Niente da dire: Giuseppe Conte è stato coerente con se stesso. Ciò che aveva deciso il Conte gialloverde, il Conte giallorosso lo ha portato a termine: la vendita delle due fregate Fremm all’Egitto del despota al-Sisi, è ora ufficiale. Vistata dal Consiglio dei ministri. La “commessa della vergogna” è stata varata. Con buona pace delle promesse, da marinaio è proprio il caso di dirlo, di fare piena luce sull’assassinio (di Stato) di Giulio Regeni e sul rispetto di quei diritti umani sistematicamente, brutalmente calpestati dal presidente-gendarme egiziano. I mezzi distinguo, i passeggeri mal di pancia che ci sarebbero stati nelle fila del governo, lasciano il tempo che trovano. Le chiacchiere stanno a zero: l’Italia ha armato gli assassini di Giulio. E lo ha fatto con un Governo del quale fanno parte ministri di sinistra.
Amara verità
Siamo alla fiera delle bugie. Al valzer dei dietrofront. Ad una compagnia di giro che non sa dove sia di casa la coerenza. Sono passate poco più di 24 ore da quando, mercoledì pomeriggio, durante il question time alla Camera il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, sembrava rassicurare i deputati di Liberi e Uguali che gli chiedevano conto del via libera del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, alla maxi-commessa da 9-11 miliardi per la vendita di armamenti all’Egitto: “La vendita non è ancora stata autorizzata”, aveva detto il titolare della Farnesina, rispondendo a chi considera l’affare un “tradimento”, come lo ha definito la famiglia stessa, nei confronti di Giulio Regeni. Il giorno dopo, nel corso del Consiglio dei Ministri, con un’informativa il premier ha però confermato, da quanto si apprende senza nessuna opposizione tra i membri del governo, il via libera.
“Il Consiglio dei ministri – racconta uno dei partecipanti – ha solo preso atto del fatto che i capi delegazione dei partiti erano d’accordo con l’invio delle due fregate Fremm all’Egitto”. Precisando che “Fincantieri non vende all’Egitto, ma a un organismo internazionale che gestisce l’operazione. Le due fregate dovevano andare alla Marina militare italiana, che rinuncia a favore del regime di al- Sisi. Il ministero degli Esteri autorizza l’esportazione”.
In realtà in quel momento il ministro della Salute Speranza, di LeU non c’era. Impegnato in una riunione sui vaccini a livello europeo. “A Conte – dice oggi – ho sempre detto che noi eravamo contrari, abbiamo anche fatto una riunione di gruppo dove il no è stato ribadito, non è vero che tutti i capi delegazione erano d’accordo. Abbiamo anche presentato un’interrogazione parlamentare, ma non è bastato”.
Così, si arriva alla riunione di ieri. Il premier prende atto del via libera delle delegazioni – che LeU nega di aver dato – e annuncia che l’affare si farà. Nessuno spiega nulla. Nessuno – in maggioranza – esce con un comunicato per spiegare all’opinione pubblica le ragioni di quella scelta.
Il Pd – raccontano fonti parlamentari ad Annalisa Cuzzocrea di Repubblica – – ne ha discusso in un incontro riservato con il segretario Nicola Zingaretti, il vice Andrea Orlando, i ministri, il capo delegazione e i capigruppo alla Camera e al Senato, e ha deciso di non opporsi. Dario Franceschini – ricostruisce Repubblica – prende però la parola in Cdm e fa mettere agli atti una condizione: che ci sia una posizione netta del presidente del Consiglio Conte sul caso Regeni, già quando sarà audito dalla commissione parlamentare di inchiesta, “per dimostrare che i due piani non sono incrociati, perché sarebbe intollerabile”. Lo stesso Franceschini fa sapere che sempre in Cdm ha chiesto e ottenuto per la prossima settimana una riunione dei capidelegazione sui decreti sicurezza da portare subito dopo all’attenzione dei ministri.
Game over
La partita politica è finita qui perché prima della luce verde definitiva manca solo l’ok dell’Uama, l’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento, che dovrà solo certificare che la vendita dei materiali militari, due fregate Fremm a cui dovrebbero in futuro aggiungersi altre 4 navi simili, 20 pattugliatori d’altura di Fincantieri, 24 caccia Eurofighter Typhoon e 20 velivoli da addestramentoM346 di Leonardo, più un satellite da osservazione, sia avvenuta nel rispetto delle normative italiane e internazionali. Firma che, dicono, è attesa già “nelle prossime ore”. Il tutto prima che il presidente Conte riferisca davanti alla commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di Giulio Regeni, in seguito alla richiesta avanzata dal presidente in quota LeU, Erasmo Palazzotto, dopo le indiscrezioni uscite riguardo alla maxi-commessa.
Ultimo a protestare è stato il deputato del Pd, Matteo Orfini, che poco prima della conclusione del Cdm aveva annunciato che “lunedì insieme ad altri presenterò alla direzione del Pd un ordine del giorno che chiede di interrompere la vendita di forniture militari all’Egitto. Spero che molti lo sottoscrivano e che venga approvato senza tentennamenti”. Per quel giorno, probabilmente, l’Uama avrà però già dato il via libera definitivo.
Ma nei giorni scorsi c’erano state anche le proteste di altri deputati di maggioranzache avevano chiesto in coro il passaggio parlamentare, come previsto dalla legge 185/90 e come avviene per le decisioni riguardanti la politica estera, oltre che dichiarare che una scelta del genere rappresentava uno schiaffo alla memoria di Regeni e anche a Patrick George Zaki, lo studente egiziano dell’università di Bologna in carcere al Cairo dal 7 febbraio. La richiesta era arrivata da Laura Boldrini del Pd, Luca Fratoianni di LeU e anche dalla portavoce alla Camera del Movimento 5 Stelle Yana Ehm. Appelli però non ascoltati dall’esecutivo.
E in mattinata sulla questione è intervenuto anche Matteo Renzi. Il leader di Italia Viva, parlando a Circo Massimo, su Radio Capital, ha dichiarato: “Mi permetto di dirle, e scandisco ciò che sto dicendo, che è arrivato il momento che gli inglesi dicano la verità su questa storia, l’atteggiamento di apparati istituzionali inglesi non è più accettabile. È arrivato il momento che tutti tirino fuori le carte sulla vicenda”, ha detto riferendosi alla mancata collaborazione alle indagini, oltre che degli apparati egiziani, anche dell’università di Cambridge, per la quale il ricercatore di Fiumicello era andato in Egitto, e della professoressa Maha Abdelrahman.
Ora, cosa c’entri tutto questo con la “commessa della vergogna”, è difficile da comprendere. Il senatore di Rignano può sottolineare, scandire, ritmare, chiedere che tutti tirino fuori le carte, minacciare la perfida Albione, ma sulla “commessa della vergogna” tace. E chi tace, acconsente.
Quanto al Movimento5Stelle, alle voci critiche, come quella di Gianluca Ferrara, capogruppo pentastellato nella Commissione Affari Esteri in Senato, replica Vito Crimi. Secondo il capo politico del M5s, infatti, “non vendere le fregate all’Egitto non avrebbe portato nessun valore aggiunto nel percorso per raggiungere la verità sulla morte di Giulio Regeni”.
Crimi ha poi aggiunto: “Vorrei sottolineare che non stiamo regalando le navi, ma le stiamo vendendo. L’Egitto le ha chieste a vari Paesi e noi abbiamo la possibilità di fornirle, di fatto è una manovra di tipo economico”. Crimi conclude affermando che invece “gli sforzi della diplomazia e il lavoro del presidente Conte” forse riusciranno ad ottenere qualche risultato. Questa, sia pure non ufficializzata, è anche la posizione di Di Maio. Silente resta il presidente della Camera, Roberto Figo, in passato tra i più duri censori del regime egiziano, al punto di apparire in contrasto con lo stesso Di Maio. Apparire, per l’appunto. Perché poi, al momento dei fatti…
Continuismo
Le polemiche dei giorni scorsi e la dura reazione della famiglia Regeni, che ha detto di essersi sentita “tradita” dal governo, non sono servite a nulla. D’altra parte, questo caso è scoppiato soltanto per la telefonata tra Conte e al-Sisi in cui sarebbe stato sbloccata direttamente la vendita delle fregate, ma l’Italia fa affari militari con l’Egitto da anni, mostrando un sostanziale disinteresse per la verità sull’omicidio di Giulio Regeni. A fine gennaio, quarto anniversario della scomparsa del ricercatore, la collaborazione tra autorità italiane e egiziane era sostanzialmente ferma, a causa dell’ostruzionismo degli investigatori egiziani: l’ultima rogatoria risale a un anno fa, quando è emersa la testimonianza di un uomo che avrebbe ascoltato un funzionario della Amn el-Dawla, agenzia di sicurezza nazionale che fa capo al Ministero dell’Interno egiziano, ammettere il pedinamento e il sequestro di Regeni, sospettato di essere una spia. La procura di Roma ha iscritto nel registro degli indagati 5 agenti dell’Ann el-Dawla, ma senza una vera cooperazione giudiziaria con il Cairo queste indagini sono destinate a rimanere sulla carta.
Vendere armi all’Egitto non è problematico solo per le singole vicende giudiziarie di Giulio Regeni e Patrick Zaki, ma, più in generale, perché l’Egitto di Al-Sisi è una brutale dittatura che perseguita abitualmente giornalisti e attivisti — oltre ad essere alleato, in Libia, di Khalifa Haftar, nemico del governo di Tripoli appoggiato anche dall’Italia. Dall’inizio della pandemia sono stati arrestati in Egitto almeno dieci giornalisti, mentre nell’ultima settimana le autorità stanno prendendo di mira le giovani influencer su TikTok, accusate di “diffondere immoralità”.
La diplomazia degli affari ha seppellito ancora una volta quella dei diritti umani. Non è una novità, si può eccepire. Vero. Ma almeno, abbiate il pudore di togliervi dalla bocca il nome di Giulio Regeni. I piazzisti di armi, pubblici e privati, ne hanno infangato la memoria. Per loro, basta una parola: vergogna.