Un articolo di Asor Rosa apparso su La Repubblica ci aiuta a capire l’enormità di Francesco, inteso come vero fenomeno culturale globale. La cosa interessante è che il papa non vi è neanche citato e dunque devo spiegare il senso dell’intervento di Asor Rosa per poi dire perché sia la dimostrazione dell’enormità del fenomeno globale e culturale “Francesco”. Asor Rosa prende le mosse da quanto accade nelle Università americane, dove i grandi classici greci e romani “vengono chiamati in causa e sempre più rifiutati per aver contribuito in maniera determinante alla formazione di una white culture da cui sono derivati colonialismo, razzismo, nazismo e fascismo”. I classici insomma sono accusati di aver creato una cultura dell’esclusione e della condanna. Per Asor Rosa “la cultura della critica, e conseguentemente della rimozione, dell’eliminazione e del rigetto fa parte integrante della “cultura occidentale”: e qui cade – anche nel caso nostro – la distinzione rispetto a questi stupidi di filologi classici (se tali si possono definire) che ne condannano le manifestazioni più superficiali e marginali. Se così non fosse, la forza espansiva della cultura occidentale, non sarebbe mai nata.” Qui seguono esempi importanti e illustri, da Platone a Dante e il suo “no” a Maometto. E ovviamente altri. Ma dobbiamo soffermarci su un passaggio: senza quanto citato, e cioè senza il rigetto e l’eliminazione, la “forza espansiva della cultura occidentale non sarebbe mai nata”. Bene. Andiamo al punto successivo: “L’inarrestabile avanzata occidentale sul resto del mondo ha significato sconfiggere quanto di passivo e d’immobile c’era. Il più delle volte, ahimè, se ne sono ricavate pallide imitazioni, oppure, peggio, semplici trasfigurazioni e camuffamenti dei vecchi sistemi, chiusi e puramente aggressivi: mero meccanismo di potere – quando lo si ritiene necessario – volto alla sopraffazione e distruzione dell’altro piuttosto che al suo mutamento”. Dunque l’altro deve mutare? La cultura occidentale ha sconfitto immobilità e passività?
Quando si sostenne che bisognava esportare la democrazia in Iraq non si parò di immobilismo e passività, ma di una feroce dittatura che impediva un progresso democratico. L’idea dei neocon non era quella di creare delle gigantesche scuole di alfabetizzazione occidentale. Nella loro visione da leninisti antileninisti loro pensavano a fare dell’esercito americano “l’ala marciante della democrazia”.
Ora l’articolo di Asor Rosa biasima, a mio avviso giustamente, la distruzione delle statue, proprio come ha fatto Francesco: la storia non si cancella, credo io. Ma nell’articolo di Asor Rosa non ho trovato un esempio di altre culture, quelle non occidentali, che sarebbero – se ho ben capito – espressione di mondi immersi in immobilità e passività. Ma il resto del mondo è questo? Allora non resterebbe che cancellarsi da soli ed entrare nel salvifico universo culturale occidentale. Ma se il nostro stile di vita, individuale e collettivo, è cambiato dal giorno in cui l’esercito ottomano ha scoperto nello Yemen il caffè e loro ne hanno poi commercializzato la derivata bevanda, consentendoci di avere caffetterie oltre a un modo nuovo di svegliarci, se Nelson Mandela, per fare un piccolo grande esempio, è esistito ed ha parlato anche a me, forse le altre culture hanno espresso anche altro. Gli altri esempi non mancano.
Per questo l’articolo mi ha incuriosito e mi ha fatto capire l’enormità di Francesco e della sua fratellanza. Cosa dice Francesco? Francesco dice che siamo diversi: “La libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi. Per questo si condanna il fatto di costringere la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura, come pure di imporre uno stile di civiltà che gli altri non accettano”. Questo messaggio risponde ai segni dei tempi, che in questi tempi di globalizzazione fallita riguardano essenzialmente la necessità di imparare e accettare che siamo diversi e dobbiamo vivere insieme, senza pretendere superiorità assimilazioniste, ma diversità che si riconciliano. E’ il tema del mondo, oggi, ovunque.
Questo articolo così mi ha fatto ricordare che tanti anni fa scoprii che in arabo la parola individuo non esiste, si traduce certo, ma il vocabolo corrispettivo non c’è. Il vocabolo con cui si traduce “individuo” vuol dire “uno di una coppia”. Ci rendiamo conto di cosa significhi questo? E’ stasi, rispetto a Cartesio? E’ immobilismo? O siamo diversi? E se vogliamo vivere insieme abbiamo il dovere di riconoscere questa ricchezza che è la diversità, o riteniamo che uno di una coppia deve accettare di essere uno e basta? L’enormità del pluralismo di Francesco è la vera novità con cui non riusciamo a fare i conti, ma con la quale la storia, la realtà sociale, la dinamica del mondo ci obbliga a fare i conti. Anche se può sembrarci scomodo, o magari sbagliato, o ingiusto.