Sono scatenati i critici di papa Francesco. Lo sono da tempo, a dire il vero. Quel che mi ha sempre colpito di loro è che sembra seguano un trend, o un leitmotif . L’ultimo è che Bergoglio sarebbe un “sempliciotto”, uno di poche letture, che ha successo perché dice delle banalità, delle cose di grande impatto ma di scarso valore e peso culturale, o forse di grande impatto proprio perché di scarso valore culturale. Ecco che un fatto recente, accaduto a me, mi consente di entrare nel modulo interpretativo e cognitivo di questi critici del papa. Mi spiego rapidamente.
Si era conclusa da poco la visita del papa in Egitto e io, in virtù di una antica stima e di una (credo) consolidata amicizia, mi sono permesso di cercare Mohammad Sammak, uno dei nomi di punta dell’islam illuminato. So qualcosa del ruolo che svolge nel mondo del dialogo e per il dialogo e da quando l’ho intervistato nel 2010, in occasione del suo intervento al sinodo dei vescovi sul Medio Oriente, non l’ho più perso. E alcune amicizie comuni beirutine mi hanno consentito di restare in contatto con lui anche quando vado in Libano, che grazie al cielo in questi anni mi è accaduto frequentemente. La stima così è diventata profonda, e la voglia di sentirlo dopo un evento che avevo percepito molto importante era considerevole. Appena arrivato a Beirut Sammak mi ha richiamato, e così ho potuto porgli una dopo l’altra tutte le domande che mi ero appuntato: ci avevo lavorato un po’ su ed ero convinto che fossero tutte le domande “importanti”. Lui ha risposto, puntuale ed esaustivo. Ma poi ha aggiunto che c’era un altro punto molto importante a suo avviso. “ Dicendoci Salam Aleikum papa Francesco è entrato dentro di noi”, nei nostri cuori, nelle nostre menti.
Lì per lì non ho capito. Anzi, mi sono dovuto trattenere dal dirgli: “lei sa la stima che ho per lei, davvero, ma salam aleikum, le uniche parole di arabo che conosce anche il mio edicolante…” Una frase che non indica ricerca, approfondimento su di voi, studio, visione… Una cosa bella, ma un po’ di circostanza… Non le sembra? Non è più importante tutto quel che ho capito io di quel che vi ha detto?
Quanta ignorante saccenteria ci fosse in questo mio moto, e quanta profondità e importanza c’era nella annotazione che mi stava educatamente mettendo sotto il naso il professor Sammak, l’ho capito dopo.
L’ho capito perché tra i libri che ho letto ce n’è uno , abbastanza complesso, che s’intitola “la sete di Ismaele”, il figlio primogenito di Abramo, concepito con Agar, la serva di Sara. Solo la voce di Sammak mi ha saputo far ricordare che la sete di Ismaele l’ho capita come il bisogno suo di essere riconosciuto come figlio, e dei suoi figli di essere riconosciuti come nostri fratelli. Sì: riconosciuti, fratelli. Ci sono in ballo secoli di storia e di fraintendimenti, di negazioni e paure, di assedi e attrazioni. Ma ci sono in ballo anche tante ignoranze, alcune vere, alcune probabilmente volute. Quante volte diciamo, come ha detto anni fa parlando in videoconferenza proprio a un simposio vaticano Steve Bannon (uomo certamente colto) che la prima guerra mondiale è scoppiata in un mondo florido e pacifico mentre da almeno un paio d’anni, lì, nei vasti “Balcani”, era già in atto un sanguinoso conflitto che si è dimostrato dalle conseguenze enormi e ancora oggi sottovalutate?
Ecco, papa Francesco, condividendo un dovere religioso dei musulmani, formulare quell’augurio di pace, ha saputo anche lenire la sete di Ismaele, pronunciando due parole che la mia saccenteria di finto “attento lettore” mi aveva fatto declassificare a “carineria”. Carineria…
Dunque una cosa molto importante è accaduta davanti ai miei occhi e io, grazie alla mia saccenteria per altro immotivata a differenza di quella di tanti critici di Bergoglio, neanche me ne ero accorto. Credo però che anche ad alcuni di loro un po’ di umiltà, a volte, e meno autocompiacimento, sarebbe utile.
Grazie,bellissima riflessione, aiuterebbe tanti!