Non c’è dubbio che Croce nutrisse simpatia per Shaftesbury. Probabilmente anche umana, considerato che il filosofo inglese era persona cordiale e gioviale, ottimisticamente aperta alla vita. Ma ciò che più colpisce Croce è che, nel lungo e finale soggiorno napoletano, seppur in condizioni di salute sfavorevoli, il conte si sia interessato quasi esclusivamente di arte, frequentando pittori e artisti, ponendosi nuovi problemi e soprattutto di ordine estetico, abbozzando anche un trattato che doveva restare incompiuto su The Language of the Forms. In quelle note sul Bello, osserva Emma Giammattei, in un articolo su Shaftesbury uscito la domenica di Pasqua sull’edizione napoletana del “Corriere della sera”, si riconosceva “il nucleo genetico dell’idea di arte come forma integrale, armonia dello spirito che si fa espressione per il tramite della natura compresa. E’ il nesso profondo instaurato fra il senso della bellezza e l’autonomia della morale, in un misterioso indistricabile intreccio etico – estetico, di esterno e di interno, in seguito ripreso nella filosofia tedesca tra Sette e Ottocento e infine ripensato, con novecentesca problematicità, nell’ Estetica crociana”. In Shaftsebury, osserva l’autrice, “l’Arte si rivela per la prima volta come lo spazio centrale e nevralgico del Moderno” (l’articolo ha per titolo: Tra le mura dove nacque l’estetica). E in effetti in Shatesbury Croce ritrovava le tracce, o i prodromi, di una concezione che da una parte tendeva a superare i dualismi integrando i poli della natura e dello spirito in un’idea di Geist che non li annullava; dall’altra, attraverso l’idea di “uomo morale” che aveva sempre ispirato il pensiero shaftesburiano, legava non solo etica ed estetica, ma anche la politica, in un insieme compiuto. Quell’uomo così concepito, nella sua spontaneità e libertà, faceva sì che la sua azione nel mondo, anche e soprattutto quella politica, avesse un valore in senso lato liberale (sul “liberalismo” del pensatore inglese cfr. le interessanti osservazioni contenute nel saggio Croce “lettore” di A. Shaftesbury contenuto in un volume appena pubblicato: Franco Crispini, Per una rivisitazione di Croce, Rubbettino, pp 31– 50, soprattutto la parte finale). Dal primo punto di vista, l’’arte, in particolare, come forma originaria dello spirito, media per Croce il nostro rapporto con tutto ciò che è naturale e terrestre, integrandolo completamente nel nostro, unico, mondo. Come non aveva fatto, perché non in grado di fare, la vecchia metafisica. “In tanto si intuisce in quanto si esprime”, la nota formula crociana, è veramente un gettare l’occhio su quel momento aurorale dell’origine (che non va intesa ovviamente in senso temporale) in cui soma e psiche emergono, o si stagliano, dal fondo indistinto che ci precede e ci accompagna (chissà, forse anche la fisiognomica, disciplina screditata dalle esagerazioni e perversioni positivistiche, ha una sua dignità?). Dal secondo punto di vista, risulta invece evidente come richiama anche quello sul liberalismo “come concezione del mondo e della vita” che si sta portando avanti in queste pagine. Un liberalismo che può essere definito “senza teoria” da un punto di vista teorico, perché ha superato ogni metafisica divisione del mondo fra idee e fatti; “realistico”, dal punto di vista pratico, perché non si immunizza nei confronti delle forze che muovono il reale ma fa propria la grande lezione del realismo politico e dello storicismo dialettico. Per questo liberalismo, che è poi un sempre continuo e mai riuscito tentativo di adeguarsi al movimento del reale, di vivere in equilibrio (dinamico e precario) con esso, quella che in senso lato si chiama la formazione o la tempra morale, la cultura di una persona, conta più che non l’adesione a un partito, a una teoria, a un astratto schema di pensiero o di azione. Ecco, perché questa idea di liberalismo non può non tener fuori dal suo ambito autori come Habermas o come Hayek, non certo perché l’uno avrebbe una concezione “di sinistra” e l’altro “di destra” del liberalismo stesso. Ma di Hayek, e soprattutto di certi “ottusi” hayekiani, parleremo nel prossimo capitolo di questo blog. .
Non ho capito qual è il problema. Il libro del professir crispini è stato opportunamente da me citato nella continuazione del post. In ogni caso, l’ispirazione per il post stesso me l’ha data non il libro di Crispini, ma l’articolo pubblicato dalla Giammattei, anch’esso da me citato Di Shaftesbury e Croce ho parlato anche in passato, come si può vedere andando sul mio sito
Sicuramente non ci si poteva aspettare altro da chi non è un crociano “militante”, Per fortuna, anche un modesto storico delle idee può(ha potuto) attingere senza condizionamenti di alcun tipo al ricchissimo e vastissimo patrimonio storiografico dell’importante filosofo del novecento italiano ed europeo.