta.”
E’ stato di parola il papa. Ha detto che bisogna saper ascoltare e ha ascoltato. Dopo pranzo, durante l’incontro con alcune vittime degli abusi e durante l’incontro con 400 carcerate detenute in un penitenziario femminile. A parlare per prima è stata la cappellana del carcere: “purtroppo in Cile si incarcera la povertà.” In una società dove si fa sempre più profondo lo iato tra benestanti e poveri queste parole indicano un malessere e un problema strutturale molto serio. Poi hanno preso la parola loro, le detenute: “qui in carcere sono stata testimone del dolore di molte delle mie compagne che hanno abusato dei loro figli e altri poi li hanno uccisi”, ha detto Justin, e un’altra ha affermato: “chiedo perdono per le mie colpe, ma chiedo anche che i nostri figli non siano dei condannati a priori. Chiediamo perdono a coloro che abbiamo ferito con la nostra condotta, ma chiediamo anche alla società di perdonarci.” Quindi ha parlato lui, Bergoglio, citando una delle detenute che avevano preso la parola: “Essere private della libertà, come ci diceva bene Janeth, non è sinonimo di perdita di sogni e di speranze. E’ vero, è molto duro, è doloroso, ma non vuol dire perdere la speranza. Non vuol dire smettere di sognare. Essere privato della libertà non è la stessa cosa che essere privo di dignità, no, non è la stessa cosa. La dignità non si tocca, a nessuno. Si cura, si custodisce, si accarezza. Nessuno può essere privato della dignità. Voi siete private della libertà. Da qui consegue che bisogna lottare contro ogni tipo di cliché, di etichetta che dica che non si può cambiare, o che non ne vale la pena, o che il risultato è sempre lo stesso. Come dice il tango argentino: “Dai, avanti così, che tutto è uguale, che là all’inferno ci ritroveremo…”. No, non è tutto lo stesso. Care sorelle, no! Non è vero che il risultato è sempre lo stesso. Ogni sforzo fatto lottando per un domani migliore – anche se tante volte potrebbe sembrare che cada nel vuoto – darà sempre frutto e vi verrà ricompensato.”
La vergogna per gli abusi, il dolore delle vittime di quegli abusi, le madri che Bergoglio ha incontrato nel carcere femminile, escluse da un mondo sempre più lontano da loro e dai loro figli. E’ stata la guerra contro i bambini al centro della prima giornata cilena di Bergoglio? A me sembra di sì. Ed è proprio nella violenza e nell’esclusione, che si trova il legame tra la giornata di ieri e quella odierna, che porterà Bergoglio a pranzare con rappresentanti degli indios, nella prima visita amazzonica di Papa Francesco. E lì, in Amazzonia, la violenza è esclusione dal tessuto sociale di intere culture, di interi popoli, tema cruciale, compiutamente americano. L’Amazzonia, simbolo di violenza contro la persona, contro la natura, contro la diversità. E contro i bambini, ovviamente.
Bergoglio, il Cile e la guerra contro i bambini
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