Negli ultimi anni il mutualismo è diventato dei concetti più fraintesi del dibattito politico.
A destra, è stato usato per ottenere vantaggi politici di breve respiro da parte dei conservatori e manipolato per essere integrato con un’idea amorfa e nebulosa di impresa sociale che abbraccia tutto, dalla benevolente cittadinanza corporativa all’elevazione irrealistica del settore volontario fino al presunto ruolo di attore principale nell’erogazione dei servizi fondamentali del welfare state.
A sinistra, invece, è entrato alla ribalta come “nuova fase” del Labour ma non è mai stato riconosciuto per il suo ruolo centrale nella filosofia e storia del movimento dei lavoratori, né gli è stata data sufficiente prominenza all’interno della narrativa del partito.
E’ per questo motivo che abbiamo bisogno di una definizione chiara di mutualismo che riconosca il suo ruolo legittimo a sinistra, che smascheri le circostanze politiche della sua appropriazione da parte della destra e fornisca idee pratiche al Labour in ottica della riarticolazione della sua proposta alla nazione.
Sono concetti che affermo con un profondo senso del dovere in quanto segretario generale del Co-operative Party, l’organizzazione che più di ogni altra ha portato avanti la torcia ideologica del mutualismo per oltre novant’anni.
In tanti anni di attività, abbiamo sempre rilanciato l’idea di mutualismo tramite i nostri manifesti e abbiamo doverosamente giocato il ruolo di consorella del Labour nella buona e nella cattiva sorte.
E’ stato dunque particolarmente irritante venire a conoscenza dell’uso spurio di “Big Society” da parte di David Cameron come un tema da campagna elettorale, quando il Manifesto del Labour ha incluso 24 idee per politiche della mutualità e cooperative adottate dal Co-operative Party.
Il Labour avrebbe dovuto essere più sfacciato nell’esplicitare il ruolo del mutualismo come collante del suo manifesto e come antidoto allo squallido opportunismo dei Tories, considerando quanto è stato abile Cameron a convincere la popolazione che il loro impegno verso il mutualismo fosse genuino e destinato a durare.
Per aggravare il tutto, dopo che l’obiettivo dell’elezione è stato mancato, alcuni esponenti della sinistra sono caduti nel tranello di denunciare la “big society” della coalizione Tory/Lib Dem come cavallo di Troia per i tagli al servizio pubblico.
Il Co-operative Party la vede diversamente. Allo stato attuale, la “big society” è una versione molto più insidiosa del thatcherismo poiché piazza un’irragionevole pressione su volontari e personale dell’erogazione del servizio pubblico e non offre alcuna garanzia di assistenza da parte dello Stato se quei servizi non riescono a generare profitto e a restare produttivi.
Senza una chiara struttura di governance mutuale che li preservi come beni collettivi in cui tutti i membri (utenti dei servizi e personale) possono dire la loro sulla prestazioni, quei servizi diventano suscettibili al collasso o all’intervento di un fornitore privato.
In pratica è thatcherismo sotto le mentite spoglie del mutualismo.
La sfida, per la sinistra, è ribaltare questo tradimento del mutualismo in termini di una grossa riposta politica progressista.
E qui giace il più grosso svantaggio nel rivendicare il mutualismo come idea propria. Nonostante il considerevole antecedente storico delle politiche mutuali e cooperative negli anni di Blair e Brown, in cui si è vista una restituzione di potere al cittadino senza paragoni, in proporzione sono pochi i votanti che associano il governo Labour al mutualismo.
Gli ospedali Foundation Trust, le scuole cooperative trust, i trust per i football supporters e la più grande revisione di regolamenti che presiedono al settore cooperativo sono esempio concreto di come il mutualismo sia diventato una realtà durante il governo Labour, ma nonostante questa traccia di conquiste lunga una decade, il punto non è stato sottolineato con sufficiente chiarezza o forza da impedire ai think tank dei conservatori di rivendicare pretese su di esso.
Questo si deve in parte al fraintendimento sul mutualismo in sé, che trae le sue origini dalla storia del socialismo nel Regno Unito.
Nel 18esimo secolo lo sviluppo della sinistra fu caratterizzato non solo da teorie statiste legate all’ideologia marxista e dalla crescita del sindacalismo ma dalla particolarità ed esclusività dell’idea britannica di cooperativa, di società amichevoli e altre entità di natura progressista che mettevano le organizzazioni cooperative piuttosto che lo Stato al centro della propria ideologia.
Questa versione di socialismo fatto in casa promuoveva l’idea che le persone potessero collaborare al fine di raggiungere i propri bisogni e le proprie aspirazioni economiche, sociali e culturali condivise attraverso imprese in comproprietà e di gestione democratica.
Nel corso del tempo, tuttavia, il Labour ha voltato le spalle a questa visione pratica ed efficace di socialismo e ha abbracciato l’approccio statista che entro la fine del ventesimo secolo sarebbe diventato obsoleto e avrebbe contribuito a determinare la sua impopolarità alle urne.
Nel prendere questa cantonata, la sinistra britannica ha perso l’occasione di riconciliare il socialismo con l’aspirazione individuale e ha smarrito il connubio tra un’economia genuinamente mista con un’idea di giustizia sociale.
Il partito avrebbe imparato quella lezione nel 1997, anche se il New Labour stesso può essere considerato come un’opportunità mancata per certi aspetti.
Nonostante abbia accolto un numero impressionante di politiche cooperative e mutuali come sottolineato prima, il Labour avrebbe dovuto essere molto più coraggioso nell’applicare tali iniziative in aree come l’edilizia abitativa, la salute, l’energia e l’assistenza sociale.
Il Mutualismo, l’idea che né lo Stato né il mercato debbano essere la naturale posizione di default per il servizio pubblico, era chiaramente conciliabile con gli scopi e valori del New Labour, e come è stato sottolineato di frequente, sarebbe stato il passaggio logico successivo nell’evoluzione del partito e del suo programma di investimenti e riforme.
Ma non solo: nel settore pubblico c’erano istituzioni come la BBC e la Network Rail che erano pronte per la mutualizzazione e sono state invece sottoposta a riforme che non le hanno consegnate in mano alle persone né tantomeno hanno determinato quella qualità dei servizi che sarebbe stato legittimo aspettarsi.
Altri piani meritevoli di mutualizzazione, come quello della British Waterways, sono arrivati troppo tardi nel mandato Labour per mettere un sigillo sul loro completamento prima che arrivassero i Tories a scombinare tutto.
Cosa deve fare allora il Labour per riportare la sua idea di mutualismo in carreggiata?
Innanzitutto deve abbracciare idee politiche specifiche che siano in grado di dimostrare come il mutualismo sia un insieme di idee progressiste aliene al credo dell’ideologia conservatrice. Un esempio sarebbe una sua applicazione all’edilizia abitativa.
Un’intera generazione di persone è stata esclusa dal sogno di una casa di proprietà a causa delle fluttuazioni del mercato dei mutui. È chiaro che i metodi convenzionali per aumentare l’offerta di edilizia ad affitti ragionevoli attraverso i mutui delle banche principali o il council housing non sono sufficienti per soddisfare la domanda. Una soluzione radicale di alloggi cooperativi basati sull’applicazione delle Community Land Trusts farebbe sì che molte persone facciano un passo in avanti in direzione della proprietà di una casa e avvantaggerebbe coloro che ne hanno più bisogno.
Il Labour, poi, deve proporre delle politiche che dimostrino agli elettori storici di essere dalla loro parte nelle questioni che contano. L’esempio migliore è la ri-mutualizzazione di Northern Rock, una delle banche fallite che venne de-mutualizzata grazie alla legislazione Tory.
Gli enti mutuali sono di proprietà e sono controllati dai clienti; alla prova dei fatti sono risultati più responsabili e più adatti per i risparmiatori e per la società delle banche di proprietà degli azionisti. Ri-mutualizzando la Northern Rock, il Labour dimostrerebbe ai suoi elettori che vuole un’economia vicina alle persone e non solo legata al profitto.
Tories e Lib Dem hanno già fatto capire che venderebbero Northern Rock a una banca esistente piuttosto che riconsegnarla al settore cooperativo. Trattasi dell’opportunità di una vita per rimediare a un danno che i conservatori hanno fatto alle nostre cooperative e per iniettare un po’ di mutualità di cui c’è così bisogno nel settore finanziario.
Il Labour deve impegnarsi anche a promuovere politiche che rimettano in prospettiva cooperativa le iniziative fondamentali promosse tra 1997 e 2010. Bisogna ricordare agli elettori che è stato il New Labour a introdurre le riforme che hanno cambiato in meglio il paese nonostante il parere contrario della stampa Tory.
L’espansione del progetto cooperativo Sure Start darebbe un segnale forte sull’intenzione del Labour di rispettare questa tradizione e fornirebbe una prova evidente della sua capacità di rinnovare l’agenda restando fedele ai propri istinti riformisti e progressisti.
Infine, il partito deve essere convinto nel dichiarare ad altri componenti del movimento che il mutualismo è una componente legittima e apprezzata della tradizione Labour. I sindacati, le società socialiste e gli iscritti al partito devono capire che il mutualismo e le istituzioni che lo promuovono come il Co-operative Party non sono membri estranei alla famiglia, ma sono stati al centro del movimento per oltre centocinquanta anni apportando idee, risorse e rappresentanti eletti alla causa.
Il Labour non deve mai perdere di vista il fatto che il mutualismo è la riconciliazione dei valori tradizionali del partito con quell’imperativo modernizzante cha ha caratterizzato il periodo elettoralmente più felice della sua storia.
Se il socialismo è il matrimonio di idee e di organizzazione, allora non c’è esempio di matrimonio più riuscito di quello del mutualismo. Forgiato sui valori della sinistra, basato su azioni concrete che restituiscono potere a chi non ne ha e con una lunga storia di successi alle spalle, oggi il mutualismo ha ancora qualcosa da dire.
Il Labour deve solo riconoscerlo e farne una chiave permanente della sua missione politica.
(Traduzione di Claudia Durastanti)