A Beirut non bastava il sangue innocente di Loqman Slim per piangere. A Beirut per sentirsi morire serviva anche la dissociazione dall’onoranza funebre, il primo scandalo congiunto islamo-cristiano.
Come è stato poco detto, nei giorni scorsi nella capitale libanese è ricominciata la stagione degli assassinii politici. Loqman Slim, prestigioso intellettuale sciita, editore, scrittore, attivista, era famoso soprattutto per le sue idee liberali, il suo rifiuto della teocrazia. Ed essendo figlio di sciiti ha sempre seguitato a vivere nella casa di famiglia, a Beirut sud, la Beirut miliziana e teocratica per imposizione di chi la controlla, Hezbollah.
Loqman Slim, dopo essere andato in televisione a dire che ci sono elementi per temere che l’esplosione del porto di Beirut è stata causata dall’acquisto clandestino di esplosivo per il regime di Assad, è stato trucidato. I sicari del partito di Dio – che nega la sua responsabilità sebbene il figlio di Nasrallah abbia esultato sui social media dopo la sua eliminazione – lo avrebbero prima seviziato e poi lo hanno ucciso con cinque colpi esplosi uno alle spalle e quattro alla testa della vittima.
Ieri, 11 febbraio, ci sono state le esequie. Rappresentanti di tutti le confessioni vi hanno preso parte. Tutti uniti con i loro rituali hanno reso omaggio alla vittima di questa cultura criminale, totalitaria, mafiosa. La cosa però non è piaciuta. Sui social media attivisti di Hezbollah e dei gruppi cristiani alleati politicamente con il partito di Dio hanno cominciato a inveire, a insultare gli esponenti religiosi che avevano osato salutare non la vittima, ma “il reo”. Così il primo a prendere le distanze da se stesso è stesso il chierico sciita che aveva preso parte alle esequie, Ali al-Khalil: “ho sbagliato. Non avrei dovuto farlo. E poi le mie posizioni (di adesione ad Hezbollah, ndr) sono note”.
Era il bacio della pantofola che i miliziani che controllano con le armi (e i soldi) la comunità sciita esigevano. Ma non era abbastanza. Anche molti attivisti cristiani del partito di Michel Aoun, capo dello stato eletto per volontà di Hezbollah, hanno cominciato a inveire, ad attaccare il sacerdote che aveva osato omaggiare “un musulmano”. E come? Facendo intonare gli inni del Venerdì Santo! “Ma quelli sono consentiti solo per esequie di fedeli cristiani” hanno scritto a rotta di collo, su facebook e altri social. Non erano ragazzate, tanto che già poche ore dopo l’arcidiocesi maronita ha emesso un comunicato ufficiale nel quale si specifica che il religioso che aveva partecipato alla cerimonia non apparteneva ai loro “ranghi” e comunque non era stato delegato dal vescovo a rappresentarlo alla cerimonia.
Così il funerale di Loqman Slim oltre che un bellissimo saluto di tutti i figli di Beirut (musulmani e cristian) a un loro nobile fratello, è diventato anche l’occasione per il primo esempio di “disonoranze funebri” islamo-cristiane.
Viene il sospetto che quello di Loqman Slim sia stato ben altro funerale. Infatti il Libano rimane senza governo dal 4 agosto, giorno dell’esplosione del porto, nessun passo avanti è stato fatto nella presunta indagine su quella tragedia, la violenza e la miseria conquistano il Libano e ora si appaiano nel disonore alla sacra ipocrisia. I mantelli neri del terrore e della corruzione sperano così di chiudere l’ultimo sprazzo di azzurro nel plumbeo cielo calato sugli arabi.