COSE DELL'ALTRO MONDO

Riccardo Cristiano

Giornalista e scrittore

Un anno dopo Abu Dhabi, quando il Mediterraneo ha fatto suo il linguaggio del Concilio.

 

Un anno fa veniva firmato ad Abu Dhabi il documento sulla fratellanza, redatto da Papa Francesco e dall’imam dell’università islamica di al-Azhar. Un testo epocale, perché pone fine a secoli di discriminazioni religiosamente giustificate dall’Islam nelle terre dove è espressione della maggioranza e a secoli in cui il cristianesimo ha preteso di uniformare se stesso e gli altri all’ Occidente. Infatti questa pretesa viene esclusa dal documento, che riconosce la diversità culturale indicando la volontà della Chiesa di diventare veramente globale e quindi di esprimere un cattolicesimo plurale. E l’Islam?  L’Islam finalmente ha rigettato il sistema della protezione al quale si è adattato da secoli, dimenticando la costituzione di Medina, quella voluta da Maometto e che non discrimina per motivi religiosi i popoli del Libro, ma li definisce un unico popolo. Sono queste le novità che rendono epocale il documento firmato ad Abu Dhabi appena un anno fa, ma che i leader dell’Oriente cristiano si ostinano a non diffondere, a non promuovere, che i leader dell’Occidente cristiano si ostinano a voler ignorare, come quelli dell’Oriente musulmano. Tutto questo Però non conta perché i popoli del Mediterraneo, da Baghdad a Beirut, da Tehran ad Algeri, da Istanbul a Khartoum, hanno dimostrato di aver letto, capito e condiviso, cingendo il Mediterraneo in un unico movimento per la cittadinanza e la fratellanza. Questo movimento ha sfidato eserciti e apparati repressivi tra i più potenti del mondo, tra i più feroci del mondo. Era accaduto qualcosa di simile nel 2011, ma in questo 2019 è avvenuto in modo trasversale, interconfessionale, con la più forte è sorprendente rivendicazione di non violenza che ci sia mai stata. 

Questo compleanno del documento di Abu Dhabi non può certo dire di aver sconfitto i sopraffattori, i nemici del vivere insieme. Ma può dire di aver trovato tantissimi amici, milioni di amici, determinati a ricostruire il Mediterraneo, che apparati repressivi, milizie e cricche di potere hanno spezzato. 

E quale linguaggio ha unito un anno fa tutti i fautori del vivere insieme? Il linguaggio del Concilio Vaticano II. Francesco e l’imam Ahmad Tayyeb lo hanno chiaramente scelto, quel linguaggio, sapendo che quel linguaggio sa raggiungere il Mediterraneo ebraico, il Mediterraneo cristiano, il Mediterraneo musulmano e quello del lumi. 

Visto che siamo al cospetto di un testo davvero epocale abbiamo il dovere di riconoscerlo questo grande gesto di coraggio, soprattutto da parte musulmana: fare proprio il linguaggio del Concilio Vaticano II come linguaggio di tutti gli uomini di buona volontà del Mediterraneo. 

Per me è evidentemente così, l’incipit del documento sulla fratellanza si ricollega chiaramente alla dichiarazione Nostra Aetate, del Concilio Vaticano II. Questo testo infatti comincia così: “Nel nostro tempo in cui il genere umano si unifica di giorno in giorno più strettamente e cresce l’interdipendenza tra i vari popoli, la Chiesa esamina con maggiore attenzione la natura delle sue relazioni con le religioni non-cristiane. Nel suo dovere di promuovere l’unità e la carità tra gli uomini, ed anzi tra i popoli, essa in primo luogo esamina qui tutto ciò che gli uomini hanno in comune e che li spinge a vivere insieme il loro comune destino.I vari popoli costituiscono infatti una sola comunità. Essi hanno una sola origine, poiché Dio ha fatto abitare l’intero genere umano su tutta la faccia della terra (1) hanno anche un solo fine ultimo, Dio, la cui Provvidenza, le cui testimonianze di bontà e il disegno di salvezza si estendono a tutti (2) finché gli eletti saranno riuniti nella città santa, che la gloria di Dio illuminerà e dove le genti cammineranno nella sua luce (3).” 

In modo non molto dissimile la dichiarazione di Abu Dhabi esordisce con queste parole:  “La fede porta il credente a vedere nell’altro un fratello da sostenere e da amare. Dalla fede in Dio, che ha creato l’universo, le creature e tutti gli esseri umani – uguali per la Sua Misericordia –, il credente è chiamato a esprimere questa fratellanza umana, salvaguardando il creato e tutto l’universo e sostenendo ogni persona, specialmente le più bisognose e povere.” 

Poco oltre ci si rifà chiaramente anche allo stile di un altro importantissimo documento conciliare, la dichiarazione Gaudium et spes. Lì i padri conciliari hanno scritto così: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore.La loro comunità, infatti, è composta di uomini i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito Santo nel loro pellegrinaggio verso il regno del Padre, ed hanno ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti.”  

Nella documento di Abu Dhabi c’è solennità, ma lo stesso afflato:  “in diversi incontri dominati da un’atmosfera di fratellanza e amicizia, abbiamo condiviso le gioie, le tristezze e i problemi del mondo contemporaneo, al livello del progresso scientifico e tecnico, delle conquiste terapeutiche, dell’era digitale, dei mass media, delle comunicazioni; al livello della povertà, delle guerre e delle afflizioni di tanti fratelli e sorelle in diverse parti del mondo, a causa della corsa agli armamenti, delle ingiustizie sociali, della corruzione, delle disuguaglianze, del degrado morale, del terrorismo, della discriminazione, dell’estremismo e di tanti altri motivi. Da questi fraterni e sinceri confronti, che abbiamo avuto, e dall’incontro pieno di speranza in un futuro luminoso per tutti gli esseri umani, è nata l’idea di questo Documento sulla Fratellanza Umana. Un documento ragionato con sincerità e serietà per essere una dichiarazione comune di buone e leali volontà, tale da invitare tutte le persone che portano nel cuore la fede in Dio e la fede nella fratellanza umana a unirsi e a lavorare insieme, affinché esso diventi una guida per le nuove generazioni verso la cultura del reciproco rispetto, nella comprensione della grande grazia divina che rende tutti gli esseri umani fratelli.”

I nemici del Concilio, nel chiuso dei loro ambienti oscuri, potranno pure non vederlo, o negarlo, o temerlo, ma ad Abu Dhabi il Concilio ha visto il suo linguaggio trovare una forza spirituale non più solo cattolica. E di questo un anno dopo si deve aver l’onestà di dire “grazie”. In tante piazze del Mediterraneo milioni di persone lo fanno, possiamo farlo anche noi. 

 

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