Qualche mese dopo gli attentati dell’11 settembre, Michael Walzer scrisse un articolo per Dissent, intitolato “È possibile una sinistra decente?”, che mandò su tutte le furie molti simpatizzanti di quello schieramento politico. Nel suo intervento, Michael puntava il dito contro quanti consideravano la strage pianificata da Osama Bin Laden come una vendetta “per i crimini della potenza imperiale”. Troppi osservatori radicali avevano reagito al dolore dei loro concittadini e al desiderio di punire al Qaeda dichiarando sostanzialmente che gli americani se l’erano cercata. Quella reazione era, secondo Michael, un fatto “indecente”, perché “in questo momento occorre semmai riconoscersi e impegnarsi come cittadini di una stessa nazione. Possiamo essere critici quanto vogliamo, ma sta di fatto che condividiamo lo stesso destino; siamo responsabili della sicurezza dei nostri connazionali così come loro lo sono della nostra, e la politica deve tener conto di questa reciproca responsabilità”.
Michael è un uomo estremamente razionale, i cui lucidi e incisivi scritti di filosofia morale e teoria politica sono letti e apprezzati in tutto il mondo. Ma i suoi ragionamenti scaturiscono da una passione, come si evince chiaramente da quel controverso articolo. La “critica connessa”, per citare la sua definizione, implica la necessità di essere pienamente e appassionatamente coinvolti nella società in cui si vive, se davvero si vuole contribuire a cambiarla. “Coraggio, compassione e un buon occhio sono le tre qualità che un bravo critico deve possedere”, scrive Walzer, come “gli uomini e le donne di comune virtù e ordinaria umanità”.
Qualità che risaltano nelle migliaia di contributi di Michael sulla rivista di cui è stato prima giornalista e poi direttore, a partire da quello d’esordio (un brillante articolo sul Partito Comunista e lo strenuo tentativo di affrancarsi dal passato stalinista), pubblicato quasi sessant’anni fa. Michael può essere un critico feroce o indulgente, ma sa che in ogni caso gli autori saranno grati del tipo di coinvolgimento che pochi periodici sono ancora in grado di offrire. Con il suo “buon occhio”, riesce sempre a cogliere uno spunto originale e illuminante dalla vecchia paccottiglia ideologica. E non si fida di chi scrive di idee e impegni politici senza usare tanti “ma”.
Il concetto di “decenza” è caduto in disuso nel lessico politico, e spesso viene inteso come un semplice sinonimo di grazia o decoro. Ma la “decenza” di Michael Walzer è qualcosa di più fondamentale e profondo; qualcosa che lo porta a spiegare, con dovizia di esempi, qual è il modo più giusto di pensare e di agire per sistemare un articolo sconclusionato, per discutere una questione controversa, per rimediare a una palese ingiustizia o per scongiurare, dichiarare e fermare una guerra.
Gli autori dei tre contributi che pubblichiamo in questo dossier conoscono Michael molto bene e discutono con cognizione di causa dell’approccio che ha sempre adottato nell’affrontare questioni importanti e nel curare la sua rivista. Il loro è un piccolo tributo alla storica firma di Dissent, ora che ha rassegnato le dimissioni da condirettore; una decisione che comprendo perfettamente, come ogni scelta di Michael, anche se mi riempie di dispiacere. La buona notizia è che continuerà a scrivere per noi, aiutandoci pazientemente a concepire una rivista più intelligente e stimolante. E, forse, anche “decente”.
(Traduzione di Enrico Del Sero)
Michael Kazin è condirettore il Dissent. Il suo ultimo libro è American Dreamers: How the Left Changed a Nation (Knopf 2011).