Per approssimarci all’universo mentale e morale di Benedetto Croce ho individuato alcuni termini di un ideale dizionario crociano. A sessant’anni dalla morte, mentre assistiamo ad un vero e proprio ritorno di attualità del suo pensiero, credo possa essere utile e opportuno.
ARRETRATEZZA E’ una delle accuse più frequenti rivolte al pensiero crociano dagli esponenti di quella “reazione” ad esso che si è sviluppata dopo la sua morte. Fra coloro che più si sono distinti nel movimento anticrociano degli anni cinquanta ricordiamo i cosiddetti “neoilluministi” (Abbagnano, Bobbio, Viano) e la corrente dei marxisti non storicisti (Della Volpe, Colletti e tutti coloro che interpretavano Marx come uno scienziato del mondo morale). Diverso il discorso per i marxisti storicisti della linea De Sanctis-Labriola- Croce- Gramsci, che formalmente dettavano la linea culturale del Partito Comunista: volevano “superare” Croce, ma dall’interno di un pensiero dialettico e idealistico come il suo (era questo il senso dell’Anti-Croce di cui parlava Gramsci).
ARTE Croce è uno dei più strenui difensori novecenteschi dell’autonomia dell’arte, la quale non può pertanto, secondo lui, essere giudicata con criteri ad essa estraneia: politici, morali, di utilità pratica, di perizia tecnica. Quanto di più lontano, per dire, dalle estetiche del marxismo.
CONCETTO Quello “puro” è unità di intuizione particolare e universale logico, secondo il modello kantiano della sintesi a priori. Un concetto senza intuizione è vuoto e una intuizione senza concetto è cieca. Detto, in altre parole: non ha senso né la metafisica, né il relativismo. Una “terza via” fra postmodernismo e Nuovo Realismo, per dirla con i termini del dibattito attuale.
CROCIANI Croce cercava “discepoli non inerti”, cioè in grado di pensare autonomamente e con la propria testa i sempre nuovi problemi che la Vita avrebbe posto. Per lui la fedeltà era non ad un corpus di dottrine, ma a un metodo: quello disinteressato del sapere. Per questo egli non ha creato né amato le “scuole”, di nessun tipo.
CONTEMPORANEITA’ “Ogni storia -scrive Croce- è storia contemporanea”. Infatti, anche quando tratta degli argomenti più lontani nel tempo, la storiografia, cioè il pensiero o la filosofia, è mossa da un interesse particolare che il soggetto ha nel momento presente. Il reale è perciò sempre mediato dal pensiero e dal soggetto. In ciò consiste l’idealismo di Croce: come il suo maestro Hegel, egli avrebbe potuto tranquillamente dire che ogni filosofia è idealismo. DISTINTI Croce ritiene che l’attività umana possa essere compresa distinguendo in essa quattro categorie ( ma meglio sarebbe dire ambiti di attività): due teoriche e due pratiche. Dal primo punto di vista la conoscenza può essere o dell’individuale (arte) o dell’universale (logica); nel secondo caso, l’azione può tendere o ad un fine di utilità pratica (l’economica che per Croce ingloba anche la scienza-tecnica, la politica e il diritto) o all’interesse generale (etica). I distinti delineano un moto circolare, dall’estetica all’etica, ove ogni momento presuppone il precedente: non si dà logica senza estetica, né morale senza economica. Il pensiero porta naturalmente all’azione verso la quale ha un carattere “preparante ma indeterminante”.
DIALETTICA La logica dialettica è quella che adegua l’andamento del reale. Il quale si svolge attraverso un movimento di tesi e antitesi. Al contrario di Hegel, per Croce la dialettica non si chiude mai in un sapere definitivo. E alla logica degli opposti che la sorregge, se ne aggiunge una dei distinti scandita dalle quattro categorie.
ETICA L’etica presuppone l’economica: se ne fa a mene scade nel moralismo, cioè diventa un vano conato che afferma dei principi astratti senza avere la capacità e la forza per realizzarli. L’etica concreta a cui fa riferimento Croce si esplica soprattutto nella politica, ove spesso il moralista astratto o è un ingenuo incapace di ottenere risultati concreti o è un furbo che usa ipocritimente la morale per convincere le persone semplici a scopi di potere personale.
FILOSOFIA La filosofia per Croce è il momento metodologico della storiografia. In effetti, potendo applicarsi al solo mondo che conosciamo (e che è l’unico, egli scrive, che possiamo concepire), per Croce il pensiero non può mai slegarsi dal dato intuitivo concreto, in un orizzonte di assoluta immanenza. La conoscenza è dunque storiografia e la filosofia è il ragionamento astratto sulle categorie che la sorreggono, cioè nei concetti più adatte a comprendere il reale.
FILOSOFO La figura del filosofo ne risulta completamente laicizzata. Croce critica aspramente i filosofi dell’essere (“purus philosophus purus asinus””), cioè quelli che si atteggiano a depositari di verità non concesse ai comuni mortali (quasi fossero, dice, dei “Buddha” risvegliati). Più in generale filosofo è ogni uomo nel momento in cui ragiona sugli elementi ultimi della propria esistenza: il cosiddetto filosofo lo fa solo in modo più intenso e continuativo. La differenza fra lui e l’uomo comune è di quantità, non di qualità.
GIUDIZIO E’ il centro della logica crociana. Pensare significa giudicare, quindi assegnare ad un particolare intuitivo, cioè a un fatto della realtà, un concetto (cioè uno dei distinti: l’etimologia tedesca del verbo giudicare è proprio tagliare, distinguere). Il processo va dal basso all’alto: la realtà non può essere giudicata in modo astratto a partire da un ragionamento sui soli concetti, ma partendo dai fatti e cercando la regola di una loro possibile universalità: il modello è quello del giudizio riflettente kantiano, non di quello determinante. Ne scaturisce una critica a ogni forma di determinismo o di “filosofia della storia” (ciò che Popper chiamva in modo improprio “storicismo”). E quindi una concreta affermazione di libertà.
GIUSTIZIA Croce è un realista politica. Nella prefazione del 1917 alla raccolta dei suoi saggi su Marx scrive che occorre serbare gratitudine al pensatore di Treviri “per aver conferito a renderci insensibili alle alcinesche seduzioni della dea Giustizia e della Dea Umanità”. Chi predica la Giustizia astratta per Croce o è un ingenuo o è in malafede e interessato. Per Croce la Giustizia, come la moralità, non esiste nei proclami o nei programmi, ma nella capacità di affrontere con spirito giusto le situazioni specifiche che la vita ci propone.
INTUIZIONE L’ “intuizione lirica” dà espressione ai sentimenti ed è già una prima forma di conoscenza, quella del particolare (possiamo dire dei “fenomeni” che ci appaiono nella realtà, separati dagli altri). Per Croce “in tanto si intuisce, in quanto si esprime”. Ciò, fra l’altro, significa che il fruitore di un’opera d’arte ripercorre in se stesso il processo di creazione dell’artista (ed è perciò anch’egli tale: l’uomo nasce poeta”) Croce)
LIBERALISMO Quello di Croce è un liberalismo etico e filosofico, “metapolitico” come lo definisce. Esso è “una concezione generale della vita e della realtà” fondata sull’idea di dialettica o svolgimento. La disposizione pratica liberale è di fiducia e favore verso la varietà delle tendenze, alle quali, egli dice, si vuole offrire un campo quanto più possibile aperto per gareggiare e competere e far emergere la soluzione migliore. Quello di Croce è pertanto un liberalismo non conciliativo, ma basato sulla lotta, il conflitto, la competizione.
PROVINCIALISMO Lungi dall’essere provinciale, la filosofia crociana era inserita in un contesto internazionale di relazioni e influenze. Provinciale è stata invece, per una sorta di eterogenesi dei fini, proprio la filosofia a lui successiva
PSEUDOCONCETTO E’ un termine infelice con cui Croce designa i concetti empirici (tipo quelli delle scienze naturali) e quelli astratti (della matematica). Lo è perché egli stesso ha detto che questo tipo di concetti è diverso ma di pari dignità rispetto al concetto puro di cui parla nella Logica definendolo universale concreto o sintesi a priori. Quest’ultimo è il concetto che noi utilizziamo per descrivere la realtà, o per narrare la storia (per Croce è lo stesso)
SCIENZE In Croce, contrariamente a quanto gli è stato imputato, non c’è assolutamente una svalutazione del pensiero scientifico, ma solo una distinzione fra diversi tipi di concetto, tutti parimente degni. D’altro canto, le stesse scienze sono piene di concetti filosofici o puri. E viceversa la cosiddetta filosofia è piena di concetti scientifici o “pseudoconcett”. Quella di Croce è una delle poche filosofie novecentesche che mette sullo stesso piano scienza e filosofia, “una difesa delle scienze” come egli stesso disse nella prefazione alla terza edizione della Logica. Croce non avrebbe mai potuto sottoscrivere una frase come quella di Heidegger: “le scienze non pensano”
STORICISMO Croce definisce la sua filosofia “storicismo assoluto”, intendendo affermare con ciò che “la realtà è storia e niente altro che storia”. Ciò significa che la natura non esiste: anche le rocce mutano, seppur in modo lento e quasi impercettibile. La natura è quindi una finzione umana, un modo con cui la realtà viene atteggiata dall’intelletto per fini pratici o conoscitivi.
UTILE Croce modestamente diceva che la scoperta del momento utilitario o economico era uno dei pochi vanti che poteva ascriversi, non avendo per il resto fatto altro che “sistemare” idee e “scoperte” di altri filosofi. Giudicare in modo positivo il momento dell’ utile (e quindi dell’efficacia dei mezzi rispetto al fine) comporta riconciliarsi con il mondo degli interessi su cui si fonda l’età moderna. Ma impone anche un ripensamento dell’etica, che non può essere quella astratta della convinzione bensì l’altra laica della responsabilità. L’etica si misura nelle azioni compiute, in quella che Croce chiama l’Opera.
VERITA’ Croce crede nella verità, non è un relativista. La sua non è però la verità definitiva della metafisica classica: è una verità storicamente individuata, la verità della situazione specifica (contestualismo). Essa si esplica nella forma del Giudizio. Alla sua concezione della verità, espressa nella Logica (un’opera stranamente non più riproposta dagli editori), si sono ispirati pensatori novecenteschi come Collingwood, Gadamer, Skinner.
VITA E’ un tema che percorre come un fiume carsico tutta la riflessione crociana, svolgendo una funzione indebolente o addirittura destrutturante rispetto all’ordine dei distinti. Già alla fine del “sistema”, Croce afferma che, se altri pensatori dopo di lui, individueranno, con più solidi e validi argomenti, altre e diverse “categorie”, essi debbano essere i benvenuti: le forme dello Spirito da lui individuate sono da intendersi nulla più che come mobili e provvisori “paletti”, utili semplicemente ad orientarsi nella realtà. “E perché –scrive- la Filosofia, non meno dell’Arte, è condizionata dalla Vita, nessun particolare sistema filosofico è definitivo, perché la Vita, essa, non è mai definitiva … In questo senso la Verità è sempre cinta di mistero, ossia è un’ascensione ad altezze sempre crescenti, che non hanno giammai il loro culmine, come non l’ha la Vita”. Fra l’altro, Croce ripeteva spesso il motto di Goethe: “Viva chi vita crea!”, che per lui era l’essenza dell’etica. Le categorie, che nella Storia del 1938 diventano “potenze del fare”, esplodono infine col concetto di Vitalità, elaborato negli ultimi anni.
VITALITA’ La “cruda e verde” Vitalità di cui parla l’ultimissimo Croce è solo in parte la vecchia categoria dell’Utile. Più in generale è la forza quasi organica che mette in modo la dialettica e quindi anche ogni categoria specifica. Una “supercategoria” che accompagna e in qualche modo “precede” anche l’affermarsi dei valori che la tradizione ha giudicato più nobili (il Bello, il Vero e il Bene).