Estate 2014. Steve Bannon, l’ex chief strategist di Donald Trump appena rimosso dall’incarico, teneva una conferenza via skype in Vaticano con i membri e gli ospiti del Dignititatis Humanae Insitute, guidato dal cardinale Leo Burke e nel quale siede anche un altro firmatario del celebri dubbi sull’esortazione apostolica post-sinodale Amoris Laetitia, il cardinale Brandmuller. E che cosa disse in quell’occasione Bannon? In buona sostanza affermò che siamo in guerra, in guerra con l’islam, e che per vincere occorre una Santa Alleanza, che faccia perno anche su quella che lui definiva la cleptocrazia di Vladimir Putin. Siccome una guerra contro un miliardo e cinquecento milioni di persone non è facile da vincersi l’invito appariva logico. Ma siamo sicuri che le cose stiano proprio così? E se ci fosse invece una minaccia che il terrorismo pone all’identità religiosa del cristianesimo, certamente europeo ma non solo, del Terzo Millennio? E’ un caso che proprio ieri papa Francesco abbia fatto capire il suo sì a ius soli e ius culturae? Vediamo.
Terroristi che viaggiano in aereo, che usano carte di credito, che trascorrono anni in galera, ma soprattutto terroristi che agiscono con i loro fratelli di sangue, terroristi come loro. Fratelli i Khouaci che agirono a Parigi, fratelli gli Hichami di Barcellona. Terroristi tutti di seconda generazione, dal loro capostipite, l’attentatore francese Kaled Khelkal, che agì nel 1995. La carta d’identità del terrorista suicida esclude immigrati di prima generazione, come di terza. Questa generazione di assassini è figlia di una “cultura”, abbraccia una causa. Quale? Io dico che la loro causa è quella di un nuovo radicalismo nichilista, che si islamizza perché la bandiera nera dell’Isis è l’unica già bella e cucita e soprattutto notissima e temutissima, pronta ad essere presa e issata, “contro”, in tutto il mondo.
I nuovi demoni, di cui sembra averci inutilmente parlato Dostoevskij, sono dei nichilisti, nichilisti che “odiano”, secondo una rigida scala psicologica, i loro genitori, che hanno lasciato Paesi che loro non conoscono ma che agli occhi di molti li identificano, e sono andati a vivere in Paesi dove loro non sanno chi essere. Non sono cittadini dei paesi d’origine dei loro genitori, ma non hanno acquisito la cultura di quelli dove i loro genitori si sono sentiti accolti. Anzi, da questi paesi loro si sentono esclusi, li odiano, li conoscono attraverso le lenti deformanti dei gruppetti dediti a furti, droghe, violenze, quelli nei quali galleggiano. E così vogliono eccellere almeno in una cosa: odiare, saper odiare più degli altri. E’ il mondo virtuale, internet, il web, a offrirgli un altro odio, quello finale, quello che gli consentirà di trovare un senso alla loro vita. Perché vivere senza un senso è ancor più difficile che morire. E così il loro nuovo radicalismo nichilista spera di trovare nella morte, nella loro morte, l’arma capace di uccidere il nostro amore per la vita, una vita che loro odiano. Gli studiosi potranno esercitarsi a capire se la odiano perché vorrebbero farne parte, se la odiano perché esclusi, marginalizzati, ghettizzati, o perché afflitti da complessi rabbiosi per via di quanto accade in Medio Oriente. Il fatto, enorme e agghiacciante, è che loro sono i nuovo nichilisti, i nuovi demoni, e noi rifiutiamo di dirlo, di capirlo, di riconoscerlo. Perché?
A mio avviso per un gigantesco motivo. Questo motivo è politico. Il terrorismo entrando in modo devastante nelle nostre vite va letto politicamente. E diviene fattore decisivo, elettoralmente. La lettura più semplice punta a ideologie “anti-imperialiste” o “identitariste”, basate su un richiamo a concetti semplici; sono i musulmani che vogliono distruggere la nostra patria, quindi noi dobbiamo cacciare i musulmani dalle “nostre” patrie. Quel “nostre” comincia con l’esclusione dei figli dei migranti nati nei nostri paesi, e non a caso papa Francesco lo ha individuato e bollato pronunciandosi apertamente in queste ore per ius soli e ius culturae. Perché sa che comincia così e prosegue escludendo i musulmani, ma non solo loro, anche “gli zingari”, “i negri”, e per molti “gli ebrei”. Dunque è l’odio religioso, etnico, razziale il prodotto del terrorismo, e l’America di oggi lo spiega meglio di altri Paesi: quanto accaduto a Charlottesville è “un po’ sottovalutato” stante il valore di “guida” che gli Stati Uniti continuano ad avere per tutto l’Occidente. E qui entra in scena un secondo elemento, drammatico: la trasformazione del cristianesimo per mano dei terroristi in azione in Europa.
I nostri terroristi agiscono in contesti secolarizzati, in società che hanno abbandonato il religioso, la mistica, la stessa pratica. Vivono i nostri contesti di capitalismo edonista che sovente ha voltato le spalle alle città locali in favore della città globale, dove la città locale diviene ricettacolo di disservizi, malavita, miseria e la città globale in essa penetrata il luogo di divertimento, di catene globali, di mode globali, di svaghi globali e quindi di business globale. Ma proprio loro, i terroristi, ci consentono, a noi de-cristianizzati, secolarizzati, consumizzati, di definirci “cristiani”, quindi di cristianizzare la nostra società consumista, edonista, individualista, senza più porci domande sul rapporto tra la nostra fede, i nostri valori e le tendenze della nostra realtà. Il nostro sistema, pubblico o valoriale, scristianizzato diviene così, per noi, il vero cristianesimo. Il terrorismo dunque, nei fatti, fa dell’Europa scristianizzata la carta d’identità del nuovo cristianesimo, e quindi del cristianesimo una religione laica. Se in passato si è pensato di ri-cristianizzare l’Europa dall’alto, la scelta di Bergoglio è stata ed è quella di una ri-cristianizzazione dal basso, dall’incontro, direi dall’inculturazione del cristianesimo nel tessuto sociale e valoriale di questa odierna Europa. Il suo pontificato ha teso a riproporre le radici cristiane in una ri-evangelizzazione dal basso, ponendo il Vangelo nella vita e non chiedendo ai capi di stato o di governo di porlo nelle costituzioni. Il terrorismo invece finisce oggettivamente col fare degli scristianizzati e degli scristianizzanti i nuovi cristiani, per il semplice fatto che si dicono tali: la loro, come tutte le religioni laiche, non ha bisogno di fede in un Dio trascendente, personale, Creatore e Redentore, anzi lo nega, ma indica ugualmente una strada, una via, per la salvezza dell’uomo, dando vita ad un sistema di dogmi, di credenze, terrene, mondane. Il loro paradiso può essere anche consumista, sopraffattore, speculatore, predatore, perché quel paradiso è “nostro”.
Eccoci dunque alla sfida epocale: svelare il volto del nuovo terrorismo, togliergli il mantello nero del sedicente Califfo e vederne il volto nichilista, antireligioso, serve non solo a salvare il vivere insieme, il cosmopolitismo, la civiltà mediterranea, ma anche a salvare il cristianesimo. Questa offensiva potrebbe infatti scristianizzare il cristianesimo.
Tutto questo ovviamente si radica nel nostro confronto attraverso percorsi apparentemente incompatibili tra di loro, visto che parte dall’estrema sinistra e dall’estrema destra, ma punta a conquistare la pancia delle nostre società. C’è dunque un disegno propagandistico forte, un disegno capace di toccare corde profonde. Possiamo cercarlo partendo dall’individuazione del volto a cui gli autori di questo disegno consegnano la tutela della nostra civiltà, del nostro stile di vita, dei nostri valori. Visto che la questione Isis affonda le sue letture nella tragedia siriana questa ricerca deve guardare a quel paese, alla Siria. E così la risposta diventa chiara. Gli autori di questo disegno propagandistico assegnano la difesa dei nostri valori ad Assad… Ecco che viene a galla come il disegno propagandista catturi estrema destra ed estrema sinistra perché fa, in modo paranoico ma purtroppo efficace, di Israele e della Cia gli alleati dei terroristi, contro Assad. E così Assad, colpevole dei crimini contro l’umanità più gravi dalla fine della seconda guerra mondiale, diviene il simbolo del bene. Lui avrebbe combattuto l’Isis (in realtà lo ha intenzionalmente favorito proprio per consentire ai suoi di dirci che ci avrebbe difeso dal nuovo terrorismo). Lui avrebbe salvato il cristianesimo in Siria (in realtà lui lo ha distrutto riducendolo dal 20% dei tempi in cui la dinastia degli Assad salì al potere al 9% del 2010). Il suo regime sarebbe “laico”, sebbene conosca benissimo la religione laica avendo fatto dell’imperatore (cioè di Assad) un dio, il simbolo cioè di un potere che sa nascondere qualsiasi crimine, dietro il nuovo totem, “la lotta al terrorismo”.
I nemici di chi vuole proteggere il cristianesimo da queste derive sono dunque molto più forti, diffusi e pericolosi di quanto si pensi. E la sfida che ha davanti papa Francesco appare davvero epocale. Tanto che nel suo pronunciamento per lo ius soli si può leggere una sfida ai terroristi (non conquisterete i figli delle vostre comunità), e a tutti coloro che in risposta al loro odio vogliono indurci a odiare.
Una lettura dei tempi molto interessante e non scontata. Grazie
straordinariamente interessante: finalmente qualcuno scrive di Bergoglio con un taglio storico _ come è la statura di questo papa _ e non di cronaca