Mi chiamo Paola ed ho svolto il mio anno di SCN nel periodo luglio 2005-luglio 2006 presso la sede nazionale di Arci Servizio Civile, Roma.
Il progetto s’intitolava “Promozione locale del Servizio Civile Nazionale”, era un progetto a rete. Ciò significa che il progetto era realizzato in diverse città italiane e che le sue finalità e obiettivi si estendevano nell’arco temporale di 3 anni, coinvolgendo così numerosi volontari. Io prestai servizio proprio nella sua terza annualità, il che mi permise, insieme agli altri volontari coinvolti, di tirare le somme e creare un kit per la promozione del SCN presso le sedi di Arci Servizio Civile (ASC).
Perchè fare domanda di SCN?
Nel 2003 mi ero laureata in Scienze della Comunicazione presso l’Università degli Studi di Torino e fu proprio il docente con cui scrissi la tesi a farmi conoscere l’opportunità del SCN di cui io non sapevo assolutamente nulla.
Ancora oggi è il passaparola il mezzo attraverso cui i giovani vengono a conoscenza dei bandi di SCN.
Trascorsi un anno a Londra, ma l’idea di poter dedicare un’anno in progetti di utilità sociale e nel contempo mettere in campo le mie conoscenze teoriche continuava a frullarmi per la testa. Fu così che decisi di tentare e inviai la mia candidatura. Scelsi Roma come sede di attuazione e così partecipai, insieme a decine di altri ragazzi, ai colloqui di selezione.
Nel 2004 la situazione occupazionale, sebbene più rosea dell’attuale, aveva già chiarito, almeno nella mia testa, lo stato delle cose.
I miei genitori migrarono a Torino dal Sud Italia negli anni ’60, affrontando il razzismo di allora e contribuendo con molta fatica e tanto lavoro alla costruzione di quell’Italia che poi conobbe il boom degli anni ’80. Per loro poter vedere me all’Università era una grande soddisfazione e promessa di un futuro migliore. Io corsi come un treno, dalle scuole superiori all’Università al periodo di formazione all’estero, ma quando arrivò il momento di lanciarmi nel mondo del lavoro “boooom!”, compresi che c’era il “nulla” ad attendermi: il futuro ci era/è stato rubato.
L’anno di SCN rappresentò per me qualcosa di concreto. Sognavo di essere occupata nel settore comunicazione del Terzo Settore ed ecco arrivare la mia opportunità. Un anno all’interno di una grande associazione per impegnarmi ed imparare da chi di strada ne ha già fatta un po’. Avevo il desiderio di mettere alla prova il mio bagaglio teorico di conoscenze, volevo poter fare qualcosa e volevo poterlo fare non solo con la testa ma anche col cuore.
Sei stata selezionata!
Il mio anno di SCN si svolse presso la sede nazionale di ASC, associazione di promozione sociale che lavora su tutto il territorio italiano per la creazione e gestione di progetti di SCN in Italia e all’estero.
Durante l’anno di SCN con i miei “colleghi” volontari realizzammo alcune cose interessanti e che ancora non erano state fatte: una newsletter ed una pubblicazione dal titolo “Dire, fare, comunicare la Pace”.
Il progetto a cui prendevo parte era un po’ particolare. Io lo definii un meta-progetto perchè, a differenza dei progetti che hanno una ricaduta diretta sugli utenti o sul territorio in cui operano, la promozione del SCN lavora nel backstage.
Parlare o scrivere di SCN è sicuramente diverso dall’occuparsi della scolarizzazione dei bimbi rom o della salvaguardia delle spiagge italiane o dell’affiancamento alla protezione civile durante eventi drammatici come il terremoto dell’Aquila.
Durante quei 12 mesi vinsi la mia timidezza, imparando a parlare di fronte ai ragazzi delle scuole superiori così come nelle platee più formali degli incontri internazionali (Bruxelles, Parigi, Londra). Imparai a lavorare in un gruppo, a confrontarmi con le Istituzioni, a capire meglio la società in cui vivevo. In poche parole capii il significato di cittadinanza attiva.
Tra le tante opportunità di quell’anno ci fu anche la partecipazione all’Onu dei Giovani e alla conclusiva marcia per la pace Perugia-Assisi. Era la prima volta che mi trovavo a percorrere quei 24 Km insieme a migliaia di altre persone, discutendo e condividendo temi che impegnavano tutti: pace, disarmo, cittadinanza, nonviolenza, finanza etica, ecologia, salvaguardia del pianeta ecc ecc…
A cosa è servito e a cosa non è servito
Il SCN ha avuto per me una duplice funzione, una sul piano della crescita professionale e l’altra sul piano umano.
In un anno ho acquisito competenze pratiche che mi sono state utili nel mondo del lavoro, ma ho inoltre acquisito una maggiore consapevolezza.
Temi come l’obiezione di coscienza, lotta per il disarmo, nonviolenza di cui ero a digiuno sono ora tra i valori portanti del mio percorso di vita.
Il SCN è senza ombra di dubbio un anno di estrema utilità e importanza, un anno che ogni giovane dovrebbe poter svolgere per avere una visione più ampia del mondo che ci circonda e per poter “imparare facendo”, per uscire dalla logica della competizione sfrenata e comprendere che è nella cooperazione che si esce da vincenti.
Il Servizio Civile Nazionale, svolto presso associazioni che ci credono davvero, permette veramente di divenire “il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”.
Speranze e disillusioni
Oggi continuo ad occuparmi di SCN come formatrice per accompagnare i volontari nell’espletamento dell’obbligo formativo (42 ore di formazione generale, temi: legalità e democrazia partecipativa, gestione nonviolenta dei conflitti, disagio giovanile, protezione civile).
Ho avuto modo di incontrare giovani, di età compresa tra i 18 e i 28 anni, di diversa provenienza geografica. Nel primo incontro domando sempre quali siano le motivazioni e le aspettative che li hanno portati a dedicare un anno al SCN. Al di là dell’aspetto economico, che oggi a maggior ragione è un punto a favore, i ragazzi sono spinti dal desiderio di mettersi alla prova, di poter sperimentarsi e al contempo di poter fare qualcosa per rendere la comunità/l’Italia/il mondo migliori.
Tra i giovani che ho incontrato c’è molto disincanto, alcuni sono anche pessimisti, ma la maggior parte di loro ha forza e grinta. Alcuni di loro sono già impegnati nel mondo del volontariato, altri ci approdano per la prima volta. Tutti hanno una gran voglia di fare, di inventare, di scoprire, di “buttarsi”. I sogni non ce li hanno rubati, sarà solo un po’ più complicato realizzarli!
I giovani di oggi sperano che il SCN li possa introdurre nel mondo del lavoro, desiderano acquisire competenze riconoscibili e spendibili sul mercato occupazionale. Temono di poter essere semplicemente “forza-lavoro” a buon mercato per associazioni o enti che faticano a sopravvivere in un mare di tagli. C’è da sottolineare, infatti, l’alto livello di istruzione dei giovani partecipanti al SCN.
“Ho scelto il SC perché motiva a essere solidale”, “Ho scelto il SC perché mi mette alla prova, fa collaborare e lavorare in gruppo”, “Ho scelto il SC perché fa conoscere la difesa nonviolenta e non armata della patria”: queste alcune delle motivazioni emerse dai monitoraggi svolti da ASC durante l’anno di SCN.
L’ultima, la difesa nonviolenta e non armata della patria, si presenta ad inizio servizio come la cenerentola delle motivazioni, ma al termine è quella con l’incremento maggiore. La modalità nonviolenta di risoluzione dei conflitti, da quelli personali a quelli globali, sembra essere un mondo sconosciuto, inedito.
La guerra, purtroppo, sembra essere il paradigma in cui nasciamo ed è con difficoltà che, talvolta, in aula parlo di pace come situazione naturale dell’essere umano. Da persona nonviolenta non rifiuto il conflitto, ma semplicemente non accetto la sua soluzione violenta.
Speranze per il futuro (in vista anche delle prossime elezioni politiche)
Il SCN è per tutti! Almeno così vorrei che fosse: un’opportunità aperta a chiunque desideri farla e non un privilegio per poche migliaia di giovani.
Le associazioni soffrono dei pesanti tagli al SCN così come la comunità tutta. Si tratta di una risorsa preziosissima, mai valorizzata come dovrebbe. Ogni cittadino ha bisogno di una bussola per orientarsi nel mondo e il SCN è sicuramente un utile strumento a tale scopo: cittadinanza attiva, educazione alla pace, salvaguardia dell’ambiente, tutela del patrimonio artistico. Ciascun progetto di SCN contribuisce a creare un mondo più giusto e ogni volontario contribuisce in questo sforzo imparando inoltre a comprendere le connessioni tra percorso individuale e mondo.
Siamo nati e cresciuti in una società che ci ha fatto credere che la guerra sia una situazione normale, che l’uomo sia violento per natura. Servono nuovi modelli forti per aiutarci tutti ad uscire da questo paradigma mentale falso e falsificante ed il SCN è uno degli strumenti possibili.