Marzo 2013. Lui non poteva immaginarlo, ma di lì a pochi giorni sarebbe stato sequestro. Era una mattina come tante altre e l’arcivescovo siriaco ortodosso Gregorios Yohanna Ibrahim non era con il metropolita greco ortodosso Paul Yaizi quando disse, al servizio in arabo della BBC, che “in Siria non c’è una persecuzione dei cristiani e non c’è un piano per eliminare i cristiani. Le pallottole girano e colpiscono tutti, non sono sparate contro i cristiani perché sono cristiani.” Poi, raggiunto dal suo collega di sventura, prese la strada per tornare ad Aleppo a bordo della sua vettura grigio chiaro. Ma prima di arrivare in città, provenendo dal confine turco, quell’auto venne assalita da ignoti. L’autista, il diacono Fatthallah Kabboud, venne freddato. E il loro interminabile sequestro ebbe inizio. Ma quel giorno, in macchina non erano in tre. Per quanto buona parte delle cronache lo ometta, con loro, stando al dettagliato racconto fatto da subito da un suo parente, Jamil Diarbekirli, c’era anche Fouad Eliya, devoto segretario del metropolita, ultra settantenne. Ad autista e segretario, ha raccontato Jamil Diarbekirli, venne intimato di andarsene subito, a piedi. L’autista fuggì e poco dopo venne ucciso. Fouad Eliya invece disse di voler restare con i vescovi, e venne minacciato di morte. Ore dopo, terrorizzato e sconvolto, fece ritorno al suo villaggio, poi, a quanto è dato sapere, riparò all’estero. Qui sembra emergere il vero interrogativo al quale le numerosissime ricostruzioni difficilmente offrono una risposta: perché i terroristi non lo hanno eliminato? Quale vantaggio potevano avere dalla sua permanenza in vita? La certezza del più assoluto silenzio? La certezza di far emergere quel che gli interessava far sapere? E ancora, perché è dovuto andar via, e come?
Torniamo ai fatti come li conosciamo, tenendo conto che da qui in avanti si entra in un’area grigia, fatte di piste e depistaggi, di ricatti, falsità. C’è una sola bussola per orientarsi: al-Qaeda e Isis “usano” i sequestrati, purtroppo; o come James Foley, il giornalista americano orrendamente decapitato, o come padre Tom, il salesiano tenuto per oltre un anno nello Yemen, dopo il barbaro assassinio delle suore della carità, in attesa di un riscatto.
Stando a talune affermazioni attribuite a Fouad Eliya, lui avrebbe riferito che l’auto con a bordo i due vescovi passò senza problemi un posto di blocco del Free Syrian Army, ma dopo due chilometri incappò in otto uomini armati, all’apparenza non siriani; lingua e vestiario gli avrebbero fatto capire che fossero caucasici. I più hanno tradotto queste parole con “miliziani di al-Qaeda”, come confermerebbe un messaggio scritto e misteriosamente inviato da uno dei vescovi sequestrati. Altri, compresi esponenti dell’opposizione di religione cristiana, “unità ceceno-inguscete iniettate sul terreno da Assad (ci sono gruppi ceceni che hanno operato in Ucraina e poi si sono trasferiti in Siria). C’è, ovviamente, anche l’ipotesi di una voce diffusa “ad arte”.
La prima pista, quella del sequestro da parte di insorti jihadisti, venne immediatamente avvalorata dal suor Agnese de la Croix, la pasionaria di Assad: formatasi in un Carmelo libanese legato al mondo lefebvriano, la suora ha svolto in quegli anni un ruolo attivissimo, arrivando a sostenere tra le prime che il massacro della Ghouta, alle porte di Damasco, fu una macchinazione per darne la responsabilità al governo di Assad. Il ministro degli esteri russo la citò intervenendo all’Onu. Ancora nel 2015 suor Agnese confermava di aver avuto conferma che i due vescovi erano prigionieri a Raqqa, la città del nord della Siria caduta nelle mani dell’Isis.
Le sue parole hanno sempre trovato una forte e chiara conferma nelle dichiarazioni ufficiali di Abbas Ibrahim, il potente capo della Sicurezza Generale libanese, ufficialmente legato ad Hezbollah, da sempre. Fu lui il primo, ad ottobre 2013, a dire in un’intervista che c’erano notizie sulla detenzione dei due vescovi, assicurando che negoziati attraverso un facilitatore erano in corso per ottenerne la scarcerazione. Lo confermò anche a fonti cattoliche e poi, in un successivo intervento pubblico, annunciò che la questione poteva essere “prossimamente” risolta.
Recentemente Abbas Ibrahim ha guidato i negoziati per la resa di 600 miliziani dell’Isis (inclusi i familiari) ad Arsal, in Libano, dopo un lunghissimo conflitto che ha visto protagonista l’esercito libanese, ma la cui conclusione è stata affidata, assunta e gestita ad Hezbollah.
Poco dopo il felice esito di quella mediazione, che ha visto i terroristi riportati sani e salvi in Siria da Hezbollah, il segretario generale di Hezbollah, Hasan Nasrallah, ha tenuto a riferire pubblicamente che durante i negoziati sulla resa dell’Isis, guidati come detto dal suo fedelissimo Abbas Ibrahim, erano state chieste notizie sui due vescovi. Ma l’Isis avrebbe fatto sapere di non aver e non aver avuto nulla a che fare con loro, dal sequestro in poi. E le fonti di suor Agnese? E le fonti dello stesso Abbas Ibrahim? E i negoziati avviati via terzi? Dopo aver detto di avere conoscenza dei luoghi di detenzione come mai il potente capo della Sicurezza Generale libanese doveva umiliarsi a chiedere qualche lume in merito tramite i miliziani dell’Isis prossimi alla resa ad Arsal?
L’impressione che Nasrallah abbia fatto questo suo annuncio per dimostrare ai cristiani che è lui il loro “protettore” è forte. Impossessandosi del negoziato con l’Isis, sconfitto dall’esercito libanese, Nasrallah ha detto ai libanesi “lo stato sono io”. Con la frase sul tentativo di acquisire notizie sui vescovi, Nasrallah ha detto ai cristiani libanesi, “vi proteggo io”. E questo ci porta all’unico trasparente, chiaro, di questa orrenda e oscura vicenda, il punto che ci suggerisce che la chiave per capire tutto questo potrebbe trovarsi nelle righe iniziali, cioè in quelle dichiarazioni rese dal vescovo Gregorios Johanna Ibrahim: “in Siria non c’è un piano per eliminare i cristiani”: affermazioni del genere sembrano proprio quel che il regime siriano non ha mai voluto sentire. La sua strategia di presentarsi come il “protettore”, la sua riesumazione dell’Alleanza delle Minoranze, veniva così colpita al cuore. Ovviamente cinque anni dopo, purtroppo, non si può dire che l’altra ipotesi, quella del terrorismo jihadista, non possa essere quella vera. Ma non si può, pensando a questa opzione, non porsi questa domanda: come avrebbe usato i due ostaggi quell’area criminale che ruota tra al Qaeda e l’Isis?
COSE DELL'ALTRO MONDO
Teoria insulsa diffusa dall’ opposizione. Se la opposizione dicesse che c’è Assad dietro alle scie chimiche, Cristiano crederebbe alle scie chimiche. In realtà è stato il gruppo di Harakat Nureddine Zenky a rapire i due vescovi e crediamo siano già stati uccisi.
Ma voi non eravate quelli che definivano teoria insulsa diffusa dall’opposizione l’accusa ad Assad di aver usato il sarin a Khan Shaykhoun? Ora che è provato dagli esperti dell’ONU perchè non partiamo da lì, dal certo, prima di passare all’incerto?