CROCE E DELIZIE

Corrado Ocone

Filosofo

Antistatalismo storicistico. Per un concetto diverso di Individuo.

Di liberalismo si può ragionare in diversi modi, considerando ad esempi l’aspetto pratico-istituzionale-economico di esso oppure quello ideale o “spirituale”. Credo però che anche se del liberalismo si ragiona dal primo dei due punti di vista che ho citato si debba avere comunque ben presente che anche per questo rispetto non lo si può identificare, come ad esempio fa Norberto Bobbio in Politica e cultura (1955), con lo Stato liberale, usando i due termini quasi come fossero sinonimi. Anche Benedetto Croce compie a volte questa identificazione, che viene fuori quasi “naturalmente” o spontaneamente, ma nel suo pensiero sono presenti tutti gli elementi per sciogliere il liberalismo, come io ritengo sia giusto fare, nella Storia (che è appunto, secondo la sua definizione, “storia della libertà”). Da un certo punto di vista, la critica che Croce fa al concetto di Stato è molto più radicale di quella che fanno i “liberali-liberisti”, a cominciare dagli esponenti del’ “individualismo metodologico”. E lo è non solo perché per Croce “lo Stato non è entità” in quanto è “nominalisticamente” (Sartori) ridotto a un “complesso mobile di svariate relazioni tra individui” (Filosofia della pratica, 1909); cioè è “nient’altro che un processo di azioni utilitarie di un gruppo d’individui o tra i componenti di esso gruppo” (Etica e politica, 1931). Lo è più radicalmente perché egli si rende conto che lo Stato è un’ “invenzione” storica, cosa che non può essere l’esigenza umana di libertà o il liberalismo. In particolare, lo Stato, nato in un particolare momento dello sviluppo storico, in un altro preciso e determinato momento come ogni cosa umana è destinato a perire. Detto altrimenti, la dicotomia Stato-Individuo, entro cui in molti continuano a pensare esclusivamente lo stesso liberalismo concependolo come un insieme di regole e procedure per limitare il primo a favore dei diritti del secondo, è del tutto interna all’epoca moderna. Il fatto, che però non deve destarci preoccupazioni eccessive, è che anche l’Individuo è un’ “invenzione” della modernità, almeno nel senso della sua concezione sostanzialistico-cartesiana: è una finzione concettuale. Per rendersi conto di questo punto, è consigliabile la lettura di un bellissimo libro che molto sta facendo discutere in queste settimane il mondo anglosassone degli studi. Il volume, di cui è autore un affermato pensatore americano trapiantato a Oxford, Larry Siedentop, è edito da Allen Lane e si intitola: Inventing the Individual: The Origins of Western Liberalism. È un libro che, fra l’altro, collega in maniera stretta il “secolarismo liberale occidentale” alla tradizione cristiana. E lo fa con un movimento di pensiero che va in una direzione opposta a quello compiuto in Italia, ad esempio, da Luciano Pellicani. E’ un ordine di idee quello sviluppato da Siedentop con una mole impressionante di documenti e ragionamenti convergente in buona sostanza con le idee espresse da Croce nel noto saggio del 1942 sul Perché non possiamo non dirci cristiani. Oltre che, ovviamente, in molti altri luoghi (cfr. il mio saggio dedicato al filosofo napoletano nel volume di Autori Vari, I grandi maestri del pensiero laico, appena pubblicato dalla casa editrice Claudiana). E in effetti, Croce, in linea con la filosofia novecentesca, ha dato dell’individuo questa definizione: “l’individuo è la situazione storica dello spirito universale in ogni istante del tempo (dell’umanità in genere si può dire in modo meno equivoco, nda), e perciò l’insieme degli abiti che per effetto delle situazioni storiche si sono prodotte”. E così continua: “E bisogna accuratamente scansare quei modi di concepire ove si parla di un medesimo individuo in due situazioni diverse, o di due individui diversi in una situazione medesima; perché individuo e situazione sono tutt’unoiIl concetto crociano di individuo non è, fra l’altro, troppo dissimile da quello heideggeriano di Esser-ci. Ed è del tutto consonante con l’affermazione di José Ortega y Gasset che “l’uomo è la sua circostanza”. Il fatto è che, per usare una metafora, ove muore il re, cioè lo Stato, muore anche il suddito, cioè l’individuo. Più in generale, risulta confermato da queste mie brevi considerazioni, che lo sforzo di oggi deve essere quello di riconciliare il liberalismo, che è una dottrina protomoderna, con la filosofia: concependolo come una teoria filosofica assolutamente post-statalistica, ma anche e ugualmente (nel senso specificato) post-individualistica.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *